Maturità è la capacità di fermarsi, raccontarsi e riconoscersi. A mano a mano
In un tema per studenti all’ultimo anno di liceo classico il senso dell’apprendere e dell’insegnare. Come in una famosa e bellissima canzone di Rino Gaetano

All’inizio di quest’anno scolastico, i miei primi pensieri da prof di una classe dell’ultimo anno del liceo classico – la Terza I – non sono stati i programmi da presentare, le novità degli esami di maturità, il divieto dello smartphone, le regole relative all’abbigliamento. Spero possa essere perdonato per aver alzato subito l’asticella con un’attività di pensiero e di produzione, che si è rivelata significativa ed intensa. Ho chiesto di scrivere un testo in cui raccontare chi erano all’inizio del primo anno, come desiderano vivere quest’ultimo e che cosa si aspettano dal futuro immediato. Un compito apparentemente semplice ma che li ha messi davanti a un esercizio di cuore e di consapevolezza profonda. Abituati a ripetere nelle verifiche orali la vita dei vari autori, hanno dovuto farlo con la propria, forse l’esercizio più facile e più difficile allo stesso tempo, tenendo conto che la materia “propria vita” – per un adolescente che si affaccia alla giovinezza – è quanto di più alterno, a volte persino un’esistenza in ossimoro costante. L’aula, per un’ora, si è riempita solo del “rumore” delle penne, in un silenzio mai avuto in occasione degli scritti di latino e greco! C’è stato chi ha scritto con sicurezza, chi ha faticato a cominciare, chi ha cancellato e riscritto più volte e fino all’ultimo momento. Nei loro volti si alternavano ricordi e riflessioni, sorrisi improvvisi e momenti di emozione. Il punto di partenza, la colonna sonora, è stata la canzone “A mano a mano” interpretata da Rino Gaetano: «A mano a mano ti accorgi che il vento ti soffia sul viso e ti ruba un sorriso».
Era esattamente quello che stava accadendo: il vento del tempo riportava alla memoria il primo giorno di scuola, le paure e le attese di cinque anni fa, e insieme lasciava emergere sorrisi carichi di nostalgia. La seconda ora e terza ora sono state dedicate alla condivisione a turno dei loro testi in tutto o in parte. Alcuni lo hanno fatto con voce sicura, altri con esitazione, qualcuno ha atteso fino all’ultimo. C’è chi ha sorriso e suscitato una sana risata, chi ha abbassato lo sguardo e letto di getto, chi si è commosso fino alle lacrime e chi ha fatto commuovere. In quell’aula si è creato uno spazio raro, ma che da docente conosco bene, in cui il racconto personale è diventato specchio per gli altri lasciando da parte ogni distrazione. I ricordi hanno preso forma e, una volta pronunciati, si sono trasformati in sospiri condivisi: «E a mano a mano mi perdi e ti perdo, e quello che è stato ci sembra più assurdo». Nelle loro voci si sono alternate leggerezza e timore, smarrimento e fiducia, ma più forte di tutto è emersa la volontà di dare insieme un senso a quel cammino: «Ma dammi la mano e torna vicino, può nascere un fiore nel nostro giardino, che neanche l'inverno potrà mai gelare». Cinque anni sono stati il tempo necessario per crescere, per imparare a riconoscersi, per volersi bene, per comprendere che il sogno di un futuro, di una vita adulta, alla fine diventa più grande della paura e «può crescere un fiore da questo mio amore per te».
L’esame di maturità sarà il prossimo passo, ma non è lì che si misura il valore di questi studenti. La vera maturità, a mio avviso, l’hanno già raggiunta in quelle ore di scrittura attenta e di ascolto, quando hanno trovato il coraggio di esporsi, di sostenersi a vicenda, di lasciare che sorrisi e lacrime si intrecciassero davanti agli altri «e a mano a mano vedrai che nel tempo lì sopra il suo viso lo stesso sorriso che il vento crudele ti aveva rubato». È questo il senso profondo dell’insegnamento e dell’apprendimento, che ho ritrovato in queste ragazze e questi ragazzi che si sono superati: creare occasioni in cui la crescita non si misuri solo con i voti, ma con la capacità “a mano a mano” di fermarsi, raccontarsi e riconoscersi, consapevoli che ciò che si è diventati e ciò che saremo è un continuo abbraccio tra la vita attuale che pulsa di desiderio e tutto il sapere tramandato nel tempo, anche grazie alla scuola. In un periodo di incertezze, di fragilità, di un mondo che crolla sotto i piedi, il cammino verso l’età adulta – accompagnato dalla scuola – ha per loro una direzione, quella dei sogni, ma ha anche un “metodo” necessario, quello di continuare a cercare, insieme. Alla fine di questo percorso – che nulla ha rubato al latino e al greco – li ho esortati a non perdere di vista le pagine scritte, da rileggere ogni tanto, perché gli ricordino chi sono stati, chi sono e chi desiderano essere.
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