L'Europa vista dall'altra Russia: «Persa la visione del futuro comune«»
Grigorij Javlinskij, leader dell’opposizione russa e autore del mancato “Piano Marshall” post-Urss, denuncia le responsabilità incrociate di Occidente e Mosca nel fallimento delle riforme degli anni ’90

Il dibattito sull’Europa e il suo ruolo nel mondo è affrontato anche in Russia ma da un punto di vista diverso da quello di Putin. Un protagonista dell’opposizione e autore di quello che avrebbe dovuto essere il “Piano Marshall” per il post Urss, propone una riflessione sugli errori compiuti in quegli anni. È Grigorij Javlinskij fondatore di Yabloko, partito dell’opposizione: invita a una visione di futuro che ritiene smarrita in questi decenni, perdita che sta alla base delle occasioni perse tra Europa e Russia nella reciproca relazione che ha portato a inseguire i processi più che a guidarli.
Javlinskij ci propone di rileggere alcuni passaggi storici determinanti. «L’obiettivo del programma – spiega – era integrare le economie dell’Urss e della Russia nel sistema globale in termini di cooperazione reciprocamente vantaggiosa con l’Occidente. Qualcosa di simile al Piano Marshall per l’Europa del dopoguerra. Tuttavia, come dimostrano i protocolli declassificati, alti funzionari americani, pur avendo constatato in una riunione segreta che il programma era «professionalmente valido», ritenevano che l’unico beneficio diretto per gli Stati Uniti fosse che la riforma dell’economia Urss/Russia avrebbe relegato il Paese a uno status di “terzo livello”, riducendo la capacità di finanziare il complesso militare-industriale, e indebolendo così il suo potenziale militare.
Il programma “Agree to Chance”, ovviamente, non prevedeva nulla di tutto ciò. «Pertanto gli americani decisero di non sostenere il programma, e lo sostituirono con le proprie proposte, che costituirono la base per riforme che portarono a un'inflazione del 2.600% nel 1992. Il fallimento delle riforme portò, da un lato, a un forte impoverimento e a un aumento della criminalità e, dall'altro, alla privatizzazione criminale di beni statali di grandi e medie dimensioni, che creò le fondamenta corrotte del moderno Stato russo. In queste circostanze, il governo russo non era più interessato a sviluppare istituzioni democratiche fondamentali come una magistratura indipendente, elezioni eque, un Parlamento indipendente e una stampa libera, e i tragici eventi odierni in Russia ne sono una logica conseguenza».
Javlinskij sottolinea che «Naturalmente, il fallimento delle riforme russe degli anni '90 e l’occasione persa non furono le uniche ragioni». Tuttavia, i verbali declassificati del Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti sono molto rivelatori dei meccanismi di pensiero dell’élite politica globale. «Vediamo come figure politiche chiave in Occidente all'inizio degli anni '90 fossero incapaci di pensare in termini di futuro e non fossero in grado o non volessero cogliere le opportunità epocali che si stavano aprendo».
Il politico di opposizione propone di guardare alla crisi della democrazia, al ruolo delle nuove tecnologie e all’Intelligenza artificiale come intreccio cruciale per interpretare la crisi e quello che definisce caos globale. Suggerisce che la logica della contrapposizione vincente-perdente emerge dal guardare al passato con la promozione del concetto del tornare grandi caro a Putin come a Trump ma non solo, e dell’uso della forza come strumento per raggiungerlo. «In questo momento, mentre il valore della vita umana sta rapidamente diminuendo in tutto il mondo, le persone muoiono in conflitti militari da anni, mentre, in questo contesto, la prospettiva della superiorità dell'Intelligenza artificiale sugli esseri umani sta diventando sempre più chiara, dobbiamo prendere il controllo di questi processi e cambiarne la direzione. Ciò richiederà di perseguire una politica in cui le persone, le loro vite e il loro sviluppo siano al centro del futuro. Non sono il territorio, il denaro, il potere, la nazionalità o il genere a dover plasmare la comunità: le persone hanno un bisogno vitale dell'elemento umano».
Javlinskij invita a riflettere sulla crisi della democrazia da ricercare non solo nelle strategie delle forze populiste che in questo sono esplicite, ma anche nell'inadeguatezza delle élites politiche democratiche. Rileva una certa burocratizzazione della democrazia che rischia di vedere l'implosione dei sistemi democratici se questi non riescono ad affrontare le prospettive future con una visione moderna che pone al centro lo sviluppo della persona e i processi di partecipazioni individuali e di comunità. Invita ad alzare l’asticella del dibattito in modo più propositivo verso il futuro invece di restare vittime dei processi di caos in corso.
Dice che non sarebbe una velleità pensare a uno spazio europeo da Lisbona a Vladivostok. Spazio non solo geografico ma anche culturale. Perché la Russia fa parte dell’Europa. Javlinskij propone di prendere atto che siamo tutti sullo stesso Titanic e che a poco serve cercare una cabina più comoda. «La percezione che l'Europa ha della Russia come un nemico e la sua attenzione al rafforzamento di un'alleanza difensiva anti-russa non sono la strada per creare un futuro sicuro, ma un consolidamento negativo che non porterà alla nuova qualità geopolitica necessaria per la sopravvivenza dell'Europa». Dice cioè che puntare più a preservare i propri interessi – dal Maga di Trump alla Gloriosa Russia del passato di Putin e ai piccoli populismi europei – non ci salverà. Senza la consapevolezza dei processi in atto e la scelta delle armi in sostituzione del vecchio ordine basato sul ruolo degli organismi internazionali per la soluzione dei conflitti e la gestione delle relazioni fra gli Stati porta dritti all’iceberg dell’autodistruzione dell’umanità. Serve il cambio di paradigma che rimetta la persona umana, la sua dignità e la sua partecipazione attiva nella società al centro delle relazioni fra gli Stati. I valori globali condivisi nati dalla fine della Seconda guerra mondiale, a partire dal riconoscimento di quella tragedia, vanno rimessi al centro e oggi avremmo la possibilità di farli vivere con la multipolarità.
In questo senso afferma che l’«abbandono da parte Usa è un’opportunità per l’Europa: guardare con più lungimiranza al suo spazio geografico e culturale con un’integrazione che vada oltre i Paesi dell’est attualmente nell’Ue comprendendo Ucraina, Bielorussia e Russia». Javlinskij invita infine a considerare che per fermare il bagno di sangue in Ucraina «è necessario cercare ogni strada per il dialogo». E ricorda che gli appelli per il cessate il fuoco, come quello da lui stesso lanciato, sono stati raccolti solo da papa Francesco, o sono stati derisi, o raccolti senza reale volontà di perseguirli.
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