Israele diviso, Occidente impotente: la coscienza soppressa

Esistono due Israele: quello chiede la fine della guerra e quello condizionato dall’ultradestra. Ma esistono anche due Occidenti: a Washington l'Amministrazione Trump, qui l'Europa dei tentenn
September 11, 2025
Israele diviso, Occidente impotente: la coscienza soppressa
Per quanto sulle cartine geografiche ne appaia uno solo, in realtà ormai esistono due Israele, sempre più distanti l’uno dall’altro. Da un lato, vi è l’Israele – ampiamente raccontato sulle pagine di questo giornale – che riempie le piazze per protestare contro le operazioni militari a Gaza e le quotidiane stragi di civili; che vede i riservisti bruciare le cartoline di richiamo, rifiutando di considerare legittimo quanto compie il loro esercito contro la popolazione palestinese; che chiede a gran voce la fine della guerra per riportare a casa gli ostaggi; che rifiuta di considerare i palestinesi solo dei nemici da deportare o eliminare, e cerca invece di riannodare i fili di un rapporto lacerato fra le opposte comunità. Dall’altro lato, invece, vi è l’Israele condizionato dall’ultradestra messianica e iper-nazionalista, che tiene in piedi il governo di Bibi Netanyahu, su cui gravano le morti di migliaia di bambini e donne innocenti nella Striscia di Gaza, fautore della campagna contro le comunità musulmane e cristiane in Cisgiordania, e che compie impunemente violazioni del diritto internazionale, a partire dall’uccisione di leader politici, militari e scienziati di Paesi o movimenti nemici. Da ultimo, l’attacco a Doha contro i negoziatori di Hamas. Cercare di uccidere a tradimento dei negoziatori impegnati nella discussione di una possibile tregua proposta dagli Stati Uniti sembrava inconcepibile. Ma è stato fatto. Per di più bombardando la capitale del Qatar, Paese non solo impegnato da anni nelle trattative diplomatiche ma alleato, e teoricamente protetto dagli Stati Uniti. In molti hanno qualificato questo attacco come “terrorismo di Stato”.
Due Stati divergenti con lo stesso nome, quindi. Purtroppo, l’Israele della società civile e che difende i princìpi liberali sembra del tutto impotente contro quello oggi al potere. Perché non solo il condizionamento dell’ideologia estremista dell’ultradestra si è diffuso in profondità nella società ebraica ma ha conquistato il controllo della politica. Si dice spesso che Netanyahu sia ricattato dai ministri Ben-Gvir e Smotrich, ma la verità è che egli stesso ha perso ogni forma di misura umanitaria e di limite. Purtroppo non basteranno le manifestazioni di piazza, non saranno i coraggiosi appelli di intellettuali ebrei e membri della società civile israeliana a fermare le stragi di palestinesi inermi o a bloccare il criminale disegno di espellere due milioni di abitanti da Gaza, per poi rivolgersi verso i territori della Cisgiordania. La storia europea dello scorso secolo ci offre troppe evidenze di come minoranze estreme e violente siano capaci di piegare alla loro volontà popoli e Stati, spesso con esiti estremamente tragici.
Dinanzi a tutto ciò cosa deve fare l’Occidente? Il problema è che – per quanto riguarda questo conflitto – esistono parallelamente due Occidenti divergenti: a Washington la sconclusionata e dilettantesca Amministrazione Trump, persa fra le mille giravolte del suo presidente, è di fatto schiacciata e manipolata da Netanyahu. In Europa le divisioni, i tentennamenti, la memoria della nostra vergognosa storia passata contro le comunità ebraiche ci rende afoni e incapaci di una linea d’azione comune. In molti rifiutano di andare al di là di formali parole di condanna contro gli eccessi di Tel Aviv, aggrappandosi proprio all’esistenza dell’Israele civile e democratico. Senza capire che così si lascia mano libera all’altro Israele.
Un primo, timido segnale, ieri, l’Europarlamento l’ha dato. Ma se davvero si volessero aiutare i tanti israeliani che lottano contro gli eccessi del loro governo, se davvero volessimo sostenere i tanti ebrei europei che si indignano dinanzi alla ferocia delle stragi a Gaza, allora dalle parole sarebbe necessario passare rapidamente ai fatti: sospendere gli accordi dell’Unione Europea con lo Stato ebraico, a partire dalla fornitura di armi, e attuare una crescente pressione politica, finanziaria e commerciale. Il rischio dell’inazione è veder dilagare la deriva estremista che minaccia di far soccombere l’Israele migliore, lasciando solo il peggiore.

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