Giusto spingere perché si proceda
Caro direttore,
leggo la sua risposta di venerdì 25 maggio sui fischi al presidente Monti in visita ai terremotati della mia Regione. Sono sicuramente d’accordo che i fischi (come abbiamo già più volte visto) sono esternazioni di pochi e di solito (dico io) anche pilotati. Sono invece molto poco d’accordo su alcune scelte di questo governo di tecnici in quanto ci sarebbero molte spese da controllare, molte Regioni che spendono e spandono. Le tasse sono davvero arrivate a livelli insostenibili e la gente che prende uno stipendio come me ed è già tartassata (ho tre figli studenti), paga inoltre su tutto ciò che acquista Iva e tasse varie (gasolio e benzina: com’è che le associazioni dei consumatori si scagliano sempre e solo con i petrolieri? E lo Stato? È quello che maggiormente incassa anche in questo caso...). Mi sembra che le riforme difficili (e qui bisogna pur dirlo che ci sono partiti, associazioni e sindacati che si mettono sempre di traverso e non si viene a capo di niente) alla fine non vengono mai fatte o vengono fatte come si fa di solito in Italia, cioè mozzandole della parte che veramente conta (vedi riforma del lavoro). Io, da semplice persona che lavora, capisco benissimo che a volte è meglio licenziare uno o due che non fanno il loro dovere che chiudere un’azienda… E poi ci sono i proclami: «Arrivano i soldi alle imprese per la crisi!». Ma le imprese sarebbe meglio aiutarle semplificando, togliendo un mucchio di impicci e balzelli, favorendo il credito. Questo per dirle che credo davvero che questo governo potrebbe fare molto di più e molto meglio.
Caterina Carafa - Castel Guelfo (Bo)
Si dice che «il meglio è nemico del bene», cara signora Carafa. E c’è del vero. Ma c’è del vero anche nelle sue preoccupazioni. Preoccupazioni che richiamano la sfida decisiva che sta davanti agli italiani e agli europei: riuscire a mantenere i conti degli Stati in ordine (rigore) senza strangolare le economie in difficoltà che avrebbero bisogno, e proprio in questo momento, di un forte impulso anche attraverso l’iniziativa pubblica (crescita). Preoccupazioni che investono il "governo dei tecnici", ma – come lei scrive – anche le Regioni e la pletora di soggetti che «si mettono sempre di traverso» quando c’è da produrre cambiamenti impegnativi e seri. Questi soggetti sono gli interlocutori politici e sociali ineliminabili di un governo che ha caratteristiche straordinarie, ma non poteri straordinari e assoluti (deve rendere conto al Parlamento e concordare misure e scelte con altre realtà istituzionali, a cominciare ancora dalle Regioni). Un governo che è forte, grazie alla credibilità e affidabilità personale del premier sulla scena interna e internazionale oltre che per la indubbia qualità di figure di spicco della squadra ministeriale, ma – ricordiamocelo – che ha avuto la forza per incidere seriamente (e anche pesantemente) su pensioni, fisco e altri settori cruciali solo e soltanto per la drammatica condizione in cui versava il nostro Paese al momento del suo insediamento. Penso anch’io che ci sia molto lavoro da fare e da creare, molta equità da realizzare, molta spesa da revisionare e sanare e – soprattutto – indirizzare come si deve, e anche le questioni da lei indicate sono a pieno titolo nella lista delle urgenze. Scoprire che ci sono problemi irrisolti e resistenze interessate e miopi è banale (non penso a lei, lo dico a scanso di equivoci) e imputarli a chi governa da più o meno sei mesi è strampalato. Spingere perché si proceda, senza rinunciare a proporre obiezioni sensate (e anche noi facciamo la nostra parte) è giusto e doveroso. Quando si è in un guado – il presidente della Cei lo ha ricordato proprio ieri – bisogna uscirne in avanti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA






