Dal Dna alle staminali: ecco i nuovi farmaci cuciti sulla persona
Trattamenti oggi sperimentali, presto sapranno intervenire contro tumori e malattie renali, cardiache o patologie invalidanti. Al centro, terapie cellulari, medicinali antisenso e ingegneria genetica

Come ci cureremo domani? La risposta è legata alla crescente evoluzione delle conoscenze mediche e farmacologiche, biologiche e scientifiche, tecnologiche e informatiche. Per trattare le malattie nel prossimo futuro s’impiegheranno con sempre maggiore frequenza strategie terapeutiche ora applicate solo in modo sperimentale e occasionale. Le terapie del futuro avranno caratteristiche diverse da quelle attuali. Saranno molto più complesse e utilizzeranno approcci non esclusivamente farmacologici, anche se in quest’ultimo ambito nuove classi di molecole stanno già rivoluzionando la terapia di alcune condizioni patologiche. È il caso dei farmaci agonisti del recettore G6lp-1 (Glucon-Like Peptide 1), un ormone prodotto dall’intestino che stimola la produzione d’insulina (sostanza che regola il livello di glucosio nel sangue) e inibisce la secrezione di glucagone (sostanza ad azione iperglicemizzante) da parte del pancreas. Per la loro capacità di stimolare la secrezione d’insulina, questi farmaci sono usati con successo per la terapia del diabete. La molecola più nota di questa categoria è il semaglutide, balzato agli onori della cronaca più per l’uso improprio che se ne fa come “farmaco dimagrante”, piuttosto che come oggetto di studi particolarmente importanti dal punto di vista strettamente scientifico come classe di farmaci in grado di modificare radicalmente l’evoluzione di diverse condizioni patologiche gravemente invalidanti. È stato infatti evidenziato come questi farmaci riescano a prevenire eventi cardiovascolari importanti (come l’infarto o l’ictus), riducano il rischio di progressione della malattia renale verso la grave insufficienza e possano svolgere anche una notevole azione antinfiammatoria generale.
Le “terapie cellulari” saranno però le vere protagoniste del futuro sanitario nell’ambito delle nuove strategie curative. In questo ambito molte promettenti ricerche riguardano i possibili usi terapeutici delle cellule staminali, ovvero cellule non ancora istologicamente differenziate, che sono le progenitrici di tutte le nostre cellule e possono poi trasformarsi in cellule specifiche (ad esempio cardiache, epatiche, renali, nervose, cutanee e così via). Le cellule staminali possono essere totipotenti (in grado cioè di generare qualsiasi tipo di cellula di cui è composto un organismo), pluripotenti (capaci di generare diversi tipi cellulari, come ad esempio quelle nervose ed epiteliali, oppure muscolari od ossee) che diventano poi nel corso dello sviluppo multipotenti (quando la loro possibilità si riduce a solo a qualche tipo di cellula), oligopotenti (come quelle emopoietiche, capaci di originare solo i tipi cellulari del sangue) e unipotenti (in grado di generare solo un tipo di cellule). Pur essendo sino ad ora il loro impiego nella pratica clinica limitato, le potenzialità terapeutiche di questo approccio biologico sono molto promettenti per la cura di diverse condizioni patologiche, come le lesioni traumatiche midollari, il morbo di Parkinson, le malattie neurodegenerative, l’infarto miocardico.
Le “terapie cellulari” saranno però le vere protagoniste del futuro sanitario nell’ambito delle nuove strategie curative. In questo ambito molte promettenti ricerche riguardano i possibili usi terapeutici delle cellule staminali, ovvero cellule non ancora istologicamente differenziate, che sono le progenitrici di tutte le nostre cellule e possono poi trasformarsi in cellule specifiche (ad esempio cardiache, epatiche, renali, nervose, cutanee e così via). Le cellule staminali possono essere totipotenti (in grado cioè di generare qualsiasi tipo di cellula di cui è composto un organismo), pluripotenti (capaci di generare diversi tipi cellulari, come ad esempio quelle nervose ed epiteliali, oppure muscolari od ossee) che diventano poi nel corso dello sviluppo multipotenti (quando la loro possibilità si riduce a solo a qualche tipo di cellula), oligopotenti (come quelle emopoietiche, capaci di originare solo i tipi cellulari del sangue) e unipotenti (in grado di generare solo un tipo di cellule). Pur essendo sino ad ora il loro impiego nella pratica clinica limitato, le potenzialità terapeutiche di questo approccio biologico sono molto promettenti per la cura di diverse condizioni patologiche, come le lesioni traumatiche midollari, il morbo di Parkinson, le malattie neurodegenerative, l’infarto miocardico.
Fra le terapie avanzate, di grande interesse è l’impiego dei “farmaci antisenso” (Anti-Sense Oligonucletides o Aso), rimedi farmacologici costituiti da pezzetti di Dna artificiale realizzati con lo scopo di bloccare un determinato Rna messaggero responsabile di una proteina difettosa. Sono cioè brevi sequenze nucleotidiche sintetiche (antisenso) a singolo filamento di Dna che legano il bersaglio (senso) alterato (Rna messaggero), inducendone la degradazione. L’acido desossiribonucleico (Dna) è il responsabile della codificazione delle informazioni genetiche che, trasferite mediante l’acido ribonucleico (Rna messaggero) ai ribosomi, permettono di avviare il processo di sintesi proteica utile al buon funzionamento cellulare. Se queste proteine sono difettose perché espressione di un gene causa di malattia, per impedirne la sintesi occorre bloccare questa via di trasmissione. E' quello che fanno le sequenze di nucleotidi sintetici dei farmaci antisenso, che in tal modo mostrano un’efficace funzione terapeutica nei confronti di particolari patologie, quali molte malattie rare (come ad esempio l’atrofia muscolare spinale, l’atassia di Friedrich, la distrofia muscolare di Duchenne, la retinite da Citomegalovirus). La tecnologia antisenso permette di sintetizzare chimicamente una sequenza nucleotidica antisenso (Aso appunto) per uno specifico Rna messaggero e quindi per una specifica proteina “malata” e solo per quella. L’innovazione sta dunque nella specificità. Questi particolari farmaci, che non sono pillole ma prodotti somministrati generalmente per via sottocutanea, sono chiamati anche “magic bullet” (proiettili magici) perché capaci di colpire in maniera precisa solo il gene bersaglio, evitando di danneggiare quelli normali. Gli Aso sono una classe farmacologica emergente (ve ne sono attualmente oltre 150 in fase di sviluppo per determinate malattie su base genetica) e tra i futuri impieghi terapeutici è ipotizzabile anche quello antimetastatico nelle forme tumorali.
A proposito dei medicinali che impiegano l’uso dell’acido ribonucleico, occorre ricordare l’importante ruolo giocato nel 2020 dai vaccini a mRna (Rna messaggero) per combattere la pandemia di Covid-19. Una strategia preventiva che ha posto le basi per ipotizzare la possibilità di impiegare in futuro questi farmaci per la cura di molti tumori. Altri tipi di terapie cellulari complesse sono le cosiddette Car-T cells (acronimo dall’inglese “Chimeric Antigen Receptor T cell therapies” ovvero “Terapie a base di cellule T esprimenti un recettore chimerico per antigene”). Sono terapie personalizzate che agiscono direttamente sul sistema immunitario del paziente per renderlo in grado di riconoscere e distruggere le cellule patologiche. Sono utilizzate soprattutto nell’ambito del trattamento dei tumori integrando le procedure antineoplastiche convenzionali (chirurgia, radioterapia, chemioterapia). Utilizzano specifiche cellule immunitarie (i linfociti T), che vengono estratte da un campione di sangue del malato, modificate geneticamente e coltivate in laboratorio per essere poi reinfuse nel paziente in modo da attivare una risposta immunitaria specifica contro le patologia neoplastica. L’ingegneria genetica consente oggi poi di utilizzare altre due efficaci strategie terapeutiche, la terapia genica e l’editing genetico, entrambe in grado di risolvere efficacemente determinate particolari condizioni patologiche.
La terapia genica consiste nel sostituire un gene difettoso dal punto di vista funzionale (ad esempio a causa di una mutazione) con un gene normale e trova chiaramente applicazione nella cura delle patologie di origine genetica. Sono possibili attualmente – anche se per un numero assai limitato di malattie genetiche – due tipi di procedure terapeutiche. La prima consiste nel prelevare al paziente malato alcune cellule che vengono messe in coltura e successivamente ingegnerizzate “in vitro” con la copia corretta del gene per poi essere reinfuse o reimpiantate nel paziente. La seconda consiste nell’inserire direttamente “in vivo” il gene corretto nell’organismo del paziente tramite un vettore virale non patogeno (capside) per rimpiazzare il gene mancante o deficitario. Sono entrambe procedure complesse e molto costose, ragioni per cui il loro impiego non è frequente, anche se si tratta di trattamenti terapeutici che, quando hanno successo, portano a completa guarigione il malato.
L’editing genetico è una metodica che permette, in siti specifici del Dna, di intervenire per eliminare, modificare o sostituire uno o più geni con errori o mutazioni che favoriscono o inducono la comparsa di condizioni patologiche. La tecnologia impiegata per attuare questa procedura si chiama Crispr/Cas9, termine che unisce l’acronimo di “Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats” (Crisp) – che significa letteralmente “sequenze ripetute palindrome brevi raggruppate a intervalli regolari” – e il termine “Cas9” che indica un enzima batterico in grado di tagliare il materiale genetico. Quest’ultimo è la forbice che, tagliando i geni mutati da sostituire, permette di sostituire al loro posto le sequenze corrette che correggono gli errori presenti nel materiale genetico. Sono ancora approcci terapeutici sperimentali, anche se è di poche settimane fa la notizia che, con questa tecnica, si è riusciti a bloccare la progressione dei danni epato-polmonari causati da una grave patologia genetica. Per la prima volta al mondo è stato possibile riparare il difetto genetico causa di questa rara patologia che colpisce polmoni e fegato, direttamente nel corpo umano di nove pazienti, attraverso una singola infusione endovenosa di nanoparticelle lipidiche contenenti istruzioni per correggere la mutazione genetica patogena. I farmaci del futuro promettono quindi di essere in grado di intervenire in modo efficiente e risolutivo sui meccanismi biologici che sono all’origine di molte malattie per migliorare sempre più efficacemente la salute dell’uomo.
(2 - continua)
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