Da Langres a Besançon, diventando pellegrini lungo la via
Il nostro cammino francese ci conduce dalla cittadina a forma di piede a quella che ricorda un ferro di cavallo, simbolo di un percorso antico intriso di storia e spiritualità

Coprì i duemila chilometri della Via Francigena a piedi, o su un destriero? E se invece, secondo le opportunità e i compagni di tragitto, avesse accordato una sorta di par condicio ai due modi classici di traversare l’Europa, fin dall’Antichità romana? Ecco un piccolo mistero del viaggio, alle soglie dell’anno Mille, con cui l’arcivescovo Sigerico raggiunse Roma, prima del ritorno a Canterbury, annotando ogni tappa e prefigurando così l’odierno itinerario ufficiale proposto ai pellegrini. Nella Francia orientale, quando la valle dell’Aube e le suggestioni di Chiaravalle sono già lontane alle nostre spalle, l’interrogativo ci torna in mente alle porte di Langres, splendente cittadina fortificata che sovrasta a mezz’aria un tavolato verdeggiante. Un luogo che pare un doppio inno alla marcia. La Francigena, infatti, vi incrocia un altro notevole asse storico europeo, diretto nella Germania vicina. Inoltre, a ben guardare, Langres ha proprio la forma di un piede. Ma la roccaforte sembra pure dialogare con quanto seguirà. Perché Besançon, città ancor più importante, a qualche decina di chilometri, ha invece una pianta a ferro di cavallo. Fra le due, mentre si stendono i silenzi e gli ampi orizzonti dell’ingresso nella Franca Contea, vibra dunque una complementarietà “pedestre-equestre” che intriga. Anche se, sui mezzi di trasporto di personalità medievali come Sigerico, «dobbiamo arrenderci all’incertezza», ci conferma a distanza l’archeologa Cristina Corsi, docente all’Università di Cassino ed esperta della Francigena.
Fra i campanili di un villaggio e l’altro, brillano al tramonto le tegole policrome smaltate d’ispirazione borgognona, a motivi geometrici neri, gialli, marroni e verdi. Inoltre, alle fattorie di produzione del langres, formaggio a pasta morbida, si succedono quelle dedicate al saporoso e “monumentale” comté, a pasta semidura, senza eguali in Francia per quantità prodotte ed esportate. Formaggi ben abbinati, si direbbe per gioco, alla “città-piede” e a quella a ferro di cavallo. In ogni caso, di che ripagare gustativamente chi si spinge fin quasi alle porte della Svizzera. Al contempo, Langres e Besançon ci ispirano entrambe una sorta di “testa-coda” interiore. Perché da fuori, sembrano tipici gioielli urbanistici francesi di frontiera, a un tempo corazzati ed eleganti. Nel caso di Besançon, in virtù dei profili voluti dal celebre Vauban, architetto militare del “Re Sole” Luigi XIV. Ma una volta negli abitati, scopriamo che quella è la “crosta del formaggio”. Dato che la pasta interna profuma invece dell’originaria romanità, fra scorci cittadini e tesori museali. Ecco, allora, un’altra lezione della Francigena: Roma non è solo la meta, ma pure una “matrice” pronta a rispuntare dappertutto. Certo, è pure l’effetto degli orditi stradali, fra cardi e decumani tanto visibili. Ma ancor più, si direbbe, una questione di desiderio. Quello locale, fortissimo, di onorare le origini latine.

Nella “cittadina-piede”, i resti romani sono stati incastonati nelle fortificazioni come gemme preziose di una corona. Nel capoluogo a ferro di cavallo, le rovine hanno invece dato luogo a ricostruzioni per ricordare, ai locali e forestieri, il nobile lignaggio. Insomma, marciamo verso la Roma universale dei papi. Ma ritrovando di continuo la Roma che codificò l’esperienza stessa del viaggio in Occidente. «Ormai, abbiamo più pellegrini sulla Francigena che verso Compostela», ci dice a Langres la guida Angélique, evocando il segreto dietro la perfetta conservazione della roccaforte: «Alleata di Roma, Langres ha vissuto da allora un’epopea militare sui generis. Siamo riusciti sempre a far paura ai nemici, che ci hanno evitato». La cittadina diede i natali al filosofo enciclopedista Denis Diderot, oggi celebrato in un museo. Ma fra le stradine del centro, eredi di un’illustre storia da sede episcopale, brillano ancor più i segni della fede. «Quasi ogni porta ha una statua di Maria per proteggere gli abitanti», osserva la guida, mostrandoci poi dalla cinta muraria un poggio ai piedi della città. Lì, proprio in cima, una cappella è sormontata da una statua monumentale della Vergine: si tratta della Collina delle Forche, così chiamata perché vi furono impiccati ed esposti i condannati della Rivoluzione. Ma la cappella fu eretta ben più tardi, nel 1871, come ex voto per lo scampato pericolo di un temutissimo assalto prussiano. «Secondo la testimonianza di un sacerdote, i nemici videro per tre volte luci mistiche a protezione della cittadella», racconta Angélique. In coda al giro della cinta, spunta l’imponente Torre di Navarra, larga 28 metri e dotata di un’orditura interna vertiginosa di travi a sostegno del soffitto.
Raggiungiamo Monsignor Joseph de Metz-Noblat, vescovo di Langres, che presiede l’associazione Spiritualitas in Francigenam. Per lui, la Via «è un cordone ombelicale in Europa che permette di legare i Paesi fra loro». Ma marciare non basta: «Molti viandanti si fissano l’obiettivo prioritario di raggiungere Roma, vivendo così anche esperienze dall’alto valore ecclesiale. Eppure, ho presto sentito che occorreva aiutare chi marcia a divenire pellegrino. Perché la Francigena può davvero aiutare a rileggere la propria vita, meditare e pregare. Gli incontri lungo il cammino, in particolare, possono divenire un modo per prendere ancor più coscienza della dimensione personale, di quella sociale e dunque pure di quella divina dell’esistenza. Un modo insomma per potersi dire un giorno, come Giacobbe nella Genesi, “il Signore è in questo luogo ed io non lo sapevo”». A Besançon, a sua volta storico crocevia continentale, anche collegando le valli del Reno e del Rodano, è Sébastien a guidarci, mostrando entusiasmo: «Siamo ancor oggi fieri di essere stati citati da Giulio Cesare, anche perché la romanizzazione fu molto pacifica. Nel Medioevo, in questa lontana scia, la città restò affiliata al Sacro Romano Impero, godendo al contempo di un governo municipale autonomo, simile a quello dei comuni italiani. La gente designava per acclamazione i capi di ogni quartiere».

In effetti, il blasone cittadino ricorda ancor oggi bene questa specificità: due colonne romane rosso fuoco sorrette con gli artigli da un’aquila nera germanica. Da un impero all’altro, dunque. Così, nell’Ottocento, ai piedi della cittadella fortificata culminante costruita da Vauban, delle rovine romane furono messe insieme per ricreare parti di un presunto teatro antico, ancor oggi al centro di controversie archeologiche. «Ma resta una bellissima prova, in città, dell’amore per la romanità», chiosa Sébastien. Forse, anche solo tangenzialmente, tutto questo ha influito nella scelta di Besançon come “quartier generale” transalpino della Francigena. Nel suo ufficio, Emmanuel Duriez, incaricato di promuovere la Via, ci conferma che il numero di pellegrini continua a crescere di anno in anno, con un sorprendente ringiovanimento medio recente sul tratto francese: «Dalla crisi sanitaria, gli under 25 sono aumentati in proporzione, fino a divenire la fascia di età più importante, a parità con chi ha fra 45 e 55 anni. C’è una dinamica legata pure al gusto per un turismo pedestre a zero impatto ecologico. Ciò ci incoraggia e stiamo lavorando a una nuova guida topografica. Vorremmo pure offrire ai viaggiatori più pannelli di grande formato con il logo del pellegrino. Dei luoghi, fra l’altro, dove fotografarsi. A segnalarsi, fin qui, sono stati viandanti di una cinquantina di nazionalità, compresi coreani, giapponesi e australiani. Circa un quarto dichiara di avere uno scopo spirituale». Bagliori discreti di speranza giungono dunque pure dalla valle del placido Doubs, a cavallo fra latinità e influenze germaniche. Nel Vecchio Continente di nuovo “corroso” dall’incubo della guerra, s’agita pure il formicolio di un popolo di viandanti verso cui chi ha a cuore le sorti europee non può restare indifferente. Tanto più se è vero, come sosteneva Goethe, che «la coscienza d’Europa è nata sulle vie del pellegrinaggio».
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