Ciò che davvero offende la sicurezza dei cittadini

«Prudenza», continua a raccomandare Giuseppe Ferrando, il procuratore della Repubblica di Ivrea cui spetta dirigere le indagini sul caso del tabaccaio che ha ucciso una delle tre persone...
June 12, 2019
«Prudenza», continua giustamente a raccomandare Giuseppe Ferrando, il procuratore della Repubblica di Ivrea cui spetta dirigere le indagini sul caso del tabaccaio che ha ucciso una delle tre persone venute a rubare nella sua proprietà.
Un dato sta comunque emergendo, a smentita delle illusioni alimentate dal trionfalismo con cui si è propagandata la 'nuova legittima difesa'. Neppure adesso, il procurarti un’arma può farti sentire più sicuro contro i furti o le altre intromissioni in casa tua o nel tuo negozio, quasi che tu potessi comunque usarla senza avere, al di là di quelli di coscienza, problemi legali. Ma, allora... quel «sempre » che si è introdotto nel testo dell’articolo 52 del codice penale sull’onda di uno slogan di facile presa («La difesa è sempre legittima»)? No; neanche quell’avverbio – e meno male... – può impedire che degli inquirenti coscienziosi e preparati facciano il loro lavoro di ricostruzione dell’effettiva dinamica di un episodio che ha provocato un evento tragico qual è la morte di un uomo. E, qualora si venisse ad appurare che il colpo letale è stato sparato su una persona in fuga, nemmeno la nuova dizione della legge potrebbe assicurare la totale impunità a chi ha premuto il grilletto: questa – a meno di cambiare completamente il senso a parole di universale comprensione – non è nemmeno più un’autentica 'difesa', quali che possano poi essere le parziali giustificazioni e le attenuanti da riconoscere.
Ricordarlo non è 'buonismo' verso l’aggressore né crudeltà verso chi reagisce all’aggressione. È puro e semplice freno al rischio di farsi avvolgere da una spirale di disumanità, all’esito della quale non è del resto escluso che venga un incoraggiamento alla delinquenza, a farsi sempre più feroce... e più capace di sparare per prima.
Sbaglia però chi, specialmente di fronte a tragedie come questa, crede di poter liquidare con qualche battuta l’esasperazione che si va diffondendo in larghi strati della popolazione, giudicandola come mero effetto di un’abile propaganda e della risonanza che a certi episodi viene data dai media. Propaganda e sfruttamento mediatico ci sono ma non basterebbero, da soli, a suscitare dimostrazioni come la fiaccolata a sostegno del tabaccaio eporediese. E a chi avverte attorno a sé, o addirittura ha sperimentato personalmente, il peso di ripetute e impunite manifestazioni di delinquenza importa poco il sapere dalle statistiche che il tasso di criminalità, da noi, sta diminuendo e che addirittura l’Italia 'è il Paese più sicuro d’Europa': valide per gli omicidi e le grandi rapine (dove è certamente minimo lo scarto tra le denunce e i delitti effettivamente commessi), quelle risultanze sono assai meno significative per quanto concerne minacce, scippi, furti in casa… tutti reati per i quali la 'cifra oscura' degli eventi non denunciati è alimentata dalla crescente sfiducia sulla possibilità di veder realmente perseguiti i colpevoli; senza contare, almeno in certi casi, il timore di ritorsioni.
Si sa che alle radici di molta criminalità stanno problemi sociali e individuali anche di grande complessità e nessuno, certo, ha in tasca soluzioni magicamente idonee a ridurre, se non a sgonfiare, i problemi che ne nascono. La stessa, pur giusta richiesta di una più consistente e più efficace prevenzione da parte dello Stato incontra dei limiti se non si vuole che ciò si traduca in una gestione del territorio prossima a quella di uno Stato di polizia.
Non deve comunque passare un messaggio troppo facilmente indulgenziale, neppure verso quella che viene definita, e per lo più è oggettivamente, 'microdelinquenza', ma che tale non può essere sempre percepita da chi la subisce. Men che meno, certamente, può valere, per coloro che vivono in quel sottobosco, l’auspicio sinistro e sempre disumano del 'marcire in galera'; al contrario, è proprio per questi casi, che dovrebbero esser potenziate e rese sempre più efficaci le misure sanzionatorie e cautelari diverse dal carcere; però, l’alternativa non può essere quella di un andirivieni tra qualche giorno di arresto e il ritorno all’esercizio, sostanzialmente indisturbato, di un 'lavoro' che spesso è preludio di qualcosa di ancor più pericoloso, per sé e per gli altri.

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