Anche nell'era dei social si può essere veri uomini, seppellendo antiche verità

Don Rodrigo e compari, per millenni, hanno guardato le mogli degli altri. Ora in rete si può osservare la propria consegnandola alla gogna collettiva. I ragazzi e il bisogno di guardarsi negli occhi
August 29, 2025
Anche nell'era dei social si può essere veri uomini, seppellendo antiche verità
Icp | -
Quando Lucia esce dalla filanda, agli inizi dei Promessi Sposi, si sente rivolgere da don Rodrigo “delle chiacchiere non punto belle”. Tutti capiamo che si tratta di apprezzamenti sessisti e volgari. Niente di nuovo sotto il sole, dunque? In questi giorni è venuto alla luce, troppo tardi, lo scandalo della pagina Facebook Mia moglie e l’abuso di immagini di corpi femminili in rete. Non c’è dubbio che i fatti siano da inserire dentro il più vasto tema della violenza contro le donne. E in modo ancora più specifico in quello dell’assenza del consenso. Se don Rodrigo rappresenta il maschio protetto, rassicurato dalla mentalità comune a vantarsi della sua prorompente e così poco originale capacità di essere attratto dalla donna (gli anglofoni direbbero in ordine, a posto: straight), già nell’Orlando Furioso, e siamo agli inizi del 1500, incontriamo maschi per nulla rispettosi del consenso femminile. C’è buon femminismo anche nel 1500. Quando Rodomonte imposta il duello con la bella Bradamante, le propone un accordo. Visto che sei molto bella, se perdi ti concederai a me: “Ma s’a te tocca star di sotto… basta che ti disponga ad amarmi ove mi odiasti” (XXXV, 46). Lei però, con largo anticipo sulla strada dell’emancipazione, decisa a non soccombere, vince il duello e disarciona il maschio e il suo bottino, troppo presto dato per scontato. E si permette pure di rimetterlo a posto con l’arma di una superiore ironia, sempre benvenuta perché disarmante segno di profondità: “Or puoi – disse – veder chi abbia perduto e a chi di noi tocchi di star sotto”. Una reazione importante alle avances volgari e meschine che sgonfiano ataviche pretese.
Queste considerazioni non significano che non sia stato raggiunto, nei secoli, alcun progresso. Che invece c’è stato, ampio, grazie ad una presa di coscienza netta e duratura, ad un lavoro sulla cultura e sulla mentalità che ha fatto della causa femminile un discorso pervasivo ed efficace. Le cose cambiano, e come. Il Codice Rosso è importante, va solo applicato. L’Italia che tutti abbiamo rivisto nelle immagini di repertorio in morte di Pippo Baudo, non era certo migliore solo perché ovattata e ripulita da presentatori gentili e signorili. Era il paese dove fino al 1981 è rimasto in vigore l’odioso l’istituto del “matrimonio riparatore” e, fino al 1969, solo l’infedeltà femminile era un reato. L’Anniversario, Premio Strega 2025, parla di questo. Dimenticare, rischia di non farci comprendere come le nuove generazioni nascano in un mondo più giusto e normale. Con giovani uomini più ingentiliti e cortesi, che non sarebbe giusto né utile far sentire in colpa per responsabilità non loro. Ad ogni modo, quando si diceva che “il personale è politico”, si affermava qualcosa che è ancora valido. Neppure un profilo Facebook è solo personale, anche se tale era nato. E l’esposizione del corpo, a titolo di attrazione, è opera anche di troppe giovani ragazze, vittime e artefici di un mondo sessualizzato. Nicolas Carr, in Superbloom, ricostruisce un’interessante storia della Rete, che solo in parte è “storia della democratizzazione”. In effetti, da quando c’è Internet il mondo è più libero. Lo sanno bene i dittatori, che cercano sempre di imbrigliare i social e la loro forza. In Rete, però, tutti diventiamo autori, tutti ammiratori o guardoni. Tutti crediamo di respirare un senso di adrenalinica libertà. Che però la mente umana traduce in impunità.
La “fallacia dell’effetto democratizzante” risiede nel fatto che la presunta cancellazione di soglie e limiti fa emergere gli istinti peggiori dell’umano – di ogni umano - che si esaltano nell’effetto branco, tanto “caro” al maschio d’ogni tempo. Don Rodrigo e compari, per millenni, hanno guardato le mogli degli altri. Ora, su Internet, si può guardare anche la propria e vedere l’effetto che fa, nella gogna collettiva. Sono strani questi 32.000 ignari di ogni rispetto e progresso virtuoso? Colpisce quanto siano, d’anagrafe, adulti. Ma è la Rete che li ha resi così immaturi e, dunque, violenti, o certi uomini, in mancanza di una sana e moderna proposta identitaria, che abbandoni il passato ma non rinunci ad una cortese virilità, non sanno proprio come crescere, maturare e diventare uomini? Un corpo cresciuto in anime e menti tendenti al vuoto e pericolosamente adolescenziali può solo fare guai. I soliti guai. Gli uomini dovevano far spazio alle donne. In parte, missione compiuta. Però non possono scomparire o far emergere sulla scena solo il peggio. Si può essere veri uomini anche seppellendo certe antiche verità sull’uomo. Manca, tra troppi uomini, la volontà di un dialogo interiore e profondo su loro stessi, sulla loro identità. Qualcuno ha detto che quando quattro maschi si riuniscono, di solito è per fare qualcosa guardando tutti verso la stessa direzione: a calcio osservando il pallone, la playstation, in auto. Ma tanti ragazzi cominciano ad avvertire il bisogno di guardarsi negli occhi, come amici, e parlare. Di sé. Di confrontarsi, decifrarsi e capirsi.

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