Accanirsi costa a tutti

Mai perdere un’occasione per dare il peggio di sé e mai rinunciare a sabotare ogni tentativo verso la pace. Cosa sta succedendo in Medioriente e perché trovare una soluzione è molto complicato
July 26, 2025
Accanirsi costa a tutti
Mai perdere un’occasione per dare il peggio di sé e mai rinunciare a sabotare ogni tentativo verso la pace, o finanche una semplice tregua. Sembra questo l’imperativo dei negoziatori israeliani, statunitensi e di Hamas a Doha. Il casus belli che ha spinto Israele e gli Stati Uniti ha ritirare le proprie delegazioni, interrompendo per l’ennesima volta le trattative, sono state le richieste eccessive avanzate dal movimento islamista, il quale – indifferente alle sofferenze della popolazione palestinese di Gaza – punta a salvare quel che resta del suo potere e del suo ruolo. Ma la verità è che il governo di ultradestra guidato da Bibi Netanyahu non vedeva l’ora di trovare il pretesto per proseguire i massacri di civili – è indecente ormai chiamarla guerra di Gaza, dato che aerei e carri armati si limitano a sparare sulla popolazione indifesa – subito seguito dal rappresentante dell’amministrazione Trump, del tutto allineata alle posizioni di Tel Aviv.

Continuano quindi i bombardamenti e continuano ancora a essere bloccati i rifornimenti. Migliaia di camion carichi di generi di prima necessità che non hanno alcun corridoio umanitario da percorrere. Difficile capire gli obiettivi politici della destra israeliana. Al di là della volontà delle sue frange più estremiste – fanatiche, xenofobe e razziste – di eliminare la presenza palestinese da tutti i territori dell’Israele biblico. Ma anche un leader spregiudicato e cinico come Netanyahu sa bene quanto sia improponibile immaginare di creare un nuovo ordine regionale imperniato esclusivamente sulla propria iper-forza e sulla pura minaccia delle forze armate contro ogni vicino potenzialmente ostile.

L’accanimento disumano contro la popolazione civile a Gaza sta costando già molto politicamente a Israele. E ancor più costerà in futuro: le immagini dei bimbi uccisi dalla fame, le madri emaciate e private della possibilità di aiutare i propri figli entreranno nella nostra memoria collettiva, una macchia indelebile sulla coscienza dello Stato ebraico. In tutto l’Occidente si moltiplicano i gesti di insofferenza verso turisti israeliani: per quanto mai giustificabili o accettabili – è bene ribadirlo con forza – testimoniano la rabbia verso l’orrore di Gaza e l’insofferenza per le ambiguità e i doppi standard dei nostri governi. Questi ultimi sono infatti sempre pronti a condannare a parole i crimini di guerra che sono sotto gli occhi di tutti, ma appaiono incapaci di compiere atti concreti che spingano Netanyahu a fermare le stragi.

In questi giorni, ecco che finalmente la Francia, un Paese del G7 – organizzazione che è la bella addormentata nel bosco del doppiopesismo – ha annunciato che riconoscerà lo Stato di Palestina. Già altri Paesi europei lo hanno fatto, dalla Spagna all’Irlanda, ma è fondamentale che si rompa “il tetto di cristallo” dei più importanti Paesi occidentali. E a chi cavilla dicendo che tanto uno Stato palestinese nei fatti sia impossibile, dato che non avrebbe che ridicoli scampi di territorio, vista l’espansione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania, bisogna rispondere che riconoscere a un popolo il diritto a non essere cacciato e a vivere in dignità è un gesto doveroso per chi, come noi europei, ha fatto dei diritti umani, della libertà e della democrazia i pilastri del proprio pensiero politico.

È del resto evidente che le parole di condanna, perdipiù sempre pesate con il bilancino, non bastino ormai a riportare Tel Aviv alla ragione. Se si vuole fermare continue, deliberate e sistematiche stragi di civili innocenti, se si vuole che si riaprano i corridoi umanitari, occorre che l’Europa – inutile sperare alcunché di serio dall’Amministrazione Trump – si muova con passi concreti: sospendere l’accordo di associazione, ribadire che Netanyahu è un ricercato della Corte penale internazionale e attivarsi per riconoscere uno Stato palestinese sono alcune degli strumenti a nostra disposizione.

La propaganda della destra israeliana, tanto più aggressiva quanto più è indifendibile l’azione delle Idf a Gaza, bolla queste proposte, avanzate da tempo in tutta Europa, come esempio di anti-semitismo. Esse appaiono invece come il gesto estremo di chi vede il baratro politico verso cui la destra estrema sta portando Israele e vuole salvare da se stesso un Paese a cui così tanto ci legava. Salvare i bambini denutriti e privi di ogni cura a Gaza, significa aiutare tanto il popolo palestinese quanto il popolo israeliano.

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