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Il Rapporto Anla 2024 “Il ruolo dei nonni nella società italiana”, ricerca voluta dall’Associazione nazionale lavoratori anziani (Anla), realizzata da un’equipe di studiosi coordinata dalla sociologa Carla Collicelli, viene presentata stamattina a Roma alla Lumsa. Intervengono Carla Collicelli (di cui pubblichiamo qui ampi stralci dell’intervento), il geriatra Graziano Onder, l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita. C’è anche la testimonianza di una nonna, Fiorenza Ciullini, e l’intervento del presidente nazionale di Anla, Edoardo Patriarca, che lo scorso 25 settembre ha consegnato il report a Papa Francesco, ringraziandolo “per l’attenzione che nel Suo magistero riserva agli anziani in generale e ai nonni in particolare”. “Con questa ricerca – ha spiegato Patriarca – Anla si fa promotrice di una proposta culturale che rimette al centro l’educare all’arte del dialogo, oggi sommersa dall’ individualismo e dimenticata, e una cultura della cura attenta alla persona”.
Il secolo dei nonni
Secondo i dati Istat, quasi il 50% degli italiani ha almeno un nonno vivente, e più del 30% di quelli che hanno più di 35 anni ha almeno un nonno vivente. Viceversa più del 70% degli anziani con più di 80 anni ha nipoti, e si diventa nonni in media a 54 anni, a 57 per le donne.
La quasi totalità dei nonni non abita nella stessa casa dei nipoti (97%), ma circa due terzi vivono nello stesso comune, il 16% nello stesso caseggiato, il 31% entro 1 chilometro di distanza ed il 30% a non più di 16 chilometri di distanza.
La frequenza delle visite è assidua: il 76% dei nonni vede il nipote almeno una volta a settimana. Si tratta di incontri giornalieri, nel 44% dei casi per i nonni che vivono nei comuni di piccole dimensioni (fino a 2 mila abitanti)e nel 42% per quelli che risiedono nei medio-piccoli comuni. Più i nonni sono giovani più questa quota aumenta: tra i 60-69 enni oltre l’80% ha una frequenza di visita almeno settimanale. Sono i nonni che risiedono nei comuni medio-piccoli (da 2.001 a 10 mila abitanti) ad avere maggiori possibilità di frequentare i nipoti con una certa assiduità (l’80% vede l’unico nipote o quello che abita più vicino almeno una volta a settimana). E naturalmente tutti i dati presentano differenze per genere, da cui risulta che le nonne sono più numerose e più assidue dei nonni.
I rapporti tra nonni e nipoti sono particolarmente intensi quando i nipoti sono piccoli. Un terzo dei nonni si prende cura dei nipoti mentre i genitori lavorano, 3 su 10 offrono il loro supporto per impegni occasionali dei genitori, e nei momenti di emergenza si attiva quasi un quarto dei nonni. Naturalmente la disponibilità dei nonni a prendersi cura dei nipoti dipende molto dal fatto che siano ancora occupati o meno. Infatti la quota di coloro che non se ne prende mai cura sale al 18% tra chi lavora, e può prendersi cura dei nipoti solo in casi eccezionali, il 15,4% durante le vacanze e il 14,9% quando i genitori escono. Ma risultano spesso importanti anche i rapporti tra nonni e giovani adulti.
Inverno demografico e squilibri generazionali
Continuano a calare le nascite ed i decessi, con la conseguenza di un saldo di popolazione pesantemente negativo (-280 mila) compensato solo dalla dinamica migratoria (+274 mila). Dopo il calo relativo al periodo pandemico, nel 2023 si registra un nuovo aumento della speranza di vita alla nascita, che raggiunge gli 83,1 anni, guadagnando sei mesi rispetto al 2022. Tra gli uomini la speranza di vita alla nascita è di 81,1 anni (+6 mesi sul 2022), e tra le donne 85,2 anni, con un guadagno sul 2022 inferiore ai maschi (+5 mesi). Il che incide anche sull’età media della popolazione, che al 1° gennaio 2023 risulta pari a 46,4 anni, in aumento di oltre due mesi rispetto alla stessa data dell’anno precedente.
I fenomeni citati incidono sull’invecchiamento della popolazione, al cui interno la componente al di sopra dei 65 anni di età costituisce oggi il 24,1% della popolazione residente totale (contro il 23,8% del 2022), con un aumento dal 2019 a oggi di 1,2 punti percentuali. Nello stesso periodo la popolazione più giovane, al di sotto dei 15 anni, è diminuita di più di mezzo punto percentuale, e costituisce oggi il 12,5% della popolazione totale (contro il 12,7% del 2022).
Le famiglie sono sempre più piccole e sole. Per il futuro si stima un aumento delle famiglie unipersonali, che passeranno da 8,4 a 9,8 milioni nell’arco di 20 anni. Già ora il 65% degli anziani vive solo e si prevede che il fenomeno aumenti.
Aumentano anche i grandi anziani. Gli ultra 80-enni hanno raggiunto il numero di 4 milioni 554 mila individui, quasi 50 mila in più rispetto ad un anno fa, ed hanno superato il numero dei bambini sotto i 10 anni (pari a 4 milioni 441 mila). A inizio 2024 l'Istat registra anche un nuovo record di ultracentenari: oltre 22.500, 2 mila in più rispetto all’anno precedente.
Si prevede che nel 2042 la popolazione over 65 tocchi i 18,7 milioni, rispetto ai 14 milioni del 2023, con un indice di vecchiaia che dovrebbe salire a 304 contro il 188 attuale. Al contrario, la popolazione nella fascia 15-64 anni diminuirà a 31,3 milioni dagli oltre 37,5 milioni attuali. Gli ultraottantenni aumenteranno del 33,7% rispetto al 2022, superando i 6 milioni e gli ultranovantenni arriveranno a 2,3 milioni (+56,8%).
Gli anni senza limitazioni nelle attività sono aumentati di un anno, da 9,2 anni nel 2009 a 10,2 nel 2022, mentre quelli con limitazioni restano fermi a 8,7 anni. Complessivamente, dunque, per gli anziani si evidenzia nel tempo un miglioramento delle condizioni di salute: le persone in buona salute sono passate dal 29,4% del 2009 al 37,8% del 2023 e, parallelamente si è ridotta la condizione di multi-cronicità (dal 38,7% del 2003 al 34,3% del 2022). Ma l’aumento della speranza di vita rende comunque pesante la situazione delle persone con limitazioni gravi, che risultavano essere nel 2022 circa 2 milioni e 900 mila, delle quali 362 mila avevano fino a 44 anni di età, 718 mila tra 45 e i 64 anni, 450 mila tra i 65 e i 74 anni e 1 milione 380 mila più di 75 anni. Questa parte della popolazione anziana vive spesso in condizioni di fragilità e solitudine: ben il 28,4% delle persone con disabilità vive da solo, il 55,4% lamenta cattive condizioni di salute e, tra gli adulti, l’86,5% della popolazione soffre di almeno una malattia cronica grave.
Un invecchiamento attivo
Nonostante le criticità rilevate dal punto di vista degli equilibri demografici e della situazione epidemiologica, la condizione sociale e culturale degli anziani va costantemente migliorando. Il livello culturale e scolastico della popolazione anziana, già molto migliorato nei decenni scorsi, continua a migliorare e si prevede che continui a crescere negli anni futuri.
La situazione dei livelli di scolarità si riverbera come è ovvio su molti altri aspetti, tra i quali l’ambito delle competenze informatiche, rispetto alle quali già oggi si registra un netto miglioramento, anche nella popolazione tra 55 e 74 anni, in termini ad esempio di utilizzazione della rete Internet.
Migliora la condizione economica degli anziani e aumentano i livelli di spesa e di investimento attribuibili alla popolazione anziana, sia in campo sanitario e assistenziale, sia in altri campi, come il turismo ed il tempo libero. Da cui l’ipotesi dello sviluppo futuro sempre più consistente di una vera e propria Silver Economy.
Un processo molto importante rispetto alla componente anziana della popolazione è quello che va sotto il nome di “invecchiamento attivo”, “inedito, incisivo, irreversibile” secondo alcuni, e la cui definizione secondo l’OMS è la seguente “il processo di ottimizzazione delle opportunità relative alla salute, partecipazione e sicurezza, allo scopo di migliorare la qualità della vita delle persone anziane”.
Un altro dato di un certo interesse è quello relativo alle esperienze di associazionismo che interessano la popolazione anziana, che sono molteplici sull'intero territorio nazionale. Alla presenza dei Centri anziani in gran parte dei comuni italiani si affiancano infatti altre iniziative di tipo sindacale, cooperativo e di settore, che vedono la partecipazione attiva della popolazione in età avanzata. E si segnalano alcuni casi dove il protagonismo dei nonni è culminato in esperienze dirette di partecipazione, coinvolgendo anche altri settori sociali e segmenti della popolazione residente nelle aree interessate a tali esperienze.
Infine in tema di invecchiamento attivo va ricordato il processo di digitalizzazione che sta interessando anche la componente anziana della società.
Famiglia e infanzia: crisi e potenzialità
A fronte della evidente crisi dell’istituto familiare, molte analisi sociologiche confermano una sostanziale, anche se sofferta, tenuta dei nuclei familiari rispetto alle funzioni sociali ed in particolare al rapporto con le nuove generazioni. Nonostante l’affievolirsi delle responsabilità educative e l’indebolimento della funzione di trasmissione dei valori, la famiglia, comunque intesa ed in tutte le sue forme e sia pure secondo modalità nuove e in costante divenire, continua ad essere il luogo principale della attenzione alla qualità della vita, al dialogo e alla comprensione, oltre il luogo principale della rigenerazione della vita umana, sia in senso biologico che in senso psicologico e spirituale, con una particolare “tenuta” per quello che riguarda la sua affidabilità sociale, in un panorama complessivo di crescente individualismo e deresponsabilizzazione. Un soggetto intermedio fondamentale anche nei processi di scambio democratico, di formazione dell’identità e di costruzione della fiducia.
Anche il processo di ibridazione e contaminazione dei ruoli maschile e femminile, che si svolge all’interno della famiglia, costituisce un vero laboratorio di sperimentazione di nuovi modelli di superamento della crisi di fragilità del ruolo maschile e di rafforzamento di quello femminile.
Si inaspriscono nel periodo più recente le criticità relative alla situazione socio-economica della famiglia. Dalla perdita del potere di acquisto dei salari, alla spesa sanitaria di tasca propria per l’inefficienza ed i ritardi del Servizio Sanitario Nazionale, all’aumento della povertà delle famiglie numerose, alla crescita dei fenomeni di disagio psichico, specie dei giovani e degli adolescenti.
Relazioni intergenerazionali e rapporti nonni – nipoti
Dai pochi studi qualitativi di approfondimento sulla realtà dei nonni, realizzati da associazioni e centri di ricerca, risultano con evidenza l’importanza del ruolo dei nonni nelle famiglie italiane con bambini ed anche la soddisfazione dei nonni per il ruolo di supporto svolto nei confronti delle giovani generazioni, ed anche dei nipoti adulti. Reciprocamente, come risulta da uno studio pubblicato su International Journal of Care and Caring, l’Italia è il primo Paese sui 6 considerati (Italia, Paesi Bassi, Slovenia, Svezia, Svizzera e Regno Unito) in cui i giovani tra 15 e 17 anni si occupano dei nonni (nel 59,3% dei casi). Il sondaggio effettuato su 2.099 giovani nel 2018 ha messo a fuoco l’aiuto prestato e l’impatto positivo in termini di salute mentale dei giovani stessi.
Ciononostante si tratta di una tema poco studiato a causa di una serie di motivi tra cui:
- la deriva “presentista” che rende miopi rispetto alle dimensioni diacroniche dell’esistenza ed alle interconnessioni tra passato, presente e futuro;
- il prevalere dei valori economicistici e consumistici, a discapito di altri valori ed obiettivi attinenti alla sfera relazionale;
- la concentrazione delle attenzioni sociologiche e socio-statistiche sugli aspetti meno positivi dell’invecchiamento della popolazione;
- la crisi dei rapporti educativi;
- la concentrazione di molte attenzioni sul tema della diminuzione delle nascite e del numero di figli per famiglia;
- la crescente mobilità lavorativa e sociale, che in molti casi allontana le nuove famiglie dalle famiglie di origine.
Dedicare maggiore attenzione alla questione del rapporto intergenerazionale tra nonni e nipoti potrebbe contribuire a rivitalizzare:
- i valori etici della convivenza sociale rispetto a quelli materialistici ed economicistici;
- il valore delle relazioni umane significative e profonde rispetto alla deriva dell’individualismo spinto e della comunicazione disintermediata e tecnologica;
- la giustizia intergenerazionale (si veda la recente riformulazione dell’articolo 9 della nostra Costituzione);
- l’aspirazione ad un benessere e ad una felicità che traggono linfa vitale dal valore della generatività.
Il tema del rapporto tra generazioni è sicuramente un tema essenziale, benché poco studiato, rispetto al quale però esistono poche certezze e molte incertezze ed ambiguità. Le certezze, da cui non si può prescindere, sono sostanzialmente quelle indicate dalla demografia, che ci mostra con pochissimi margini di errore l’evoluzione dell’Occidente verso la crescita della componente anziana della popolazione e la drastica riduzione di quella giovanile, e dunque verso una rottura degli equilibri consueti del passato in termini economici, sociali, familiari e di welfare. Le ambiguità riguardano il giudizio positivo o meno su questa evoluzione e sulle sue caratteristiche.
Ma non tutto è definito nella evoluzione futura del rapporto tra generazioni, ed esistono molte variabili in gioco su cui sarebbe possibile, ed anche auspicabile, intervenire con immaginazione utopica e verso nuove strade di evoluzione. E come abbiamo visto rispetto al “fantasma” dello scontro generazionale, o del distacco tra generazioni, esistono molte evidenze e molti segnali di segno contrario: dalla soddisfazione per i propri rapporti familiari, espressa sia da giovani che da anziani, al valore crescente della convivialità nella vita quotidiana all’interno delle famiglie e dei nuclei di convivenza primaria, spesso a carattere intergenerazionale, al peso degli aiuti forniti in ambito familiare da parte degli anziani nei confronti de giovani, ma anche viceversa.
Ed anche il tema della fragilità degli anziani, della non autosufficienza, delle pluri-cronicità, dell’aumento delle patologie degenerative e della solitudine anziana viene fortemente controbilanciato proprio dal fenomeno che abbiamo descritto del cosiddetto “invecchiamento attivo”, una realtà di grande vitalità, impegno, partecipazione che tante persone, che hanno superato la soglia universalmente considerata come l’inizio dell’età anziana, vivono. La formazione permanente, l’associazionismo anziano e la partecipazione al mondo della cultura di tante persone over 65 fa parte di questo quadro assai articolato di e di potenzialità positive.
Alla luce di queste considerazioni, risulta davvero importante e significativo avviare un lavoro di analisi della realtà dei nonni in Italia, che prenda le mosse dalla interpretazione dei pochi dati disponibili, e punti ad individuare i tratti portanti del fenomeno ed a prefigurare futuri possibili approfondimenti di maggiore spessore.