mercoledì 9 febbraio 2022
A oltre cinque anni dal via libera alla legge l’attuazione reale, rispetto a una platea di potenziali beneficiari di 150mila persone con disabilità, è bassa, soprattutto al Sud
Le legge sul "Dopo di noi" del 2016 è ancora poco applicata

Le legge sul "Dopo di noi" del 2016 è ancora poco applicata

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Massimo Zanotti, oggi 77enne, papà di Marco, ha iniziato a progettare il futuro della vita di suo figlio, affetto da una disabilità grave, già nel 2014. «Con mia moglie, insieme ad altre famiglie del territorio, a Pavia, preoccupati per cosa sarebbe avvenuto 'dopo di noi', abbiamo cominciato a impostare le basi per costruire una residenza in cui i nostri ragazzi avrebbero potuto sperimentare un’esistenza autonoma compatibilmente con le loro possibilità – racconta –. Abbiamo messo a disposizione un immobile di proprietà e, dopo un lungo percorso pieno di ostacoli, anche burocratici, nel settembre 2018 è stata aperta finalmente nel centro della città la 'Casa di via dei Liguri' dove vivono Marco, Angelo, Riccardo, Roberto e Fabio». Questa soluzione abitativa in housing è stata realizzata grazie a un’iniziativa co-progettata dall’Associazione 'Un nuovo dono', presieduta da Zanotti, la cooperativa sociale Soildarietà e Servizi di Busto Arsizio, che si occupa dei servizi assistenziali e sanitari, portata avanti grazie anche a contributi pubblici erogati dall’ente locale.

«Possiamo affermare tranquillamente che si tratta di un’esperienza di inclusione sociale di successo, come dimostra l’alta valutazione della qualità della vita che viene effettuata sui cinque inquilini della casa in base alla Scala San Martin – afferma Zanotti –. Mio figlio e gli altri quattro giovani vanno in chiesa, a fare colazione al bar, svolgono attività ricreative e noi genitori possiamo andarli a trovare anche tutti i giorni». A pochi chilometri da Pavia, precisamente a Mortara, è stato ideato 'A Casa Mia', un progetto sociale concepito per promuovere l’emancipazione delle persone adulte con disabilità dai loro genitori attraverso un’azione di sostegno abitativo. I primi passi, in via sperimentale, sono stati mossi nel 2013, attraverso un percorso a cui hanno partecipato le persone con disabilità ed i loro familiari, gli operatori dei servizi diurni e residenziali e gli enti locali, attraverso un’azione di coordinamento e di sviluppo progettuale ideata e governata dalla cooperativa sociale 'Come noi' di Mortara con il sostegno dell’Anffas (L’Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale) e della Fondazione Dopo di Noi per Mortara e Lomellina. L’esperimento ha funzionato, così negli anni successivi sono state programmate nuove aperture. Tra le persone impegnate nella realizzazione dei progetti c’è Elisabetta Amiotti, 54 anni e mamma di Francesca, 22enne affetta da una disabilità complessa. Anche se non riguardava direttamente sua figlia, che sta realizzando il suo progetto di vita in una Rsd (Residenza sanitaria per disabili), dunque una struttura socio-sanitaria, Elisabetta ha deciso di aiutare altre famiglie preoccupate di trovare soluzioni per il futuro dei loro ragazzi. «Il nostro percorso è iniziato proprio per dare risposte ai bisogni di questi genitori – racconta Amiotti, presidente del Consiglio di gestione della coop 'Come noi' –. Del resto, i servizi Rsd sono strapieni e servono nuove opportunità che favoriscano la co-abitazione e la realizzazione di percorsi e progetti di vita adulta, capaci di ridurre e contrastare la dipendenza esclusiva dalle famiglie».

'A Casa mia' e la 'Casa di via dei Liguri' sono due modelli operativi che rientrano a pieno titolo nella cornice normativa disciplinata dalla Legge 112/2016 per promuovere gli interventi 'Dopo di noi'. La norma ha introdotto nell’ordinamento giuridico un insieme di strumenti civilistici (trust, contratti di affidamento fiduciario e vincoli di destinazione), fondi e agevolazioni volti alla protezione patrimoniale e all’elaborazione di progetti di vita per le persone con disabilità grave privi di sostegno familiare. Tuttavia, a oltre cinque anni dal via libera alla legge, i numeri ci dicono che l’attuazione reale delle legge, rispetto a una platea di potenziali beneficiari individuata in 150mila persone dal mistero del Lavoro e delle Politiche sociali, è ancora decisamente bassa. Solo poche migliaia di famiglie, finora, hanno sfruttato le opportunità offerte dalla legge.

Il Comitato Officina Dopo di noi ha effettuato un monitoraggio - pubblicato nel libro 'Dopo di Noi: l’attuazione della Legge 112/16. Monitoraggio 2019-2020 (Maggioli Editore) – per fare il punto sugli impatti della legge e da cui emergono risultati disomogenei tra le varie Regioni, come conferma Cristiana Perego del Politecnico di Milano, tra gli autori insieme all’Istituto per la Ricerca Sociale (IRS). Tra le più virtuose c’è la Lombardia, dove a fine 2018 si contavano 1.584 progetti individuali predisposti e un grado di copertura tra il numero di beneficiari e i potenziali stimati del 7,5%. Rispetto alla media nazionale bene anche il Piemonte, con 1.389 iniziative avviate e un livello di copertura del 16,7%. Percentuali già più basse nel Lazio a fine 2019: 580 beneficiari e una copertura del 5,4%. %. Nel Sud, la situazione risulta più complessa perché in molti casi le Regioni hanno emanato avvisi pubblici rivolti direttamente ai beneficiari, limitando di fatto l’intermediazione degli ambiti territoriali e degli enti del Terzo settore nel fornire supporto alle famiglie per co-costruire progettualità dal basso, come auspicato dalla legge. Annamaria Parente, parlamentare di Italia Viva e relatrice in Senato della Legge 112/2016, sostiene che le differenze tra varie aree del Paese siano legate «alla buona o alla scarsa integrazione tra servizi sanitari e servizi sociali», perché «dove le comunità sono riuscite a fare rete con le istituzioni, le famiglie, le realtà del Terzo settore e professionisti i risultati si sono visti». Per Parente un’attuazione pratica più omogenea sul piano nazionale passa da alcuni step: «La definizione di linee guida nazionali per l’applicazione della legge; una cabina di regia; un osservatorio nazionale».

Se finora la legge non ha portato i risultati sperati, secondo il notaio Monica De Paoli (già vice presidente del Consiglio di gestione del Comitato Officina Dopo di Noi), può essere ascritto anche «alla poca familiarità e complessità degli strumenti giuridici individuati dal legislatore per la pianificazione patrimoniale». Del resto, anche qui parlano i numeri: dal monitoraggio risultano istituiti 2.058 trust immobiliari per conferire la casa al figlio disabile, 18 contratti di affidamento fiduciario e 984 vincoli di destinazione.«Soprattutto nel Sud si riscontra una scarsa conoscenza della legge e degli strumenti previsti - conferma l’avvocato Michele Falzone, presidente del Comitato Officina Dopo di Noi -, per cui per il 'durante noi' e per il 'dopo di noi' ci si affida spesso all’ambito familiare allargato». Tra i possibili interventi normativi di miglioramento della legge per favorire un maggior coinvolgimento delle famiglie, per Falzone e De Paoli, potrebbero esserci un’esplicita regolamentazione dei trust collettivi e l’utilizzo di patrimoni destinati all’interno di Enti del Terzo settore a prescindere dal contratto di affidamento fiduciario. Richieste di modifiche «per una legge che comunque ha avuto il merito di dare concretezza a ciò che era aleatorio» arrivano anche da Emilio Rota, presidente della Fondazione nazionale Anffas 'Durante e Dopo di Noi'. Tra le raccomandazioni avanzate da Rota ci sono «l’ampliamento della platea dei beneficiari anche alle persone con disabilità senza connotazione di gravità e la costituzione di progetti individuali (la legge prevede solo soluzioni alloggiative con gruppi di 4-5 persone)».

Rota contesta la tesi di una legge che finora non ha avuto il successo sperato: «Questo è un progetto che deve crescere progressivamente, anche insieme alle consapevolezza delle famiglie». Le buone pratiche rappresentano una base di partenza per il futuro. In Lombardia, per esempio, risultano attive 91-coabitazioni (come quelle del Pavese) che finora hanno consentito a 330 disabili gravi di avviare un progetto per la vita adulta e, per il 96% dei casi, integrando finanziamenti pubblici, sociali e sanitari. Essendo soluzioni alloggiative innovative che contengono la spesa sanitaria, Marco Bollani (Anffas- Federsolidarietà Lombardia) propone di «introdurre nella ripartizione del Fondo nazionale 'Dopo di noi' una clausola di stabilizzazione e di continuità delle risorse assegnate a sostegno di progetti di co-abitazione già avviati e che sono riusciti a realizzare gli obiettivi di servizio della legge 112/2916 attraverso una dotazione economica aggiuntiva». Perché è vero che bisogna investire nei progetti, ma non a discapito delle iniziative che già funzionano.

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