martedì 26 gennaio 2021
Solo il 5% degli imprenditori prevede una forte riduzione del personale nel 2021. Un’impresa su tre ha in previsione nuove assunzioni
Un'impresa su tre prevede nuove assunzioni

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Manifatturiero in controtendenza su lavoro e occupazione: solo il 5% degli imprenditori prevede una forte riduzione del personale nel 2021 e solo il 13% attende il superamento del blocco dei licenziamenti per ridurre il proprio organico: riduzione che nel 94% dei casi va da 1 a 5 dipendenti. Ma c’è di più: un’impresa su tre ha in previsione nuove assunzioni. È quanto emerge dall’indagine congiunturale che Confimi Industria, Confederazione dell’industria manifatturiera privata italiana, ha condotto intervistando i propri associati sull’andamento del secondo semestre 2020 e chiedendo loro una previsione per i primi sei mesi dell’anno appena iniziato. E le previsioni lasciano ben sperare sul lato occupazione: il 59% del campione dichiara di mantenere stabile il proprio organico e vi è un 32% di imprenditori che prevede nuove assunzioni.

Il Centro Studi della Confederazione ha rilevato inoltre che se il ricorso agli ammortizzatori sociali ha riguardato una impresa su due nella seconda parte del 2020, il numero scenderà nei prossimi mesi interessando solo il 31% degli intervistati.

Capitolo lavoro agile: lo strumento è in uso nel 25% delle pmi intervistate e andrà avanti ancora per qualche mese per quelle figure come amministrativi, uffici progettazione, marketing e commerciali il cui lavoro è organizzabile da remoto o le cui attività sono ancora in stand by viste le misure ancora in atto per fronteggiare la diffusione del virus.

Il 60% delle pmi inoltre non prevede grandi scossoni in positivo o in negativo per i primi sei mesi del 2021: ottimista solo un imprenditore su cinque che ha in previsione un leggero incremento (fino al 3%) di ordini e produzione.

Nessuna buona nuova invece dal mercato estero. Secondo il Centro Studi di Confimi Industria, il 26% del campione intervistato prevede una contrazione degli ordini internazionali fino a un -10% rispetto al passato. Un vero danno per le pmi manifatturiere che nel 33% dei casi hanno un mercato europeo.

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