sabato 24 febbraio 2018
Il responsabile dell'iniziativa don Bruno Bignami (nella foto): formazione e relazioni per contrastare la disoccupazione giovanile
Tante adesioni e 700 imprese create
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La risposta concreta della Chiesa alla disoccupazione giovanile si chiama Progetto Policoro. Non è un sostegno economico alle aziende, ma orientamento e formazione mirati ai tanti ragazzi e ragazze senza lavoro. La Cei, la Conferenza episcopale italiana, grazie all’8 per mille e a una filiera collaudata da anni li aiuta in questo: ritrovare e ridare speranza. Sono poi associazioni, banche e altri attori a dare gambe alle loro idee imprenditoriali. Il Progetto Policoro è merito di una felice intuizione di don Mario Operti, direttore dell’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro negli anni ’90. L’esigenza è quella di 'stare nella storia con amore' per offrire prospettive di futuro ai giovani, soprattutto nel Sud Italia. Sotto la sua guida, nel 1995, la Pastorale sociale, quella giovanile e la Caritas decidono di investire risorse sul Progetto per formare e accompagnare giovani che mettono le mani nella pasta della società, costruiscono momenti di incontro e ascolto, fanno nascere esperienze di responsabilità e di impresa. Da 16 diocesi aderenti nel 1996 si passa alle 141 nel 2018, per un totale di 860 animatori e animatrici di comunità e diverse migliaia di giovani contattati, sensibilizzati e formati e accompagnati nella ricerca attiva del lavoro e nella creazione di impresa. «Si stima – spiega Monica Tripodi, referente nazionale per il censimento e la promozione dei Gesti Concreti del Progetto Policoro – che in questi 23 anni con il supporto motivazionale e formativo e l’accompagnamento alla definizione e alla realizzazione dell’idea d’impresa da parte dei centri servizi diocesani del Progetto Policoro siano nate circa 700 piccole e medie imprese, denominate Gesti Concreti; il dato è approssimativo perché un vero e proprio censimento delle imprese nate si è strutturato solo nel 2010». «Le equipe diocesane sono chiamate ad accompagnare i giovani in questo percorso di orientamento e sviluppo delle proprie idee per valutarne la fattibilità e sostenibilità », precisa Irene Ioffredo, dipendente di Inecoop, associazione che si occupa della parte operativa del Progetto in convenzione con la Cei.

Don Bruno Bignami, giovane sacerdote di Cremona, è vicedirettore dell’Ufficio nazionale della Cei per i problemi sociali e del lavoro, oltre a essere responsabile del Progetto Policoro e direttore nazionale dell’Apostolato del mare.

Può tracciare un bilancio del Progetto Policoro nato nel 1995? È ancora valido oggi?
L’idea iniziale di don Mario Operti mantiene tutta la sua forza profetica anche oggi. Si pensi, infatti, alle narrative avvilenti della disoccupazione giovanile, al lavoro nero, dell’assistenzialismo, del reddito di cittadinanza che hanno bisogno di lasciare spazio a narrative feconde arricchite di intraprendenza, di sussidiarietà e di relazionalità.

Come funziona? C’è un periodo di formazione?
La formazione è senza dubbio uno dei punti di forza del Progetto Policoro. Si estende per un periodo di tre anni, con un accompagnamento che si fa sempre più intenso e specifico. In un primo momento si dedica molta cura alla formazione personale, alla conoscenza della dottrina sociale del- la Chiesa. Poi, in seconda battuta si investe nella capacità di tessere relazioni su un territorio e di intraprendere da un punto di vista lavorativo. Perciò quelli che noi chiamiamo i 'gesti concreti' sono il frutto maturo di una formazione e di una capacità di maturare nelle relazioni. L’attività formativa avviene a differenti livelli: attraverso momenti nazionali, interregionali, regionali e locali.

Come si aderisce al Progetto Policoro?
Al Progetto aderiscono le diocesi italiane che lo accolgono come strumento di evangelizzazione per giovani. Attualmente, nel 2018, abbiamo 194 animatori di comunità provenienti da 141 diocesi (su 225). Inoltre, ci sono tre diocesi (Alba, Alessandria e Tortona) che hanno avviato un percorso di coinvolgimento e conoscenza del Progetto. Per farlo partire è necessario che ogni Chiesa locale formi un’équipe che metta insieme la pastorale sociale, quella giovanile e Caritas.

È rivolto solo ai giovani del Sud?
Se nel 1995 il Progetto Policoro è nato con il coinvolgimento di tre regioni del Sud: la Basilicata, la Calabria e la Puglia, con il passare degli anni si è esteso allargando le sue potenzialità risalendo la penisola. Certo, non tutte le diocesi hanno accettato il percorso, ma c’è stato un allargamento significativo nel corso degli anni. E anche se diverse diocesi del Nord non l’hanno ancora considerato strumento per formare giovani al lavoro, tanti pregiudizi o fatiche sono andate diradandosi. Il che fa ben sperare per il futuro.

Ci saranno novità nei prossimi mesi?
I vescovi italiani hanno deciso di dedicare questo anno per una verifica del Progetto. Stiamo incontrando le varie Conferenze episcopali regionali per fare il punto della situazione. All’Assemblea generale di maggio, poi, i vescovi tireranno le fila di questa fase di verifica per un rilancio del Progetto, perché sia sempre più efficace e generativo. Siamo al lavoro...

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