venerdì 29 marzo 2019
Tra tasse e dividendi, lo Stato incassa 6,9 miliardi di euro dalla banca centrale. Che gli restituisce più di quanto incassi in termini di interessi sui 320 miliardi di Btp comprati con il piano Bce
Gli utili della Banca d'Italia fanno ricco il Tesoro
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Nel 2018 la Banca d’Italia ha fatto più utili di Intesa Sanpaolo e di UniCredit. Il bilancio 2018 approvato dai partecipanti al capitale della banca centrale mostra infatti un utile netto di 6,2 miliardi euro, contro i circa 4 miliardi di profitti realizzati l’anno passato dalle due principali banche del Paese.

Il bilancio passa da 531 a 968 miliardi in quattro anni

È uno degli effetti del Quantitative easing iniziato nel marzo del 2015 e terminato a dicembre. Chiamata dalla Banca centrale europea a comprare titoli di Stato italiani ma anche obbligazioni di aziende e altri titoli, la Banca d’Italia in questi anni ha visto crescere enormemente il suo attivo: dai 531 miliardi del 2014 il bilancio è quasi raddoppiato raggiungendo i 968 miliardi lo scorso anno. Quasi tutto questo aumento è dovuto alla crescita dei “titoli di politica monetaria”, cioè a ciò che la banca centrale ha comprato per conto della Bce. Gli acquisti di titoli decisi dalla Banca centrale europea per le sue strategie monetarie, infatti, sono affidati alle banche centrali nazionali della zona euro. La Banca d’Italia aveva 35 miliardi di titoli di politica monetaria nel 2014, a fine 2018 quella voce in bilancio è salita a 393 miliardi. Sono quasi tutti titoli di Stato italiani (320 miliardi), il resto sono obbligazioni private e fondi di programmi europei non più attivi.

Dai titoli di Stato, 3,9 miliardi di interessi

Con tutto questo debito pubblico in bilancio, la Banca d’Italia si trova a incassare vagonate di interessi dal ministero del Tesoro. Precisamente lo scorso anno ha incassato 3,9 miliardi di interessi sui titoli di Stato acquistati nell’ambito del QE, a cui vanno aggiunti altri 4 miliardi di interessi da altri titoli (anche pubblici) in buona parte comprati nell’ambito della politica monetaria europea. La Bce ha quindi i suoi "meriti" per molti dei profitti della Banca d’Italia, le cui rendite nette sono ammontate a 9,3 miliardi di euro lo scorso anno. Nel conto ci sono anche i profitti del signoraggio, cioè i soldi che la banca ottiene collocando moneta sul mercato al tasso stabilito dalla Bce. Ma questi rendimenti si sono drasticamente asciugati nell’era dei tassi zero. Tolte le spese per il suo funzionamento (1,9 miliardi), Bankitalia ha comunque fatto un utile ante-imposte di 7,4 miliardi.

Quasi l'1% delle entrate pubbliche arriva da Bankitalia

E qui inizia il bello, per il ministero del Tesoro. L’utile di Bankitalia al netto delle tasse scende infatti a 6,2 miliardi perché intanto il ministero dell’Economia ha incassato 1,2 miliardi di euro di imposte varie sul reddito. Dopodiché al ministero sono andati anche i 5,7 miliardi di euro “avanzati” dopo la distribuzione ai partecipanti al capitale della banca di 227 milioni di euro e i vari accantonamenti previsti dallo statuto della Banca d’Italia. Quindi allo Stato la Banca d’Italia ha fruttato tra tasse e utili ben 6,9 miliardi di euro. È un’enormità, poco meno dell’1% del totale delle entrate dello Stato italiano nel 2018 (precisamente lo 0,85%).

A chi appartengono le riserve d'oro della Banca d'Italia

Visto che sui conti delle banche centrali continuano a girare numeri sballati tirati fuori da politici senza scrupoli in cerca di facile consenso su temi che gli elettori non maneggiano affatto, il governatore Ignazio Visco ha ricordato concetti elementari su come funziona la Banca d’Italia. La sua enorme riserva d’oro, che alle quotazioni di dicembre valeva 88 miliardi di euro, appartiene a lei, non alla Bce (come d’altra aveva spiegato qualche giorno fa Mario Draghi a due eurodeputati che lo avevano interrogato) e nemmeno a chi ha le sue quote. I partecipanti al capitale, che hanno ereditato quote della Banca d’Italia dai tempi in cui tutto il sistema bancario era controllato dallo Stato, hanno l’unico diritto di incassare il dividendo (che non può superare i 450 milioni di euro complessivi) e di approvare il bilancio. Intesa Sanpaolo, UniCredit, CariBo, Generali e Carige, gli unici cinque soggetti che ancora hanno più del 3% delle quote della banca centrale, non hanno nessun vantaggio da questa situazione: per legge (lo stabilisce l'articolo 3 dello Statuto della Banca d'Italia) nessuno può incassare più del 3% del dividendo.




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