«Sul lavoro segnali positivi sulle donne, ma restiamo molto indietro»

L'economista Gianfranco Viesti: «Oggi anche al Mezzogiorno servono due stipendi in famiglia. Al Nord vediamo differenze importanti anche tra province vicine»
September 12, 2025
«Sul lavoro segnali positivi sulle donne, ma restiamo molto indietro»
Imagoeconomica | Gianfranco Viesti
Record storico di occupati al sud, gioia del governo e polemiche politiche, come da copione. Ma è tutto oro ciò che riluce? Lo abbiamo chiesto all’economista dell’Università di Bari Gianfranco Viesti. La sua analisi fa emergere dei dati confortanti e una composizione dei medesimi in chiaroscuro, che non riguarda solo il Mezzogiorno. In brevissimo, si può parlare di un allargamento della base occupazionale ma anche di una sua proletarizzazione, mentre aumentano le distanze tra le isole produttive del Nord Italia. La chiave di lettura è complessa: se i parametri di valutazione restano sempre pil e reddito, cambiano i fattori che li generano; ci sono settori che retrocedono e altri che avanzano, ma soprattutto settori vocati a generare una nuova economia ed altri che semplicemente si spengono, impoverendo intere regioni; in particolare, in Italia come negli Usa, la diversificazione dello sviluppo si percepisce tra regione e regione, talvolta tra città e città. Insomma, il record occupazione è positivo, anche perché nasconde altri dati interessanti, ma non spiega da solo l’andamento dell’economia. E non autorizza a parlare di ripresa.
Dobbiamo essere felici per il record del Mezzogiorno?
Superare la soglia del 50% di occupati è un fatto simbolico, sicuramente positivo. Siamo molto sotto la media nazionale e quella europea, ma non era mai successo.
Cosa c’è dentro quel 50?
C’è un grande peso del part time e del tempo determinato, che non ci entusiasma, ma anche una crescita sensibile del lavoro femminile, un dato certamente positivo.
Anche sotto questo profilo, il Sud sta cambiando?
Non siamo precipitosi. Secondo una ricerca Arpal, nella provincia di Bari gli occupati maschi sono anche più della media nazionale, il 71% ma le lavoratrici sono 25 punti sotto. Molto dipende dalle produzioni di ogni zona: dove prevalgono edilizia e agricoltura le donne partono sfavorite. Questo ha una ricaduta sociale pesantissima: se gli stipendi in famiglia non sono due, oggi si fa fatica anche nel Mezzogiorno.
L’incremento dei contratti a tempo indeterminato non dovrebbe entusiasmarci?
Bisogna guardare dentro all’economia. Quando, come succede ora, la crescita avviene senza pil, cioè è generata da settori a bassa produttività, si ottiene meno pil e meno reddito. In questo scenario, le imprese non assumono perché l’economia è spumeggiante, ma perché è cambiato il mercato del lavoro, i più esperti vanno in pensione, i giovani sono di meno e quindi conviene assumere e tenere in azienda chi vale. Faccio notare che i settori trainanti sono, al Sud e con la sola eccezione di alcune aree metropolitane come Napoli, Bari e Catania, l’edilizia e i servizi turistici, dove l’incremento occupazionale investe mansioni relativamente basse. Aggiungiamoci pure che i salari sono molto modesti e sono cresciuti meno dell’inflazione. Resta positivo che assumano, senza nulla togliere al valore del loro lavoro, commessi, muratori e camerieri non sono le professioni per i molti giovani ad elevata qualifica e maggiore produttività.
Allora questo record cosa significa?
Che l’economia non si trasforma ma si allarga, privilegiando attività a basso valore aggiunto. Il processo di diversificazione ha investito anche il Nord. La Lombardia orientale, esclusa Milano, il Veneto e l’Emilia sono innegabilmente più forti – come pil pro capite - di Piemonte, Liguria e Marche.
Le differenze si riscontrano anche tra le economie del centro-nord?
Certo, e dipendono dall’eredità che debbono raccogliere. E' la diversificazione al suo interno la vera novità di questo secolo. L’automotive di Torino non ha saputo generare una nuova economia come ha fatto la meccanica a Bologna. La globalizzazione ha ucciso gli elettrodomestici delle Marche mentre ha rilanciato i macchinari di Parma. Ravvisiamo differenze importanti anche tra province contigue: Cuneo è solidissima, il resto del Piemonte molto meno, tant’è che si parla di meridionalizzazione di questa regione; tra Milano e Pavia si riscontra la maggior differenza di reddito pro capite.
Chi rischia di retrocedere?
Ci sono regioni, come le Marche e l’Umbria, uscite dal gruppo delle regioni più avanzate cui il governo ha già promesso dei fondi che si possono erogare solo alle regioni depresse del Mezzogiorno.

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