Settembre, una sfida per le aziende e i lavoratori

Un quarto del campione (25%) lo vive come una ripresa da dove si era lasciato, ma accompagnata da una certa pressione
September 22, 2025
Settembre, una sfida per le aziende e i lavoratori
Archivio | Anche lo stress diventa un nemico da battere al rientro al lavoro
Settembre rappresenta una sfida per aziende e lavoratori. Tra produttività, pressione e benessere mentale, il rientro dalle ferie può nascondere diverse insidie. Per indagare questo momento chiave dell’anno, Unobravo, servizio di psicologia on line e Società Benefit, ha condotto un'indagine in collaborazione con Dynata, il più grande first-party data provider al mondo. L’indagine ha coinvolto un campione rappresentativo della popolazione italiana tra i 20 e i 55 anni, con l’obiettivo di analizzare i vissuti psicologici legati al rientro nella routine e al rapporto con il lavoro.

Un quarto del campione (25%) lo vive come una ripresa da dove si era lasciato, ma accompagnata da una certa pressione. Ancora più diffusa è la percezione di dover “tenere il passo”: il 66% degli intervistati afferma di sentirsi inadeguato rispetto agli altri, come se tutti stessero facendo meglio. Un dato che evidenzia quanto la performatività sociale influenzi il vissuto quotidiano. Questa tendenza al confronto si accentua tra i più giovani: nella fascia 20-24 anni, quasi un intervistato su tre (30%) vive settembre con pressione legata alla necessità di “riattivarsi”, mentre ben l’85% si sente in svantaggio rispetto agli altri, schiacciato dal peso delle aspettative e dalla continua comparazione con ciò che vede intorno a sé.

Alla domanda su quanto frequentemente ci si senta intrappolati in un ciclo di aspettative, performance e pressione, più di un terzo (35%) ha risposto "spesso", mentre più della metà (59%) ha indicato di vivere questa sensazione occasionalmente. Il fenomeno è particolarmente evidente nella fascia 20-34 anni, dove la stragrande maggioranza (86%) degli intervistati afferma di sperimentare questo stato emotivo.

Lo stress legato al rientro non si esaurisce nella sfera emotiva. Il 37% del campione cita tra le difficoltà principali lo stress e le preoccupazioni economiche. Seguono, entrambi al 28%, la percezione di essere in ritardo rispetto ai propri obiettivi personali e il burnout o la pressione legata al carico di lavoro. Per 1 su 4 (27%), il vero nemico è la pressione costante alla produttività. La complessità del rientro si gioca anche sul piano familiare, dove le responsabilità quotidiane spesso si sommano a quelle professionali. I padri dichiarano di sentire più delle madri il peso delle pressioni familiari (32% contro 28%) e del sovraccarico genitoriale (come la gestione scolastica e il carico emotivo), con un dato del 41% contro il 30%. Al contrario, le madri risultano maggiormente esposte a burnout o pressione lavorativa rispetto ai padri (36% contro 22%).

La condizione di burnout apre le porte a una conversazione più ampia sul tema del malessere sul posto di lavoro: secondo il MINDex, il Barometro sul Benessere Mentale degli Italiani, lanciato da Unobravo in occasione del World Mental Health Awareness Month a maggio, oltre il 60% (61%) dei lavoratori dichiara di aver sperimentato, almeno occasionalmente, stress o burnout sul lavoro, e il 18% ha lasciato un impiego per questo motivo.

La fascia d’età 30-39 anni è quella più colpita dalle difficoltà legate alla salute mentale sul lavoro: il 65% ha lasciato o preso in considerazione l’idea di lasciare il proprio lavoro a causa di stress, burnout o mancanza di supporto psicologico. Anche le generazioni più giovani (18-29 anni) riportano difficoltà significative: il 64% ha sperimentato almeno occasionalmente stress o burnout in ambito lavorativo.

I lavoratori tra i 40 e i 50 anni sono meno inclini rispetto alla media a dichiarare di aver vissuto situazioni di stress o burnout (o ad ammetterlo): il dato in questa fascia si ferma al 56%. Le donne sembrano essere più propense a lasciare un lavoro per motivi legati al fattore stress: il 22% del campione femminile dichiara di aver lasciato il proprio impiego per queste ragioni contro il 14% di quello maschile. I lavoratori da remoto sono quelli che, più di tutti, hanno abbandonato un impiego per ragioni legate allo stress o alla salute mentale, con una percentuale del 28%.

Molti preferiscono il silenzio al giudizio. Dalla ricerca, emerge infatti che un lavoratore su tre tende a trattenere il disagio, temendo di apparire debole o poco professionale (32%); il 12% confessa di sentirsi costretto a “indossare una maschera”, ogni giorno, per andare avanti sul lavoro.

I dati raccolti da Unobravo con Dynata restituiscono una fotografia chiara: il rientro di settembre non è soltanto un passaggio operativo, ma un momento ad alta intensità emotiva e psicologica, con ricadute evidenti sul rendimento, sull’engagement e sul clima organizzativo. Francesco Foffa, Head of Sales, Welfare & Strategic Partnerships di Unobravo, afferma: «I dati mostrano come il rientro a settembre sia un momento particolarmente delicato per molte persone. Le aziende non possono più ignorare l'importanza di una cultura del benessere a 360°, anche sul lavoro: serve una risposta strutturata. È proprio qui che ciascuna realtà può fare la differenza, promuovendo ambienti di lavoro che sostengono il benessere psicologico. Con Unobravo supportiamo le organizzazioni nel rafforzare questa cultura, offrendo percorsi accessibili e personalizzati che aiutano le persone a vivere con serenità anche i periodi di maggiore cambiamento».

Eppure, secondo il MINDex, il 42% dei lavoratori italiani dichiara che la propria azienda non offre alcun benefit specifico a supporto della salute mentale. La disomogeneità è marcata anche per genere: il 50% delle donne afferma che la propria azienda non offre alcun supporto, contro il 33% degli uomini; solo il 14% delle lavoratrici ha accesso a benefit terapeutici, contro il 25% degli uomini. Chi lavora prevalentemente in presenza risulta ancora più svantaggiato: il 48% non riceve alcun benefit per la salute mentale, mentre tra chi lavora in modalità ibrida si registrano maggiori accessi sia a lavoro flessibile (52%), sia a workshop per la gestione dello stress (16%). Chi ha accesso a questi benefit, nella maggior parte dei casi, li apprezza e li utilizza mentre quasi il 70% si sentirebbe a proprio agio a partecipare a sessioni di supporto psicologico in azienda. Il 65% del campione li considera preziosi e il 55% li ha già sperimentati. Tra i più giovani (18-29 anni), la percentuale sale al 69%. E non finisce qui: il 59% continuerebbe a usufruirne anche una volta terminato il supporto aziendale, e il 56% dichiara che è probabile che lo farà. Tra i 18-29enni, questa intenzione si rafforza: il dato arriva al 66%.
Anche secondo un'indagine condotta da Susini Group STP, studio fiorentino leader nella consulenza del lavoro, settembre è un mix di paure che racconta più di quanto immaginiamo sul nostro rapporto con lavoro, tempo e identità. L'ansia economica è la regina del rientro (il 25% degli italiani teme l'effetto-vacanze sul portafoglio), seguita dal timore di non essere più all'altezza sul lavoro dopo la pausa estiva (15%). Ma non finisce qui: il ritorno alla routine risveglia la claustrofobia esistenziale (8%), mentre i social alimentano l'ansia da confronto vacanziero (13,5%), trasformando i social in un'arena di paragoni tossici. E poi ci sono le paure più intime: i genitori che si sentono sotto esame alla ripresa della scuola (17,5%), chi teme la solitudine dopo le relazioni estive (11%) o chi vive il rientro come un'accelerazione del tempo e dell'invecchiamento (10%). «Insomma, più che un semplice "back to work", il settembre italiano è un vero e proprio specchio della società: tra precarietà economica, identità in bilico e voglia di libertà. Forse riconoscere queste paure è il primo passo per affrontarle e per ricordarci che, in fondo, l'estate non finisce mai davvero se impariamo a portarne un po' con noi», conclude Sandro Susini, consulente del lavoro e fondatore di Susini Group STP.

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