Perché l'Antitrust italiana contesta l'introduzione di Meta AI in WhatsApp

La big tech di Mark Zuckerberg sotto inchiesta per aver sfruttato la sua posizione dominante sul mercato il servizio di intelligenza artificiale inserito su WhatsApp senza aver chiesto il consenso
July 29, 2025
Perché l'Antitrust italiana contesta l'introduzione di Meta AI in WhatsApp
REUTERS |
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), agendo in stretta cooperazione con i competenti uffici della Commissione Europea, ha avviato un procedimento istruttorio nei confronti di Meta Platforms, casa madre di Whatsapp. Nello specifico, l’autorità italiana sostiene che la big tech americana abbia abusato della propria posizione dominante nell’ambito della messaggistica, pre-installando, senza consenso degli utenti, il suo servizio di intelligenza artificiale, Meta AI, sull’app WhatsApp. Lo ha fatto ponendo Meta AI, progettato per rispondere a domande di varia natura e offrire interazioni simili a quelle degli assistenti digitali, sulla schermata principale e integrandolo nella barra di ricerca. Per citare solo un dato che offre la misura della pervasività di WhatsApp in Italia: viene utilizzato dal 90% degli italiani ogni mese (Digital 2025 di We Are Social).
Secondo i funzionari dell’Agcm che hanno già svolto ispezioni nelle sedi della controllata italiana di Meta, il rischio è che gli utenti possano diventare dipendenti dal servizio Meta AI, che nel tempo migliorerebbe la qualità delle risposte grazie ai dati forniti dagli stessi utenti, riducendo di fatto la possibilità di adottare soluzioni concorrenti. Dal canto suo, Meta ha risposto all’avvio dell’istruttoria, sostenendo che «offrire l’accesso gratuito alle nostre funzionalità di intelligenza artificiale su WhatsApp dà a milioni di italiani la possibilità di utilizzare l’IA in un luogo che già conoscono». Se Meta ha anche ribadito che l’opzione AI è un servizio del tutto facoltativo, l’Autorità garante della concorrenza italiana ha invece sottolineato che Meta AI, da marzo 2025, è stata introdotta «senza alcuna richiesta preventiva da parte degli utenti», combinando il servizio di IA quello di messaggistica.
Restando nell’ambito della regolamentazione e dello sviluppo dell’IA Google ha annunciato l’intenzione di firmare il Codice di buone pratiche dell’Ue sui modelli di IA per finalità generali (Gpai), pur con qualche riserva. «Lo facciamo con la speranza che questo Codice, una volta applicato, promuova l’accesso dei cittadini e delle imprese europee a strumenti di IA sicuri e di prima qualità non appena saranno disponibili» ha spiegato Kent Walker, presidente degli affari globali di Google e Alphabet. «In particolare - ha avvertito Walker - le deroghe al diritto d’autore dell’Ue, i passaggi che rallentano le approvazioni o i requisiti che espongono i segreti commerciali potrebbero ostacolare lo sviluppo e la diffusione dei modelli europei, danneggiando la competitività dell’Europa». Il Codice di buone pratiche, strumento di natura volontaria elaborato da 13 esperti indipendenti, con il contributo di oltre mille parti interessate, fornisce delle precisazioni su una serie di norme previste nell’AI Act che si applicheranno, a partire da sabato 2 agosto, ai fornitori di modelli Gpai, in particolare quelli con rischi sistemici come Gpt-4 di OpenAI, Gemini di Google e Grok di xAI.
La Commissione europea renderà noto l’elenco dei firmatari domani, primo agosto, un giorno prima dell’entrata in vigore delle norme sui modelli Gpai. Le bozze circolate del Codice avevano suscitato le proteste degli addetti ai lavori che avevano denunciato pressioni da parte delle big tech per annacquare il testo. Finora hanno dichiarato la loro intenzione di firmare il Codice OpenAI, Antrophic e i due campioni dell’IA europea, la francese Mistral AI e la tedesca Aleph Alpha. Microsoft sembra orientata ad aderire all’iniziativa, mentre Meta ha dichiarato che non firmerà il testo.
La stessa società di Menlo Park, meno di tre giorni fa, aveva annunciato anche la cessazione di ogni forma di pubblicità politica, elettorale e sociale su Facebook e Instagram nell’intero territorio dell’Unione Europea a partire da ottobre, di fatto, prendendo le distanze dai principi cari all’Europa nella regolamentazione del digitale. Secondo Sandro Gozi, eurodeputato di Renew Europe e segretario generale del Partito democratico europeo: si tratta «dello stesso schema visto sul regolamento europeo sulla trasparenza e la targettizzazione della pubblicità politica: invece di rispettare le nuove regole, Meta ha preferito annunciare il blocco degli annunci a pagamento su temi politici. Sempre la stessa strategia: ignorare le regole, evitare la trasparenza, consolidare il controllo sul mercato prima che le norme entrino pienamente in vigore».

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