L'incubo dei tagli porta in piazza (di nuovo) gli agricoltori a Bruxelles

La mobilitazione dei trattori decisa da Copa Cogeca per bloccare l’ipotesi di accorpamento dei fondi della politica agricola comune. «Non accettiamo lo scippo della Pac». Cosa rischia l'Italia
July 15, 2025
L'incubo dei tagli porta in piazza (di nuovo) gli agricoltori a Bruxelles
Ansa | La protesta dei trattori organizzata dalle associazioni degli agricoltori a Bruxelles nel febbraio 2024: oggi è attesa una replica della mobilitazione
Oggi i trattori torneranno a “marciare” su Bruxelles. La mobilitazione, che la Coldiretti ha già avviato martedì, è stata decisa dal Copa Cogeca, che riunisce le rappresentanze agricole e le cooperative, per bloccare l’accorpamento dei fondi della politica agricola comune e quelli di coesione in un fondo unico nel Quadro Finanziario Pluriennale (Qfp) 2028-2034. Oggi si attendono le proposte formali della Commissione.
L’ipotesi dell’accorpamento è stata avanzata nel febbraio di quest’anno anche allo scopo di reperire le risorse necessarie per il riarmo (circa 800 miliardi). In queste ore, la Commissione sta presentando il nuovo Qfp ma non circolano bozze di regolamento, segno che la discussione sarà lunga. Al momento, il Qfp – ossia il bilancio a lungo termine che finanzia i programmi e le azioni europee, da agricoltura a migrazione, quindi anche difesa, e che si intreccia con il fondo post pandemia NextgenerationEU – resta suddiviso per rubriche. Il Parlamento ha espresso il principio di proteggere il budget Pac all’interno del bilancio 2021-2027 e proprio ieri i relatori hanno minacciato di bloccare i negoziati se la Commissione prevederà una gestione centralizzata del futuro bilancio. La presidente von der Leyen ieri avrebbe fatto alcune concessioni per evitare spaccature nell’esecutivo dove Raffaele Fitto e Roxana Minzatu stanno premendo in favore delle campagne.
Oggi le risorse della politica agricola ammontano al 31% del Qfp e l’idea della Commissione è “dissolverle” dentro il fondo unico, il che presuppone la soppressione degli strumenti tradizionali (Feaga per i pagamenti diretti e sostegno al mercato, oggi 291 miliardi, e Feasr per lo sviluppo rurale, oggi 95,5 più gli 8 provenienti dal programma NextGenerationEu e destinati a sostenere la transizione verde e digitale delle zone rurali). Certo, si parla di “proteggere” 291 miliardi, ma se si considera che l’attuale Qfp (202127) stanziava 387 miliardi, di cui i pagamenti diretti ne assorbivano appunto 291, questa “protezione” più che una rassicurazione è la ratifica del taglio di risorse. Incertezza anche sui fondi destinati all’agricoltura per le calamità e gli eventi geopolitici e sui programmi nazionali cofinanziati: viene messo a repentaglio il principio di politica comune in quanto ogni Stato potrebbe gestire come vuole le risorse. Sicuramente, a rischiare di più, però, sono le risorse agricole che finora hanno finanziato sviluppo rurale, ecologia, gestione del mercato e resilienza.
L’aggressione ha rotto la tregua tra produttori europei e Commissione, dopo i proclami sulla “centralità dell’agricoltura” con cui la Von der Leyen si era fatta rieleggere, confermati dal commissario Hansen dopo l’insediamento. Un dietrofront sorprendente. A seguito della pandemia e in piena guerra, si pensava che l’esecutivo fosse più attento al settore primario, che garantisce la sicurezza alimentare degli europei ed è già gravato da molti extra-costi generati dal Green Deal, che ne minano la competitività. Invece sono arrivate le “voci” di un taglio del 20%, pari a 80 miliardi su 400 (senza calcolare l’inflazione), che per l’Italia vorrebbe dire 8 miliardi in meno rispetto ai 38 già assegnati all’agricoltura. Reazione negativa da tutti i sindacati italiani e mutismo assoluto del mondo ambientalista che vede nel settore primario un nemico da annientare, a prescindere dal fatto che l’Europa dipende sempre di più da importazioni di dubbia salubrità e gli agricoltori sono gli unici a occuparsi realmente di salute dei suoli, biodiversità e difesa idraulica.
Riallocare tutte le risorse in un fondo unico è una mossa chiaramente diretta ad avere le mani libere nel negoziare i finanziamenti, consolidando il potere decisionale degli eurocrati e il Copa Cogeca già in febbraio chiariva che «le modifiche previste, se introdotte, non porterebbero né semplicità né riduzione della burocrazia», paventando «conseguenze disastrose per il settore agricolo dell'Ue» e i 9 milioni di agricoltori che ci campano, ma anche per «la stabilità e le prestazioni della catena agroalimentare dell'Ue, aumentando le differenze tra gli Stati membri e la conseguente frammentazione del mercato unico». Questa scelta comprometterebbe anche l’evoluzione green del settore, in quanto non sarebbe più possibile, senza un budget agricolo, effettuare quegli investimenti pluriennali che permettono alle nostre aziende di essere più sostenibili senza perdere competitività. Al contrario, dunque, i produttori invocano un maggiore bilancio agricolo, l’adeguamento degli aiuti all’inflazione e il mantenimento della Pac a pilastri, centralizzata e coordinata, oltre a sinergie tra fondi pac e strutturali.
Bruxelles tuttavia rifiuta lo status quo e sostiene che, visto che oltre il 90 % del Qfp 20212027 e di NextGenerationEu è preassegnato a scopi, programmi o dotazioni nazionali specifici, un sistema di bilancio unico renderebbe tutto più flessibile, mirato, incisivo e semplificato, migliorando la capacità di risposta alle crisi future. Quanto ci sia di vero e quanto nasconda la volontà di aver mani libere nella gestione del denaro pubblico è difficile dirlo. Sicuramente gli agricoltori temono di essere messi in competizione nell’assegnazione dei finanziamenti con finanza, industria, migrazione, difesa; i consumatori-elettori non si rendono conto, dal canto loro, che queste scelte portano alla concentrazione della proprietà fondiaria in mano a pochi soggetti finanziari, con ovvie ricadute negative sulla borsa della spesa.

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