Da Parigi a Oslo, in Europa si torna a discutere di patrimoniale

Tra modelli frammentari e imposte mirate, la wealth tax divide i Paesi
September 8, 2025
Da Parigi a Oslo, in Europa si torna a discutere di patrimoniale
Imagoeconomica | Banconote norvegesi
Tra la crisi di governabilità in Francia e le elezioni in Norvegia è tornato in Europa il dibattito sulla patrimoniale. Strumento di equità sociale per alcuni, spauracchio che mette in fuga i capitali per altri, la tassa sul patrimonio complessivo torna spesso quando si parla di conti pubblici in affanno. E se questo non è il caso della Norvegia, il cui fondo sovrano corrisponde a un patrimonio di circa 200.000 euro per ogni abitante, lo è certamente per la Francia, dove ciclicamente la patrimoniale viene presentata come una misura per sanare il debito pubblico tra i più alti d’Europa.

La caduta del governo di François Bayrou - il quarto in un anno in una crisi senza precedenti nella Quinta Repubblica - costringerà il presidente Emmanuel Macron a nominare un nuovo premier. Tra le ipotesi c’è anche una guida socialista, prospettiva che preoccupa i conservatori dato che, tra le priorità del partito, c'è proprio la tassa sul patrimonio complessivo. Intanto, in Norvegia – Paese extra-Ue ma cruciale per i Ventisette, soprattutto come secondo fornitore di gas al mercato europeo – si sono concluse le elezioni. Come previsto, hanno vinto i Laburisti con il 28% dei voti, confermando il premier uscente Jonas Gahr Støre. Ma il vero exploit è stato dei populisti del Partito del Progresso, che hanno raddoppiato i consensi sfiorando il 24%. Al centro della campagna elettorale, le questioni economiche e soprattutto, ancora, la patrimoniale.

In Norvegia, Paese con un welfare avanzato e poco meno di 6 milioni di abitanti, la tassa sul patrimonio –la formuesskatt - è stata introdotta nel 1892, poco prima dell’indipendenza dalla Svezia. Oggi prevede un'aliquota dell'1% sui patrimoni oltre 1,7 milioni di corone (circa 144.000 euro), che sale all'1,1% su quelli superiori a 20 milioni di corone. Viene riscossa annualmente e calcolata sul netto, cioè sommando il valore di immobili, risparmi, investimenti e azioni e deducendo i debiti. Anche le società private sono conteggiate come parte del patrimonio dei proprietari. Sono previste alcune riduzioni, ad esempio la prima casa viene tassata solo al 25% del suo valore.
Per i Laburisti, la formuesskatt resta un pilastro della politica fiscale che consente oggi allo stato di restare tra i più egualitari d’Europa. A contrastarla sono la destra e i populisti, che ne hanno chiesto la riduzione o l’abolizione, sostenendo che disincentivi gli imprenditori e allontani gli investimenti. Nel 2023 almeno 50 cittadini norvegesi con patrimoni superiori a un miliardo di corone hanno trasferito la residenza in Svizzera, dove pure esiste una patrimoniale, ma applicata a livello cantonale e con aliquote ed esenzioni variabili.

Da qui il dilemma che ha animato le elezioni: conviene di più mantenere una tassa alta, rischiando di far fuggire i capitali, oppure ridurla per trattenere ricchi contribuenti che resterebbero a investire nel Paese? Su tutto resta il dato: oggi l’imposta patrimoniale porta alla Norvegia circa 32 miliardi di corone (2,7 miliardi di euro) l’anno: un gettito modesto per i circa 720.000 contribuenti coinvolti, ma fondamentale per sostenere lo stato sociale.

Ma di patrimoniale si parla in più di una lingua europea. Il dibattito sulla wealth tax è un tema ricorrente, tra Paesi in cui compare a ogni tornata elettorale e Paesi in cui resta un tabù.
Per chiarezza, con patrimoniale qui si fa riferimento a una tassa sul patrimonio complessivo con cadenza annuale. Esistono anche prelievi una tantum, ma non sono al centro delle discussioni attuali. Secondo la classificazione Ocse (2018), le principali imposte patrimoniali sono: quelle ricorrenti sugli immobili, sulla ricchezza netta (di individui e imprese), sulle successioni e donazioni, e infine sulle transazioni finanziarie.
Tra i Paesi dell’Unione europea, oggi, solo la Spagna adotta una patrimoniale vera e propria, ovvero per come l’abbiamo definita, una tassa sul patrimonio complessivo con cadenza annuale. Si tratta di un’imposta progressiva sul patrimonio netto oltre i circa 700.000 euro, con aliquote che variano tra 0,16% e 3,5%, a seconda delle regioni autonome. In alcune, come Madrid o l’Andalusia, si applicano esenzioni totali, creando una concorrenza fiscale interna, con alcune regioni che cercano di attrarre investimenti grazie a una minore pressione fiscale sui patrimoni. Quel genere di dumping per cui l’Italia è stata recentemente accusata da Bayrou, insomma.

E, parlando d'Italia, qui le imposte patrimoniali esistono in forma indiretta. Lo sono l’Imu sulla seconda casa, le imposte sui conti correnti; lo è lo 0,2% sugli investimenti finanziari all’estero e l’1,06% sugli immobili situati all’estero. Sono solo alcuni esempi ma servono a visualizzare come viene tassato il patrimonio nel nostro Paese: in maniera frammentaria e con percentuali diverse su ogni bene. Quanto alla stoccata di Bayrou, appare pienamente comprensibile se si pensa all’eredità. L’Italia è un piccolo paradiso fiscale per le imposte sulla successione, con aliquote tra il 4% e l’8% e una franchigia di un milione di euro.

In molti Paesi europei la tassa sul patrimonio complessivo netto non c’è, ma esiste su specifici asset; l'Italia è uno di questi. Un altro esempio è il Belgio, dove dal 2021 esiste una tassa di solidarietà dello 0,15% su titoli maggiori di 1 milione di euro.
Nei Paesi Bassi lo Stato tassa un rendimento presunto sul patrimonio (esclusa la prima casa, tassata separatamente), applicando un’aliquota piatta del 36% sui redditi figurativi calcolati sul patrimonio eccedente i 57.000 euro.

E veniamo infine alla Francia, dove la impôt sur la fortune (Isf) introdotta nel 1989 è stata sostituita nel 2018 da un’Impôt sur la Fortune Immobilière (Ifi). Mentre l’Isf era una tassa sul patrimonio piuttosto robusta, l’Ifi si concentra unicamente sui patrimoni immobiliari delle famiglie francesi, tassando quelli che superano il milione di euro. Nessuna tassazione su attività finanziarie e investimenti mobiliari. A febbraio, i Verdi hanno proposto l’imposta Zucman, una tassa del 2% sui patrimoni superiori a 100 milioni di euro, per un ritorno stimato di 15 miliardi di euro. Adottata all’Assemblea nazionale francese, la misura è stata bocciata a giugno dal Senato. Ma torna indietro come un boomerang con la caduta del governo e la possibilità di un premier socialista. Il nome deriva dall’economista Gabriel Zucman, direttore del think tank EU Tax Observatory. Zucman ha stimato come una tassa minima del 2% sui patrimoni superiori a 100 milioni di euro, limitata ai 537 miliardari europei, potrebbe generare 67 miliardi l’anno: una cifra sufficiente a coprire un quarto degli investimenti necessari per la difesa comune europea. Un’aliquota del 3% ne coprirebbe quasi la metà.

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