Alla ricerca del rilancio con nuovi profili e motivazioni

Aperta una “stagione straordinaria” di reclutamento: tra gennaio 2024 e metà aprile 2025 sulla piattaforma inPA sono stati pubblicate procedure per il reclutamento di oltre 406mila persone
July 1, 2025
Alla ricerca del rilancio con nuovi profili e motivazioni
Archivio | La Pa si rinnova: accordo Adm-Polimi
La Pubblica amministrazione italiana è alla ricerca di nuovi profili e di motivazioni. Il settore pubblico è stato spesso descritto come lento, carente di personale e sfiduciato, ma oggi molto sta cambiando, anche grazie all’impulso del Pnrr-Piano nazionale di ripresa e resilienza e alle politiche di rilancio istituzionale, come il decreto Pa. Lo evidenzia la ricerca dedicata al tema Verso una Pa aumentata: persone, tecnologie, relazioni. L’indagine è stata realizzata da Fpa attraverso interviste a oltre mille tra dipendenti pubblici italiani e operatori del settore, integrata con i dati sulle procedure concorsuali attivate su InPA negli ultimi 15 mesi.
La ricerca sottolinea come nella Pa sia stata aperta una nuova “stagione straordinaria” di reclutamento: tra gennaio 2024 e metà aprile 2025 sulla piattaforma inPA sono stati pubblicate procedure per il reclutamento di oltre 406mila persone, di cui 380mila attraverso bandi di concorso (il resto mediante avvisi per la ricerca di esperti, mobilità e concorsi Dfp-Formez). Una mobilitazione senza precedenti per quantità, ma anche per tipologia di profili: oltre a 130mila posti amministrativi e contabili, si contano infatti 8.894 posizioni per profili digitali, 17.774 per tecnici, 2.306 per esperti giuridici e 137mila per figure educative e formative. E in Italia si registra una nuova percezione positiva del lavoro pubblico: il 76% dei dipendenti pubblici consiglierebbe a un amico o parente di lavorare nella Pa, equamente divisi tra chi lo farebbe per le opportunità di crescita professionale (38%) e chi per la stabilità e sicurezza (38%).
Una percezione che si accompagna a una ritrovata consapevolezza del valore del lavoro pubblico: circa sette lavoratori della Pa su dieci pensano che il loro ruolo attuale sia importante per la comunità e il 67% è soddisfatto del ruolo ricoperto nell’organizzazione. In generale, il 45%, dei dipendenti pubblici percepisce miglioramenti nella Pa italiana nell’ultimo triennio, solo il 18% vede passi indietro, con avanzamenti soprattutto nella digitalizzazione e nella comunicazione a cittadini. Anche se non mancano i problemi ancora da superare, soprattutto nella semplificazione normativa, nella valorizzazione del merito e nella fiducia interna.
La rinascita delle motivazioni dei dipendenti pubblici è sostenuta da una serie di trasformazioni strutturali che della Pa hanno cominciato a produrre effetti. La prima è la digitalizzazione, che è considerata il principale fattore di miglioramento per il 38% del campione. Anche se, guardando il livello effettivo raggiunto dal digitale nella Pa, la fiducia è cauta: gli intervistati si dividono tra chi lo considera un livello “ottimo” o “buono” (il 48%) e chi “sufficiente” o “scarso” (il restante 52%), segno di un processo avviato, ma ancora incompiuto. L’altro fattore di miglioramento (meno netto) è la comunicazione pubblica verso i cittadini: il 14,3% rileva progressi, ma c’è anche un 9,1% che continua a vederla come un punto debole: nelle amministrazioni che comunicano meglio, la fiducia cresce; in quelle che si chiudono, la distanza torna a farsi sentire.
Il maggior punto di debolezza è la semplificazione normativa, che resta critica per il 34% dei dipendenti pubblici: le regole, spesso stratificate e incoerenti, continuano a ingessare l’azione amministrativa. Ma è critica anche la valorizzazione del merito: con oltre il 30% di giudizi negativi, le risposte evidenziano ancora un ampio scollamento tra performance e riconoscimento. E si evidenzia un problema di fiducia interna: il clima organizzativo resta debole, soprattutto nelle relazioni tra ruoli apicali e operativi. È necessario lavorare sulla leadership, sulla chiarezza degli obiettivi, sulla costruzione di ambienti psicologicamente sicuri, in cui esprimersi sia possibile senza timori.
Se la motivazione dei dipendenti pubblici cresce, è anche perché stanno cambiando molti aspetti organizzativi. Nella Pa il lavoro di gruppo è ormai ampiamente diffuso: il 68% dei dipendenti pubblici opera in una combinazione tra lavoro di team e individuale, il 13% prevalentemente in team, anche se c’è una porzione minoritaria - il 19% - che lavora prevalentemente da sola, soprattutto tra funzioni più tecniche
Il 42% di chi lavora in team lo fa in gruppi trasversali che coinvolgono più enti o strutture, segno che la logica dell’operare a “silos” sta cedendo il passo a quella della rete. Una trasformazione culturale prima che organizzativa, forse determinata dall’ampio coinvolgimento delle Pa nei progetti Pnrr che coinvolgono più strutture. Una risorsa utile per superare molti limiti nell’azione della Pa, se sarà sostenuta da una leadership che promuove fiducia e autonomia.
Sul clima organizzativo della Pa si evidenziano luci, ma anche diverse ombre. Bene la promozione della parità di genere, su cui i giudizi positivi (48%) superano quelli negativi (23%). Sull’inserimento dei neoassunti i giudizi positivi e negativi si equiparano. Non bene la promozione del benessere organizzativo (44% di giudizi negativi) e la definizione degli obiettivi per le valutazioni delle performance (45%). Ma sono particolarmente critici soprattutto i giudizi sul riconoscimento del merito (il 53% dei voti è negativo), sulla crescita professionale e la chiarezza delle prospettive di carriera (56% negativi).
Social media e digital manager nella Pa
Anche la Pa deve poter schierare un social media manager - e secondo stime ce ne vorranno almeno 20mila - in quanto tra web e social network, sono oltre 10mila al giorno i "volumi di conversazione" tra utenti e Pa, ossia 310mila al mese con 70mila utenti coinvolti al mese. Dati importanti (rilevati da una ricerca Bigda per il sindacato Flp), mentre emerge anche che il quadro della digitalizzazione non è incoraggiante. Il 53% degli enti locali (Regioni, Province, Città metropolitane, Comuni, Asl, ospedali) ha un sito internet solo informativo e non abilitato al dialogo con l'utenza. E solo il 30% permette pagamenti on line sul proprio portale. Il decreto Pa, convertito nella legge 69 del 2025, ha introdotto la possibilità per gli enti pubblici di istituire nuove figure professionali con l'intento di migliorare la comunicazione con cittadini e imprese. Si tratta di un nuovo profilo «competente nelle strategie comunicative specifiche per i social» da individuare nel personale in servizio o nell'ambito di nuove assunzioni autorizzate a legislazione vigente. Secondo Marco Carlomagno, segretario generale della Flp, «mi sembra sia il momento di allontanarsi dall'idea della Pubblica amministrazione come un gigantesco sistema feudale, per tornare all'articolo 98 della Costituzione, e cioè che gli impiegati pubblici siano al servizio esclusivo della nazione, per soddisfare i bisogni dei cittadini e, in alcuni casi, prevenire le loro esigenze, seguendo il principio base della trasparenza».
Anche l'incontro Social media e digital manager - svolta storica nella Pa: novità, numeri e prospettive, promosso da Pa Social, Fondazione Italia Digitale, Digitale Popolare e Osservatorio Digitale ha segnato un passaggio storico per l'innovazione e la digitalizzazione della comunicazione pubblica italiana. Francesco Di Costanzo, presidente di Pa Social e della Fondazione Italia Digitale, ha sottolineato l'importanza dell'introduzione ufficiale della figura del social media e digital manager nella Pa. ​​Di Costanzo ha parlato di un traguardo fondamentale, frutto di un lungo percorso, che finalmente riconosce una professionalità centrale per la comunicazione istituzionale, l'informazione pubblica e la gestione dei canali digitali. Ha inoltre evidenziato come oltre il 40% dei giovani consideri questa tra le professioni digitali più attrattive, secondo i dati raccolti da Piepoli e Talent Garden, e come in Italia si contino oltre 830mila professionisti che su LinkedIn dichiarano una competenza social, a fronte di oltre 20mila già attivi nella Pa. «Ora è il momento di costruire percorsi chiari di competenze, inquadramenti e formazione - ha spiegato - per valorizzare il personale esistente che finalmente può avere un riconoscimento e aprire a nuove assunzioni».

A seguire, Giuseppe Ariano, componente del direttivo nazionale di Pa Social, ha tracciato le tappe dell'impegno portato avanti dalla rete per ottenere un riconoscimento normativo della figura professionale. Sono poi intervenuti i deputati Federico Mollicone -presidente della commissione Cultura della Camera e tra i firmatari dell'emendamento al decreto Pa che ha riconosciuto la figura professionale dei social e digital manager nella Pa - Antonino Iaria, Chiara Tenerini e Andrea Casu, che hanno sottolineato il valore della norma approvata e la necessità di una sua rapida attuazione. Ha preso parte all'incontro anche il professor Alberto Marinelli, in rappresentanza della Siscc-Società italiana di Scienze della comunicazione e dei corsi universitari in Scienze della comunicazione, portando il punto di vista accademico sulla formazione dei futuri professionisti del settore. Il confronto ha ribadito la centralità della comunicazione pubblica digitale come leva strategica per costruire una Pa più vicina, trasparente e accessibile. La figura del social media e digital manager diventa oggi un presidio fondamentale per garantire qualità, responsabilità e innovazione nella gestione delle relazioni digitali tra istituzioni e cittadini.
«Questa innovazione rappresenta non solo un adeguamento normativo, ma soprattutto un cambio di paradigma culturale nella concezione stessa del servizio pubblico e del rapporto tra Stato e cittadini. Ringrazio il ministro Zangrillo e il sottosegretario Barachini per la collaborazione istituzionale e Pa Social e il presidente Di Costanzo per il grande impegno. Ho lavorato come responsabile comunicazione di un ministero per molti anni, per questo comprendo a pieno la necessità del riconoscimento della figura professionale. E' una riforma condivisa e che era attesa da molti anni». Così è intervenuto Mollicone.
«La legge 150 del 2000 ha rappresentato, all'epoca della sua emanazione, una pietra miliare nella regolamentazione della comunicazione pubblica. Tuttavia, in questi venticinque anni, il mondo è radicalmente cambiato. La rivoluzione digitale, la diffusione capillare delle piattaforme social, l'avvento dell'intelligenza artificiale e delle nuove tecnologie immersive come la realtà virtuale hanno trasformato il modo in cui le persone si informano, interagiscono e partecipano alla vita pubblica. Oggi, il cittadino non è più solo un destinatario passivo di informazioni, ma un interlocutore attivo, che chiede trasparenza, tempestività, dialogo e personalizzazione dei servizi. In questo scenario, la normativa del 2000 appare inevitabilmente superata. Non basta più comunicare: occorre farlo in modo coordinato, efficace, sicuro e innovativo, sfruttando appieno le potenzialità offerte dagli strumenti digitali. Questa riforma - ha quindi aggiunto Mollicone - rappresenta una risposta concreta e lungimirante alle sfide della contemporaneità. Il Parlamento ha saputo ascoltare le istanze della società civile, delle amministrazioni e degli stessi operatori della comunicazione pubblica. Oggi, nelle nostre amministrazioni, circa 20mila dipendenti si dedicano già alla comunicazione digitale e lo fanno spesso senza un inquadramento formale e un riconoscimento istituzionale del loro ruolo. Con questa riforma, finalmente, queste professionalità avranno un riconoscimento giuridico e potranno operare in un quadro di chiarezza, tutela e valorizzazione delle competenze».
La Pa Centrale è in burnout
Dalla valutazione delle risposte fornite dai primi mille lavoratori e lavoratrici delle funzioni centrali della Pa al questionario per la rilevazione dello stress lavoro correlato, somministrato da Usb Pi in collaborazione con Rete Iside, emerge un quadro preoccupante che evidenzia con nettezza un elevato rischio per la salute e la sicurezza dei dipendenti pubblici.
Il questionario, somministrato in forma anonima e seguendo le Linee Guida dell’Inail, seppur privo al momento di rilevanza statistica demolisce definitivamente lo stereotipo di un comparto considerato privilegiato rispetto al resto del mondo del lavoro e affetto da “fannullonismo”.
L’indagine analizza cinque macroaree: l’intensità dei carichi e la velocità di lavoro, il grado di autonomia lavorativa, la consapevolezza del ruolo ricoperto all’interno dell’organizzazione del lavoro, il livello di coinvolgimento nei cambiamenti organizzativi, l’effetto della valutazione della performance.
Oltre il 90% delle lavoratrici e dei lavoratori dichiarano di essere obbligati a lavorare molto intensamente, velocemente (82%), costretti a trascurare altri compiti (85%), di non avere alcuna libertà decisionale sul proprio lavoro (59%) né autonomia rispetto ai tempi di esecuzione delle proprie attività (69%). È facile intuire la ricaduta che questi dati hanno sulla qualità dei servizi erogati dalla Pa.
Inoltre, i lavoratori e le lavoratrici non capiscono in che modo il proprio lavoro si inserisca negli obiettivi generali dell’organizzazione del lavoro dell’amministrazione di appartenenza (49%), ritengono che gli incarichi vengano affidati dai dirigenti in maniera arbitraria (65%), che non esista alcuna possibilità di fare formazione adeguata durante l’orario di lavoro (72%), di non ricevere una formazione adeguata all’introduzione di innovazioni digitali (83%).
Ancora, il personale lamenta di non essere consultato in merito ai cambiamenti introdotti (83%), di non avere l’opportunità di chiedere spiegazioni in merito ai cambiamenti (65%), che il sistema di valutazione della performance non è né trasparente né oggettivo (80,25%) e che questo aspetto incide negativamente sulla propria serenità lavorativa (67%).
Emergono, inoltre, numerose criticità legate all’adeguatezza degli spazi di lavoro, all’annullamento di spazi collettivi dove poter consumare il pasto o effettuare riunioni o assemblee, la mancanza di controllo dei punti di accesso, la presenza di amianto nelle sedi di lavoro, l’omessa manutenzione di spazi e strumenti di lavoro. Non bastasse, a rendere più tossico l’ambiente di lavoro si aggiungono molestie personali sottoforma di parole e/o atteggiamenti e discriminazioni di genere.
Accordo Adm-Polimi
L'Adm-Agenzia delle dogane e dei monopoli e il Politecnico di Milano hanno firmato un accordo di collaborazione finalizzato a sviluppare attività congiunte in ambito tecnologico, scientifico e di ricerca. La firma dell'intesa segna l'inizio di una partnership strategica che mira a promuovere l'innovazione, migliorare la formazione accademica e professionale e sviluppare progetti di trasformazione digitale della Pa. L'accordo, siglato dal direttore dell'Agenzia Roberto Alesse e dalla rettrice del Politecnico Donatella Sciuto, pone le basi per un lavoro comune in numerosi ambiti, tra cui la ricerca applicata, lo sviluppo di soluzioni innovative, la progettazione di percorsi formativi e la partecipazione a bandi di finanziamento europei. Le due Istituzioni collaboreranno per favorire la formazione di studenti e dipendenti attraverso nuove modalità didattiche e attività di ricerca su temi rilevanza scientifica. Tra gli obiettivi principali della collaborazione, si segnala la promozione di studi su innovazioni tecnologiche, l'adozione di soluzioni innovative per il settore pubblico e privato, nonché il rafforzamento delle attività formative per accrescere la competitività del Paese in ambito tecnologico.
«Lavorare con un’eccellenza accademica come il Politecnico di Milano consente all’Agenzia delle dogane e dei monopoli di coniugare innovazione scientifica, ricerca applicata e alta formazione, con l’obiettivo di costruire una Pubblica Amministrazione più moderna e tecnologicamente avanzata. Questa collaborazione è per noi una sfida strategica che intendiamo affrontare con visione e metodo, nella consapevolezza che l’innovazione tecnologica non è un fine in sé, ma uno strumento per migliorare concretamente i servizi offerti a cittadini e imprese», ha affermato Alesse.
«L'innovazione ha un ruolo chiave nello svolgimento delle funzioni di vigilanza. Per questo siamo estremamene felici di questo accordo con l’Agenzia. Innovare significa prefigurare nuovi scenari, che vanno dalla ricerca di soluzioni e tecnologie d’avanguardia, con progetti significativi di innovazione digitale della pubblica amministrazione, alla formazione del capitale umano, responsabile di scelte di forte impatto a livello economico e sociale. Il Politecnico di Milano crede fortemente nella collaborazione scientifica con partner del mondo pubblico e privato per contribuire alla crescita del Paese», ha dichiarato Sciuto.
L'accordo avrà una durata di 36 mesi, con la possibilità di rinnovarlo per ulteriori tre anni, e prevede l'impiego di risorse, competenze e strutture da parte di entrambe le istituzioni.

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