Come la Germania tra auto in crisi e licenziamenti sta tentando la strada delle riforme
L'ex locomotiva d'Europa è in grande difficoltà: vertenze pesanti (con licenziamenti) per Bosch, Volkswagen, Mercedes e Bmw

Il tempo sta per scadere, bisogna fare qualcosa e in fretta. È lo stato d’animo più diffuso con cui la Germania ha vissuto e celebrato nei giorni scorsi il suo trentacinquesimo Giorno dell’Unità. I tedeschi sono ormai consapevoli di non vivere più in quel Paese ricco, stabile e florido di solo pochi anni fa. L’esecutivo guidato da Friedrich Merz è alla vigilia di un autunno cruciale, lo stesso cancelliere lo ha definito “l’autunno delle riforme”, nel corso del quale si inizierà a comprendere se la Germania potrà tornare ad essere, come tanti tedeschi ed europei si augurano, la locomotiva d’Europa. «Faremo di tutto per far ripartire l’economia del Paese», ha sottolineato Merz dopo l’ultimo vertice con i 17 ministri dell‘esecutivo, svoltosi alla Villa Borsig alle porte di Berlino. Il cancelliere è apparso moderatamente ottimista, ma anche preoccupato. La situazione internazionale e la congiuntura economica non garantiscono la ripartenza, promessa per il 2026.
I conservatori dell’Unione Cdu/Csu ed i socialdemocratici della Spd continuano a convivere nel governo, più per responsabilità che per convinzione politica. E la destra ultranazionalista di Afd prosegue la sua avanzata in tutta la Germania, anche strumentalizzando a proprio vantaggio la peggior crisi economica della Repubblica federale tedesca dalla Seconda Guerra Mondiale ad oggi. Alternative für Deutschland sta riscuotendo successo e conquistando fette di elettorato soprattutto in quelle zone, non solo nei länder orientali ma anche in quelli occidentali, dove la crisi sta colpendo spietata, dove le aziende della grande industria continuano a tagliare posti di lavoro. Pochi giorni fa il gigante della componentistica automobilistica ed industriale, Bosch, ha confermato che solo nella sua divisione dei componenti auto, entro il 2030, taglierà 13mila posti di lavoro, la maggior parte in Germania. La sede dell’azienda vicino Stoccarda sarà la più colpita, ma anche gli stabilimenti in aree come Feuerbach e Schwieberdingen vedranno migliaia di tagli. Si tratta di circa il 3% della forza lavoro globale di Bosch. Ma i tagli potrebbero essere rivisti ulteriormente al rialzo, fino a 22mila.
Bosch intende recuperare 2,5 miliardi di euro di perdite “il più rapidamente possibile poiché l’industria automobilistica europea rimane in difficoltà“, hanno sottolineato i vertici dell’azienda di Gorlingen. Il settore dell‘auto tedesco sta pagando errori recenti e passati, come i carenti e inadeguati investimenti nell‘elettrico o ibrido, e l’assenza di un piano di incentivi per l’acquisto di auto elettriche. Hanno peggiorato la situazione la concorrenza cinese e i dazi Usa.
Volkswagen tra prepensionamenti, tagli e chiusura di stabilimenti, prevede una riduzione, solo in Germania, della forza lavoro di circa 35.000 unità entro il 2030. La produzione di Bmw e Mercedes-Benz è crollata, Porsche è uscita dalla borsa di Francoforte. Si rischia una catastrofe economico-industriale, per evitarla il governo di Berlino è sempre più intenzionato a chiedere il rinvio del divieto di vendita dei motori a combustione, previsto da Bruxelles per il 2035. Anche il colosso dell’acciaio Thyssen Krupp sta vivendo una crisi senza fine: i tagli dei posti di lavoro potrebbero superare gli 11.000. E la crisi ha colpito anche il colosso tedesco dei trasporti aerei, Lufthansa, la compagnia di bandiera ha annunciato un piano di revisione che prevede una riduzione di 4.000 lavoratori in diversi settori. Ad agosto, in tutta la Germania il numero di disoccupati ha superato la soglia dei tre milioni per la prima volta in dieci anni. A settembre la situazione è leggermente migliorata, tornando sotto quella soglia, ma per la prima volta dopo mesi è tornata a crescere l’inflazione, al 2,4%. Urgono provvedimenti e soluzioni, a breve termine.
L’esecutivo di Berlino, nella due giorni di vertice, ha approvato un pacchetto di riforme per modernizzare governo e amministrazione. L’obiettivo è ridurre la burocrazia, snellire l’amministrazione, rafforzare la digitalizzazione e utilizzare l’intelligenza artificiale. Entro la fine della legislatura, 2029, si dovrebbero risparmiare 16 miliardi di euro grazie anche al taglio del personale, che dovrebbe essere ridotto di circa l’otto per cento. Per reclutare lavoratori stranieri qualificati sarà creata un’agenzia digitale, la “Work-and-stay-Agentur”, attraverso la quale le questioni relative ai visti o al riconoscimento dei diplomi professionali saranno risolte in modo centralizzato. Ma le sfide più grandi devono ancora venire, come la riforma della previdenza sociale. Lo Stato federale ha già stabilito di dare priorità al settore della Difesa, avvicinando gli investimenti al 3% del pil, ma anche di indebitarsi almeno fino a 500 miliardi di euro per rafforzare la Bundeswehr e modernizzare le infrastrutture. E nel governo si cercano soluzioni per risparmiare sul gigantesco welfare tedesco. Merz non nasconde le difficoltà della sua Germania, ma continua a credere nella ripresa: «Le aziende sono in parte con le spalle al muro o con un piede nell’abisso. Ma non abbiamo scelta: l’economia tedesca deve tornare a crescere».
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