sabato 5 dicembre 2020
Parla il superiore degli Oblati di San Giuseppe. L’8 dicembre ricorre il 150° anniversario della sua proclamazione a patrono della Chiesa universale
Al centro padre Jan Pelczarski, superiore generale degli Oblati di San Giuseppe, fondati ad Asti nel 1878 da san Giuseppe Marello.

Al centro padre Jan Pelczarski, superiore generale degli Oblati di San Giuseppe, fondati ad Asti nel 1878 da san Giuseppe Marello.

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Quando l’8 dicembre 1870 Pio IX proclamò con il decreto «Quemadmodum Deus», san Giuseppe patrono della Chiesa universale, il mondo cattolico viveva un periodo critico dopo la fine dello Stato pontificio. A 150 anni da quel giorno la Chiesa vive un altro momento critico a causa della pandemia. Un parallelo da cui parte padre Jan Pelczarski, superiore generale degli Oblati di San Giuseppe, fondati ad Asti nel 1878 da san Giuseppe Marello.


Padre Pelczarski: affidiamoci con fiducia alla sua intercessione e protezione in questi momenti di crisi


Un anniversario che cade in un altro momento difficile per le comunità a causa della pandemia. Come lo state vivendo?
L’emergenza sanitaria ha cambiato il nostro modo di vivere abituale e ci ritroviamo ad avere preoccupazioni e timori comuni. In questa situazione comunque cerchiamo di cogliere un’opportunità per vivere più profondamente la nostra vocazione e tornare all’essenziale. Al tempo stesso non perdiamo di vista le persone che stanno affrontando altre crisi. All’insegna della solidarietà con i profughi di Cabo Delgado in Mozambico, dove lavorano i nostri missionari, abbiamo lanciato la campagna che ha come obiettivo di far conoscere la loro sorte e rispondere alle loro immediate necessità di accoglienza, di alimentazione e di protezione.

In che modo possiamo cogliere la “protezione” che san Giuseppe sta riservando alla Chiesa?
Viviamo in un tempo segnato dalla crisi della fede in Dio, dalla fragilità a cui sono esposte le famiglie e da varie forme di povertà. La speranza è che il nostro impegno e l’intercessione del patrono della Chiesa universale possano portare a rinnovare lo spirito di fede e creare un mondo più giusto e fraterno. Troviamo anche lo stimolo nelle parole di papa Francesco che, dopo il nostro Capitolo generale, nell’udienza del 30 agosto 2018 ci disse: «Mi piace San Giuseppe, ha tanta “potenza”! Da più di quarant’anni io recito una preghiera che ho trovato in un antico messale francese, che dice su san Giuseppe “… dont la puissance sait rendre possibles les choses impossibles”. Il potere di San Giuseppe. Mai, mai ha detto di no. Dobbiamo prendere coraggio da questo».

Assieme ai Giuseppini del Murialdo e alla Federazione Italiana Suore di San Giuseppe promuovete in questo fine settimana un convegno sulla figura di san Giuseppe. Con quale obiettivo?
L’evento è il frutto della lodevole e ormai abbastanza lunga collaborazione tra gli Istituti religiosi che si ispirano alla figura di san Giuseppe. Organizzato in coincidenza dei 150 anni del decreto Quemadmodum Deus del beato Pio IX, vuole approfondire una lettura cristocentrica della sua figura e costituisce un invito a invocare il patrocino di colui che, a suo tempo, con amore paterno sapeva accompagnare Gesù e prendersi cura di lui.

Un suo confratello, padre Tarcisio Stramare, pochi giorni prima di morire per Covid nel marzo scorso, ribadì in una intervista ad Avvenire che “san Giuseppe è molto amato ma poco conosciuto”. Eppure il suo ruolo è stato tutt’altro che marginale nella storia della Salvezza. Come si può aiutare i fedeli a conoscere di più e meglio il Custode di Gesù?
Padre Tarcisio Stramare, insigne biblista e tra i massimi studiosi di san Giuseppe, anzitutto con rammarico constatava la reticenza di una certa teologia nei confronti del Custode del Redentore. Padre Tarcisio, attraverso la vasta produzione teologica, faceva emergere una figura di san Giuseppe affascinante nella sua semplicità e capace di interpellare anche il credente odierno. E non si stancava di sottolineare che la sua vocazione si cela nella luce del mistero del Verbo incarnato e tra le poche righe del Vangelo che, di passaggio, tracciano i lineamenti essenziali della sua personalità spirituale.

Il Papa ha iniziato il suo pontificato il 19 marzo 2013 e ha dimostrato sempre grande devozione verso san Giuseppe. Cosa significa per una famiglia religiosa?
Nell’omelia di quel giorno papa Francesco ha voluto soffermarsi sul verbo custodire interpretandolo come l’autentica missione di san Giuseppe. Infatti alla scuola del santo falegname di Nazareth, maestro di vita interiore, ci si impara non soltanto a mettere Gesù Cristo al primo posto nella nostra vita ma anche a riconoscerlo nei poveri e bisognosi recuperando il suo inconfondibile stile di servizio umile e operoso. Accanto ai momenti di gioia, insieme con la Santa Famiglia, san Giuseppe dovette rifugiarsi in Egitto ed affrontare la drammatica condizione di profugo. Ricordando questo mistero dell’infanzia di Gesù, nella nostra preghiera quotidiana chiediamo al Custode del Redentore: “Fa’ che tra noi, tuoi figli, si accresca sempre più quella carità che ci porti ad amare tutti gli uomini come nostri fratelli”.

Gli Oblati di san Giuseppe concluderanno un anno dedicato proprio a san Giuseppe. Che bilancio si può fare?
Con l’iniziativa dell’Anno di San Giuseppe si è voluto ricordare i trent’anni della pubblicazione dell’Esortazione apostolica Redemptoris Custos di san Giovanni Paolo II e i 150 anni del patrocinio di San Giuseppe. Ma il richiamo al nostro santo protettore ha costituito per noi l’occasione di andare alle radici della nostra spiritualità e di portare rinnovamento e rinvigorimento alla missione che stiamo svolgendo. Sono sicuro che questo anno di riflessione e di preghiera ci ha aiutato a riaccendere l’amore ardente per Cristo e per l’umanità e a recuperare un tono più alto di vita spirituale e apostolica. Allora, con una rinnovata fiducia nella provvidenza di Dio e nella compagnia di Gesù, Maria e Giuseppe, continuiamo la nostra missione perché, come recita la bella preghiera del nostro fondatore san Giuseppe Marello, “sia lungo o breve il cammino, piano o malagevole, si vegga o non si vegga per vista umana la meta. O in fretta o adagio noi con loro siamo sicuri di andar sempre bene”.

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