venerdì 6 gennaio 2023
L’invito: «Credo che in un campo delicato e importante come quello liturgico sarebbe bene non esagerare in un senso o nell’altro»
Il cardinale Ranjith

Il cardinale Ranjith - Ansa

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I pontificati di Benedetto XVI e di Francesco sono «complementari ». Anche nel campo della liturgia. È il pensiero del cardinale srilankese Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don, 75 anni, arcivescovo di Colombo dal 2009 dopo aver lavorato in Curia ed essere stato nunzio, creato cardinale da Benedetto XVI nel 2010. Lo incontriamo al termine delle esequie del Papa emerito.

Eminenza, la sua fu una delle prime nomine curiali di papa Benedetto dopo la sua elezione nel 2005.

Quando è morto Giovanni Paolo II ero nunzio in Indonesia. Ricordo che quando l’allora cardinale di Jakarta ritornò dal Conclave mi riferì che papa Benedetto gli aveva espressamente chiesto di salutarmi. Lo stesso successe con i vescovi srilankesi di ritorno dalla visita ad limina. Così chiesi di partecipare ad un baciamano dopo una udienza generale. Andai e papa Benedetto mi chiese di andarlo a trovare. In questa udienza privata mi anticipò che mi avrebbe richiamato al servizio della Curia romana. In precedenza infatti, con Giovanni Paolo II, ero stato segretario aggiunto di Propaganda Fide.

Venne chiamato ad essere segretario del dicastero che si occupa della liturgia.

Infatti. Ne fui particolarmente lieto, perché sapevo dell’amore di papa Benedetto per la liturgia in un modo che corrispondeva pienamente al mio sentire. Joseph Ratzinger aveva una visione teologica molto profonda e riteneva che la chiave per la riforma della Chiesa, di fronte al secolarismo e relativismo sempre più invadente, era proprio la liturgia. Personalmente fin da quando ero vescovo diocesano avevo capito che una buona liturgia aiuta le persone a vivere coerentemente.

Lei più volte ha detto che i due tesori della Chiesa sono la liturgia e i poveri.

Ne sono profondamente convinto. Dopo papa Benedetto che ha sottolineato l’importanza della liturgia, ora papa Francesco sta insistendo giustamente perché la Chiesa sia sempre più attenta ai poveri, a tutti i poveri. Agli scartati da questo sistema economico a quelli che soffrono spiritualmente. Perché la povertà spirituale porta ad ogni tipo di schiavitù. Perciò il rinnovamento spirituale è alla base di tutti i rinnovamenti. E in questo senso la liturgia, la vita di preghiera, aiuta ad una riforma radicale, in senso evangelico, della Chiesa.

Nei giorni scorsi è stata pubblicata una intervista in cui l’arcivescovo Georg Gänswein, riferendosi al motu proprio Traditionis Custodes di Francesco per riformare quello con cui papa Benedetto aveva liberalizzato l’uso del Messale preconciliare, afferma: «Credo che papa Benedetto abbia letto questo motu proprio con il dolore nel cuore». Cosa ne pensa?

Non ho letto l’intervista. Credo comunque in un campo importante e delicato come quello liturgico sarebbe sempre bene non esagerare. In un senso o nell’altro. Perché ad ogni azione estrema corrisponde sempre una reazione altrettanto estrema. La liturgia deve essere compresa bene e vissuta col cuore. La liturgia non è solo o necessariamente un insieme di norme che regolamentano vesti, ornamenti e azioni. Bisogna quindi sempre avere un atteggiamento di apertura verso le realtà umane. Senza tradire quello che è stato stabilito dal Vaticano II nella Costituzione Sacrosanctum Concilium. Per fare in modo che la liturgia diventi davvero sale che dà gusto al cibo eucaristico.

Lei è molto legato alla memoria di Joseph Ratzinger ma è anche un sincero ammiratore di Papa Francesco…

Assolutamente. E sono convinto che stiamo parlando di due pontificati complementari. Bisogna capire e fare tesoro dell’insegnamento di papa Benedetto sulla liturgia e d’altra parte seguire fedelmente Francesco nel non far mai cadere l’attenzione della Chiesa per le persone che rimangono ai margini delle nostre società, vittime di un sistema economico basato esclusivamente sulla corsa sfrenata verso il guadagno.


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