sabato 21 gennaio 2023
Parla il priore della comunità ecumenica. La veglia del 30 settembre radunerà giovani da tutto il mondo per trovarsi in piazza San Pietro. All’appuntamento saranno presenti le Chiese cristiane
Frère Alois: ripartiamo dalla preghiera per dare slancio al cammino del Sinodo
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«Non dimentichiamoci della gioia! Certo, siamo in un periodo molto difficile. Ma se osiamo vivere davvero il Vangelo come un’avventura, in una piccola barca che traversa la tempesta, se confidiamo in Cristo e non nelle nostre proprie forze, pure la gioia ci è data in dono. Quest’incontro del popolo di Dio vuole anche essere un momento di gioia evangelica».

Mentre ci parla con un tono umile, respira piano frère Alois, il priore della comunità ecumenica di Taizé che nel 2005 raccolse l’eredità spirituale di frère Roger, in quell’avventura di preghiera, accoglienza e gioia che ha piantato fra le colline francesi della Borgogna un seme di speranza per la Chiesa, contro il «peccato gravissimo» delle sue divisioni, denunciato così da san Giovanni Paolo II. E vengono in mente proprio certe parole di papa Wojtyla, mentre il priore calamita l’attenzione di tre giornalisti d’Olanda, Francia e Italia. Parole del 1986, proprio visitando la comunità da Pontefice: «Si passa a Taizé come si passa accanto a una fonte. Il viaggiatore si ferma, si disseta e continua il cammino».

Perché adesso, come ha annunciato domenica scorsa, papa Francesco chiede a Taizé di portare a Roma la freschezza umile di quella fonte giovane e per i giovani, prima dell’apertura del Sinodo del prossimo ottobre. Come già frère Roger, frère Alois arrivò in Francia da oltrefrontiera. Lo stesso farà giungendo a Roma, con i confratelli.

Il priore è originario dello stesso Sud cattolico tedesco di papa Benedetto XVI, a cui lo scorso 31 dicembre frère Alois ha rivolto un omaggio spontaneo e vibrante, dopo tante udienze personali lungo i decenni, come quella in cui papa Ratzinger gli disse: «A Taizé, avete i canti e il silenzio, voi andate all’essenziale con i giovani, verso una relazione personale con Dio». Così, si avverte il profumo dei messaggi di tre pontefici, mentre il priore evoca più in dettaglio l’evento ecumenico di preghiera e fratellanza del prossimo autunno.

Com’è nato questo progetto?
Nell’ottobre 2021, ero invitato a partecipare all’apertura del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità a Roma. Avevo 5 minuti per parlare e ho insistito sul fatto di vivere questo cammino sinodale nella preghiera. Il Sinodo solleverà molte questioni importanti. La Chiesa si trova a una svolta. Se non viviamo ciò nella preghiera, perderemo qualcosa d’essenziale. Ho proposto dunque un tempo di preghiera prima del Sinodo dei vescovi dell’ottobre 2023, non solo per i padri sinodali che si riuniranno a Roma, ma anche per tutto il popolo di Dio. Ma cos’è il popolo di Dio? Non sono soltanto i cattolici, sono pure i cristiani delle altre confessioni. E sono pure quelle e quelli che stanno ai margini della società, e tutti quelli che ascoltano il grido della terra e dei più poveri… Quest’espressione “popolo di Dio”, che papa Francesco utilizza spesso, deve farci riflettere su un nuovo volto della Chiesa, in vista della pace e della fratellanza nella famiglia umana.
Quest’idea è stata molto ben accolta dal Papa in persona. Mi ha incoraggiato ad avanzare. Abbiamo così cominciato a riflettere con i rappresentanti di tre dicasteri del Vaticano e abbiamo fatto due riunioni di preparazione a Taizé.
Dall’inizio, abbiamo compreso che non potevamo portare un progetto simile da soli, che era anzi un’occasione per metterci in cammino con altri. Abbiamo allora invitato diversi movimenti e comunità cattolici, dei rappresentanti ortodossi, protestanti, anglicani, evangelici, accanto a delle organizzazioni e federazioni ecclesiali, dei movimenti implicati nell’ecumenismo, dei servizi nazionali di pastorale giovanile... E ora, il progetto prende forma.

Come si svolgerà l’incontro?
Sabato 30 settembre, ci sarà una veglia di preghiera ecumenica in piazza San Pietro a Roma, in presenza di papa Francesco e di altri responsabili di Chiese. Sarà integrata da un programma più vasto che durerà tutto il weekend e che s’indirizza in particolare ai giovani fra i 18 e i 35 anni. Saranno invitati a venire a Roma e saranno accolti nelle parocchie e comunità cristiane della città.
Il titolo del weekend è “Together: un incontro del popolo di Dio”. Il sabato mattina, vi saranno diverse strade attraverso Roma con delle stazioni in diversi luoghi, attorno a questioni spirituali, ma anche delle questioni d’attualità e di società. Il pranzo si svolgerà in un luogo centrale a Roma. Poi, all’inizio del pomeriggio, avremo un tempo di lodi animato dai movimenti e dalle comunità carismatici. Dopo, ci incammineremo tutti assieme verso piazza San Pietro per la veglia che sarà introdotta da diverse testimonianze, su diverse realtà di Chiesa e forme d’impegno nella società. Poi, giungerà la veglia, nello spirito della preghiera meditativa, così come la viviamo a Taizé.
La croce di san Francesco potrebbe essere al centro di questa celebrazione, per ricordarci che è Cristo morto e risuscitato che ci unisce. E sarà anche come un’evocazione della chiamata ascoltata da san Francesco d’Assisi: “Ripara la mia Chiesa”.

Immagina già da dove giungeranno i giovani?
Non ci attendiamo di accogliere molti giovani di altri continenti, ma ve ne saranno grazie a tutti quelli che vivono in Europa. Avranno pienamente posto. Ma la grande maggioranza verrà dai Paesi europei. Al contempo, vogliamo proporre che questa veglia di preghiera venga vissuta altrove nel mondo. In piccoli gruppi, o per esempio in due o tre parrocchie assieme. O ancora, con un vescovo che la propone nella sua cattedrale, invitando le altre Chiese… Ciò può essere vissuto in modi molto diversi, ma è possibile associarsi a questa preghiera dappertutto nel mondo.

Avverte fra i giovani delle aspettative riguardo al rinnovamento della Chiesa?
La Chiesa diventa sempre più astratta per molti giovani. Ma per il desiderio di stare insieme, di trovare un senso d’appartenenza, di allargare l’amicizia verso altri gruppi nella società, ma pure la solidarietà verso tutta la creazione, ebbene per tutto ciò, c’è una grande sensibilità fra i giovani. In tal modo, quest’incontro può essere interessante anche per i giovani che non sono motivati da una riflessione sulla sinodalità.

Il termine “sinodalità” è molto complicato. Ma lei dice che la Chiesa giunge a una svolta. Cosa intende?
Papa Francesco ha lanciato un tema molto importante: quello della co-responsabilità di tutti i battezzati per la vita della Chiesa, per questo nuovo volto della Chiesa che cerchiamo e al quale noi tutti possiamo partecipare. Penso che ad essere nuovo sia l’ascolto gli uni verso gli altri. Un ascolto che tiene conto della realtà degli altri. Tutte le Chiese vedono ora che abbiamo bisogno gli uni degli altri.
Nel corso della celebrazione per il 500° anniversario della Riforma, a Lund in Svezia, nell’ottobre 2016, papa Francesco ha detto, durante una preghiera, queste parole ancora mai prima formulate da un Papa: “Spirito Santo, dona a noi di riconoscere con gioia i doni che sono giunti alla Chiesa dalla Riforma”. Sono parole straordinarie. Mostrano che abbiamo bisogno gli uni degli altri e costituiscono un grande passo in avanti per l’ecumenismo.
Fra Chiese e comunità cristiane differenti, possiamo imparare gli uni dagli altri… e questo ci aiuterà a vedere positivamente la diversità nel cuore stesso delle nostre Chiese.

Nell’ottobre 2021, lei ha detto che “portiamo il tesoro di Cristo in vasi d’argilla e splende forse ancor più quando riconosciamo umilmente ciò che ci manca”. E lei ha chiesto che le Chiese riconoscano le loro “debolezze e di chiedere alle altre Chiese di aiutarci a ricevere ciò che ci manca”. Quest’idea è in cammino?
Sì, credo che ci rendiamo conto sempre più della fragilità delle nostre Chiese. Non siamo più una nave fiera che attraversa l’oceano dell’umanità volendo salvarla. Siamo in una piccola barca che attraversa l’oceano in tempesta. Ma è in una barca come questa che Cristo ha offerto il dono della fiducia ai suoi discepoli! È un cambiamento enorme della nostra percezione della Chiesa e della sua missione nell’umanità. Quest’incontro potrebbe contribuire a questa conversione del nostro sguardo sulla Chiesa.

I temi d’attualità affrontati riguarderanno pure la pace in Europa?
È indispensabile. Una delle più grandi preoccupazioni di oggi è la pace. Il ritorno della guerra in Europa ci sconvolge tutti, e le devastazioni di questa guerra in Ucraina hanno delle ripercussioni dappertutto… Auspico pienamente di cuore che quest’incontro rappresenti un contributo, pur molto umile, alla ricerca della pace, aperta a tutti quelli che cercano questa pace, in mezzo alle prove che il nostro mondo attraversa.

Il paesaggio ecclesiale ha molte fratture, con tanti interrogativi sulla liturgia e sulle questioni di governo. Per lei, il Sinodo può sfociare su un messaggio pacificante?
Lo spero. Trovo molto bello che la Chiesa cattolica si lanci in un Sinodo senza sapere quale potrebbe essere il suo risultato, senza mettere al sicuro fin dall’inizio la conclusione del cammino. Ci lanciamo in un’avventura e la Chiesa è questo. La fiducia nello Spirito Santo diventa molto concreta.

L’intervista è stata realizzata con i giornalisti Hendro Munsterman (Nederlands Dagblad) e Malo Tresca (La Croix), in collaborazione con il Kristeligt Dagblad (Danimarca).

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