mercoledì 9 novembre 2022
«Incredibile la ripresa dopo il Covid, quest’estate c’erano 30mila giovani
. Mi colpiscono le situazioni in apparenza irrisolvibili, ragazzi che cercano un raggio di luce per illuminare la loro vita»
Medjugorie

Medjugorie - Wikimedia Commons

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«Un luogo di grazia»: non ha dubbi monsignor Aldo Cavalli, lombardo di Lecco, da un anno visitatore apostolico a carattere speciale per la parrocchia di Medjugorje, dove ha sostituito il vescovo polacco Henryk Hoser, morto nell’agosto 2021.

Dopo esperienze pastorali e diplomatiche in Africa, America Latina, Malta e Paesi Bassi, Cavalli, si misura con una realtà nuova, molto particolare perché, spiega, «pur trovandosi nel cuore dell’Europa, presenta, dal punto di vista pastorale, interessanti punti di contatto con esperienze molto lontane».

L’arcivescovo chiamato da papa Francesco a seguire da vicino il piccolo centro bosniaco trasformato dalla quarantennale storia dei sei veggenti, ci racconta la “sua” Medjugorje, come luogo in cui, ancora più dopo il lockdown, si manifesta concretamente la presenza del Signore: «Vedere, quest'estate, 30.000 giovani, arrivati da 70 Paesi di tutto il mondo, popolare con gioia e nello stile della preghiera, della musica, per una settimana, questo paese, restituisce speranza in un momento reso difficile da tutto, pandemia, crisi economica, guerra».

Cavalli, 75 anni, è arrivato dopo le chiusure legate al Covid, periodo in cui, vietati i viaggi, si sono visti pochissimi gruppi di pellegrini, legati a casi e motivi eccezionali. «La ripresa – spiega – ha dell’incredibile, e in un momento di crisi anche spirituale diffusa, ha trasformato questo luogo nel più grande confessionale del mondo. Medjugorje è innanzitutto una scuola di preghiera. I turisti non troverebbero nulla che li soddisfi: né cucina, o turismo, o cultura… la chiesa più antica è del 1800. Se arrivano, tuttavia, notano in chi la sta vivendo un’energia particolare, che arriva dalla preghiera, da un’esperienza frutto di ricerca spirituale, che spesso trova come risposta la conversione. In questi mesi molti giovani, prima di ripartire, hanno espresso il desiderio di entrare in Seminario. Non è un caso se in 40 anni sono nate quasi 800 vocazioni sacerdotali».

L'arcivescovo Cavalli (secondo da destra) con la delegazione giunta dall'Italia

L'arcivescovo Cavalli (secondo da destra) con la delegazione giunta dall'Italia - .

Spiegare cosa succede, tuttavia, non è facile: «Si entra in un ambiente di grazia. Ogni giorno, dalle 5 alle 8 il Rosario in lingua croata. Canti internazionali, Messa con traduzioni simultanee in 15 lingue, con religiosi che vengono da fuori per distribuire la Comunione, con numeri impressionanti, anche di 5/600 frati minori, mentre circa 50/60 sono impegnati nelle confessioni. «Per essere qui percorrono anche migliaia di chilometri. Sei confessionali sono riservati ai croati. Ovunque la pandemia ha dimezzato le Confessioni, anche in Italia. Qui vengono e si confessano. Nonostante la tanta gente, tutti riescono ad avere la comunione in poco tempo, con una buona organizzazione volontaria, che aiuta la liturgia, la concentrazione. Tutto ciò trasmette una fede palpabile».

Tante le storie di ragazzi che arrivano da ovunque: «Mi colpiscono situazioni apparentemente irrisolvibili, giovani che cercano un raggio di grazia per illuminare la loro vita. Si sentono bastonati, li vedo disperati. Il segreto é vedere le loro vite come le vede il Signore, in prospettiva. La nostra missione è dargli coraggio, perché se sono stati chiamati fin qui, c’è un motivo, c’è qualcosa di importante nel loro futuro. Occorre usare la “visione” del Signore, immaginare la prospettiva. Così questi ragazzi trovano il silenzio per aprirsi, meditare, ripensare la loro vita».

Com’è cambiata, invece, Medjugorie? «Qui prima del 1981 non c’era niente, c’erano solo i contadini sulla collina. Il santuario è di questa gente. Certo, è stata organizzata l’accoglienza, con piccoli hotel per lo più a gestione familiare, piccoli negozi, ma non succede come altrove che il commercio disturbi la dimensione religiosa, anzi… pochi giorni fa c’è stata una riunione, con 180 persone, per organizzare l’adorazione perpetua. La chiesa di San Giacomo oggi può contenere 5/600 persone, ed è sempre piena. Fuori, c’è spazio per 8000 persone. Dal 1998 c’è un salone per la catechesi ai gruppi, con una partecipazione impressionante, e traduzione multilingue. Sarà necessario aggiornare le strutture, ma senza costruire altre cattedrali».

La parrocchia di Medjugorje fa parte della diocesi di Mostar: «Faccio parte di diritto della locale conferenza episcopale. Il vescovo segue con attenzione la crescita di Medjugorje, viene per le Cresime, recentemente ha accompagnato il delegato inviato dal Vaticano. Trent’anni fa i vescovi locali avevano una posizione prudente, Medjugorje ne ha risentito molto. Il clima ora è cambiato, stiamo permettendo alla grazia di agire. Oggi arrivano migliaia di persone e ultimamente è stato organizzato un corso per cento guide. Il loro compito non è solo spiegare il luogo, gli eventi storici, ma anche ascoltare». «La grazia – spiega Luciana Brandetti, che arriva da Fermo e svolge questo servizio da 15 anni – è aiutata da un importante lavoro umano che parte dall’ascolto. Tanti giovani in difficoltà vengono cercando silenzio e ascolto del proprio vissuto. È un passaggio fondamentale, che aiuta molto la grazia a entrare nelle loro vite».

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