giovedì 26 luglio 2018
Il Gruppo scientifico padovano: forti dubbi sugli studi di Borrini e Garlaschelli
Fanti con una riproduzione della Sindone (Boato)

Fanti con una riproduzione della Sindone (Boato)

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Poco documentata, scientificamente limitata, assai discutibile e per giunta datata. Non usano mezzi termini alcuni docenti universitari e medici padovani che insieme allo scultore Sergio Rodella costituiscono il Gruppo scientifico padovano e che recentemente hanno realizzato un modello tridimensionale in dimensioni reali dell’uomo della Sindone per favorirne lo studio. La ricerca in questione è quella sulla Sindone pubblicata sul Journal of Forensic Sciences, firmata dal chimico Luigi Garlaschelli (Università di Pavia e membro del Cicap, Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze) e dall’antropologo forense Matteo Borrini dell’Università di Liverpool.

Uno studio già divulgato nel 2014, ora implementato negli esperimenti, che mette in dubbio, ritenendole artefatte, l’autenticità di alcune delle macchie ematiche (e quindi del telo stesso) ritrovate sul lenzuolo, che tradizione e fede dicono abbia avvolto il corpo di Gesù. Garlaschelli e Borrini ritengono false alcune di queste macchie, in particolare quelle ritrovate in corrispondenza della regione lombare, in quanto incompatibili con la posizione di un uomo crocifisso.

A demolire questa tesi, con una nota di commento, sono due ingegneri e due medici dell’Università e degli ospedali di Padova: Gianmaria Concheri, docente di disegno e metodi dell’ingegneria industriale; Giulio Fanti, docente di misure meccaniche e termiche; Matteo Bevilacqua, già direttore della fisiopatologia respiratoria dell’ospedale di Padova; e Stefano Concheri, medico ortopedico dell’ospedale Sant’Antonio di Padova. «Il problema sindonico è assai complesso e multidisciplinare», ricordano gli studiosi padovani. E la tesi di Garlaschelli e Borrini «non convince tutto l’ambiente scientifico» in quanto «dubbia, poco documentata nella pubblicazione citata e scientificamente troppo limitata».

«Gli autori – commentano gli ingegneri Concheri e Fanti – hanno ipotizzato solamente due possibili configurazioni della Sindone: uomo posto in croce e uomo supino nel sepolcro», dimenticando tutte le posizioni intermedie «dalla deposizione dalla croce al trasporto al sepolcro e alla preparazione del cadavere ». Considerando queste altre situazioni invece «si può verificare anche sperimentalmente la perfetta compatibilità delle macchie ematiche riportate sulla Sindone con gli eventi della passione, morte e deposizione dell’uomo che vi fu avvolto».

Ma c’è di più. Garlaschelli e Borrini non avrebbero considerato «le caratteristiche del sangue di un uomo fortemente disidratato, la possibile presenza di sudiciume o altro materiale attaccato alla pelle che avrebbe potuto deviare i percorsi ematici ecc.». I medici Matteo Bevilacqua e Stefano Concheri sostengono inoltre che si tratti di «macchie di sangue post-mortali dovute a schiodature e mobilizzazione degli arti, alla rimozione della corona di spine, agli spostamenti del corpo per il decorso del sangue defluito dal costato e lungo la “cintura” di sangue toraco-lombare». E sull’origine del sangue ritrovato all’altezza della “cintura lombare” sono due le ipotesi sul tavolo del Gruppo scientifico padovano: o è uscito dalle ferite da chiodi delle mani ed è fluito lungo il braccio per gocciolare poi dal gomito oppure durante la flagellazione l’uomo della Sindone è stato colpito molto duramente nella zona lombare «e quindi ci sarebbero state profonde ferite che colarono sangue anche dopo la morte dell’uomo in corrispondenza dei reni».

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