sabato 5 settembre 2009
Il segretario generale della Cei al convegno nazionale di Azione Cattolica: «La Chiesa popolo di Dio ha bisogno di credenti e comunità che si facciano carico». Dove "farsi carico" significa «cercare per sé e partecipare agli altri, con diligenza, quanto è necessario alla vita di fede, alla preghiera all’ascolto di Dio, alla riflessione e al discernimento, alla comunione ecclesiale».
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«Una Chiesa di popolo ha bisogno di personalità credenti spiritualmente forti e culturalmente solide. L’Azione Cattolica ne ha conosciuto nel corso della sua storia più che secolare. Adesso si attende che ne esprima nel presente e ne prepari per il futuro». Così mons. Mariano Crociata, Segretario generale della Conferenza episcopale italiana, nel suo intervento al Convegno nazionale dei presidenti e degli assistenti di Azione Cattolica, in corso a Roma, presso al Domus Mariae, con a tema “Legami da rinnovare. Ac, parrocchia e territorio”. Una tre giorni di studio e di confronto sul futuro della più grande associazione di laici cattolici italiana, a servizio della Chiesa e del Paese.Per mons. Crociata serve «una Chiesa fatta di credenti che resistono, ma che pensano e operano come se portassero tutti il peso e la grazia della fede di tutti, oltre gli stessi confini battesimali, ma capaci innanzitutto di tenere insieme tutti coloro che del patrimonio cristiano conservano qualcosa».«La Chiesa popolo di Dio ha bisogno di credenti e comunità che si facciano carico. “Farsi carico”» per il Segretario generale della Cei, «può diventare lo slogan che esprima e contrassegni lo stile spirituale e pastorale di questo tempo. Non bisogna temere di dire che questo è innanzitutto un compito personale, purché ci si ricordi che la Chiesa non è luogo appropriato per solisti e eroi solitari».Dunque, «“farsi carico” significa cercare per sé e partecipare agli altri, con diligenza, quanto è necessario alla vita di fede, alla preghiera all’ascolto di Dio, alla riflessione e al discernimento, alla comunione ecclesiale… Ciò equivale, o comunque sbocca sull’impegno per la edificazione della comunità. Ciascuno secondo la propria vocazione e il proprio ministero e servizio ecclesiale ha la responsabilità di edificare la comunità come se tutto in essa dipendesse da lui e nella coscienza che essa è il primo bene necessario».Per mons. Crociata, «in gioco è la qualità di una vita e di una comunità cristiana su cui si gioca interamente la presenza e la forza della fede e della Chiesa oggi, la sua capacità di fermentare missionariamente la società e ogni comunità». Oggi, per il vescovo Crociata, «il credente e la comunità cristiana si fanno carico di un popolo, che in un certo senso non è più pienamente popolo (dico pure: se mai lo è stato pienamente), curando una intensa vita cristiana nella condizione secolare e quindi mostrando come tutti possano vivere la loro condizione nella fede della Chiesa, addirittura realizzando una pienezza di vita ancora maggiore di quella comunemente raggiungibile».Per il Segretario generale della Cei, «una Chiesa di popolo è chiamata a farsi carico inseparabilmente della propria vita e della comunità umana in cui è inserita, condividendone angosce e speranze, anzi interpretandole e orientandole verso una assunzione risoluta e feconda… Il cammino pastorale delle Chiese d’Italia è in fondo un riscontro a tutto ciò, fino agli orientamenti che sono in preparazione per il prossimo decennio sulla ripresa tematizzata del compito proprio della Chiesa di sempre che è l’educazione».Sapendo, conclude mons. Mariano Crociata che «non è in gioco solo l’educazione alla fede, che sembra in grande affanno nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità, ma anche l’educazione all’umano e al senso dell’umano nella sua irriducibile peculiarità, che sembra oggi variamente minacciato nei vari ambiti dell’etica e della bioetica, dell’economia e della giustizia sociale, del significato e del valore dei rapporti tra le persone e con l’ambiente».
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