mercoledì 27 maggio 2009
La scuola deve essere l'ultimo settore a cui una società deve togliere le proprie risorse: lo affermano i vescovi italiani, che tornano anche a rivendicare con forza la necessità che il governo applichi, con il dovuto sostegno economico, il "sacrosanto diritto" alla parità tra scuole statali e non statali.
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La scuola deve essere l'ultimo settore a cui una società deve togliere le proprie risorse: lo affermano i vescovi italiani, che tornano anche a rivendicare con forza la necessità che il governo applichi, con il dovuto sostegno economico, il "sacrosanto diritto" alla parità tra scuole statali e non statali. Di ciò ha parlato oggi, in una conferenza stampa a margine dei lavori dell'Assemblea generale, mons. Diego Coletti, vescovo di Como e responsabile della Conferenza episcopale italiana per l'educazione. Lo spostamento di risorse dalla scuola - ha spiegato il vescovo - "non può essere deciso da valutazioni puramente economiche-finanziarie".  Una società - ha spiegato - deve valutare il valore e il senso che vuole dare a se stessa". "La scuola - ha detto - dovrebbe essere l'ultimo comparto a cui chiedere sacrifici, su cui fare tagli".Quanto al problema della parità scolastica, essa - ha puntualizzato il rappresentante della Cei - è riconosciuta da "una legge firmata dall'ex ministro Berlinguer, dunque non da un padre della Chiesa". Eppure, si è lamentato, con qualsiasi governo "si fa una enorme fatica, e sembra di dover andare a chiedere l'elemosina, la benevolenza dell'autorità".  "Si tratta invece di un sacrosanto diritto- ha scandito mons.Coletti - sul quale l'Italia è arretrata negli ultimi anni rispetto alla grande maggioranza dei paesi europei". Il vescovo rifiuta il termine di "scuole private": tutte - ha rimarcato - offrono un servizio pubblico, in cui lo Stato risparmia dai 3500 ai 6000 euro per studente all'anno. Quindi - ha osservato - per i governi non si tratta di " un onere ma di una redistribuzione del reddito a persone che ne hanno il diritto". "Noi - ha aggiunto - vogliamo far passare questa idea: non è giusto che possa scegliere una determinata prospettiva educativa solo coloro che hanno un reddito di un certo livello. Lo Stato deve farsi carico del servizio pubblico offerto dalle scuole non statali".
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