mercoledì 5 febbraio 2025
Parla il professore diplomatico della Repubblica islamica. «Insieme contro l'integralismo religioso». La bomba atomica? «Il Paese non ha mai voluto produrla e ne ha vietato l'uso»
Papa Francesco durante l’udienza all’ambasciatore dell’Iran presso la Santa Sede, Mohammad Hossein Mokhtari

Papa Francesco durante l’udienza all’ambasciatore dell’Iran presso la Santa Sede, Mohammad Hossein Mokhtari - Vatican Media-Ambasciata Iran

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«C’è una frase di papa Francesco che mi è cara. È quella in cui ricorda che il dialogo fra le fedi riduce le distanze, favorisce la comprensione reciproca e permette di sconfiggere l’odio. La Repubblica islamica lo apprezza molto». Mohammad Hossein Mokhtari si considera un uomo dell’incontro. Non solo per l’incarico che gli è stato affidato da un anno: quello di ambasciatore dell’Iran presso la Santa Sede. Ma anche perché da cattedratico e da studioso «mi sono sempre dedicato a intensificare i rapporti fra cristiani e musulmani». Mostra il suo libro appena tradotto in italiano. Si intitola Studio comparativo dell’invocazione nell’islam e nel cristianesimo. «L’ho voluto pubblicare alla vigilia del Giubileo, anno del perdono. I due terzi del contenuto sono citazioni della Bibbia e di commentatori cristiani. L’ho donato anche al Papa e al cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin». Si confronta con i giornalisti italiani nella sede dell’ambasciata a Roma. E risponde a tutte le domande: dai diritti umani allo spazio alle donne, dalle conversioni “punite” al radicalismo religioso. E soprattutto racconta il canale con il Papa. O meglio, con i Papi. «Già i re persiani avevano contatti con i Pontefici», sottolinea il rappresentante diplomatico di Teheran. Con la Rivoluzione islamica del 1979, «certi integralisti avrebbero voluto che si interrompessero le relazioni con la Santa Sede di cui ricorrono i 70 anni. La guida suprema Khomeini si è opposto. Anzi, come mi ha confidato il primo ambasciatore della Repubblica islamica, Sayyid Hadi Khosrowshahi, era lo stesso Khomeini a inviargli messaggi da recapitare al Santo Padre: erano messaggi di pace e di invito alla convivenza con i cristiani». Si trattava di Giovanni Paolo II, il Papa del profetico incontro per la pace con i leader religiosi ad Assisi nel 1986.

L’ambasciatore dell’Iran presso la Santa Sede, Mohammad Hossein Mokhtari, a colloquio con i giornalisti italiani

L’ambasciatore dell’Iran presso la Santa Sede, Mohammad Hossein Mokhtari, a colloquio con i giornalisti italiani - Ambasciata dell'Iran presso la Santa Sede

Durante il pontificato di Francesco il dialogo con il mondo musulmano ha avuto un ulteriore impulso. Come testimonia il Documento di Abu Dhabi “sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”. E come conferma la recente decisione di creare cardinale l’arcivescovo latino di Teheran-Ispahan, Dominique Mathieu, citato più volte dall’ambasciatore. A inizio anno Mokhtari è stato ricevuto in udienza da papa Bergoglio. «Gli ho donato alcuni libri sul cristianesimo editi in Iran e una targa con una parte scelta della lettera che la guida suprema Khamenei ha scritto ai giovani occidentali». Sono riflessioni su Gesù. «Se oggi Gesù, il Messia, fosse tra noi - si legge nel testo - non esiterebbe un attimo a combattere i leader dell’oppressione e dell’arroganza globale. Non tollererebbe mai la fame e i problemi di miliardi di persone». Poi il richiamo: «Il valore di Gesù, fra i musulmani, non è senza dubbio inferiore al valore ad egli attribuito dai cristiani». «Esistono gruppi integralisti in tutto il mondo e in ogni religione - spiega l’ambasciatore -. Ecco perché bisogna fare fronte comune contro gli integralismi, unendo religione e ragione. Con mentalità aperta e intelligenza dobbiamo incoraggiare il dialogo fra le fedi, abbandonando l’orgoglio e i pregiudizi». Quindi rivela l’idea che ha sottoposto all’attenzione di Francesco. «Gli ho proposto una conferenza di pace con le guide religiose del pianeta. Un incontro che contribuirebbe a prevenire le guerre». Quasi un nuovo summit alla scuola dello spirito di Assisi. Città che lo stesso Mokhtari ha visitato a maggio.

Ci sarà mai un viaggio del Papa in Iran?

«Sarebbe un onore poter accogliere il Santo Padre a Teheran. Vorremmo davvero che si concretizzasse. Da entrambe le parti c’è l’intenzione che si svolga la visita. Certo, prima desidereremmo che il cardinale Parolin possa venire in Iran e l’occasione sarebbe proprio l’anniversario dei 70 anni di relazioni diplomatiche con la Santa Sede».

Come l’Iran guarda al Papa?

«Papa Francesco è una persona speciale. Viene visto con molto rispetto dal popolo iraniano. Ed è una delle guide più importanti che porta avanti il dialogo. Lo ripete spesso. E molti dei suoi viaggi hanno questo scopo. Va aggiunto che le sue parole vengono riportate nel Paese perché sono messaggi religiosi. Abbiamo apprezzato la posizione assunta nei confronti della Palestina o del nucleare iraniano. E i suoi interventi sono preziosi».

I cristiani sono una piccola minoranza nella Repubblica iraniana dove l’islam plasma lo Stato. Una minoranza a rischio?

«Il popolo iraniano è abituato alla convivenza fra le fedi. I cristiani sono una delle tre minoranze riconosciute dalla Costituzione, con ebrei e zoroastriani, e hanno rappresentanti in Parlamento che partecipano anche alle sedute delicate sulla sicurezza nazionale. Le antiche chiese sono tesori nazionali. Non ci sono problemi di coesistenza. Abbiamo anche matrimoni misti fra cristiani e musulmani. Inoltre tutti sono uguali davanti alla legge».

Eppure le chiese hanno le porte chiuse. E le conversioni non sono permesse.

«Nelle chiese si possono celebrare le Messe senza problemi. Anche il Vangelo è stato tradotto in persiano e i testi cristiani sono oggetto di studio da parte degli universitari. Comunque, una cosa è far conoscere l’islam o il cristianesimo; altra cosa è costringere una persona a convertirsi. I rappresentanti religiosi sono chiamati a rispettare le leggi del Paese dove operano. Quando ero imam in Gran Bretagna, non ho mai inteso convertire qualcuno».

L’Iran è Paese sciita. È possibile l’incontro fra sciiti e sunniti?

«La nostra guida suprema ha voluto l’Università per le denominazioni islamiche proprio per favorire il dialogo. Io ne sono stato rettore. Il 70% degli studenti è sunnita e la maggioranza studentesse».

L’Occidente accusa l’Iran di fomentare tensioni e conflitti.

«Dispiace che certi poteri, come quello americano, ci presentino come un Paese a favore della guerra. Fin da subito dopo la Rivoluzione islamica, gli Usa ci hanno contrastato. Chi ha aizzato Saddam Hussein ad attaccarci? Noi non abbiamo mai iniziato una guerra, ma solo difeso il nostro popolo. Sul tavolo viene spesso messa la questione nucleare, ripetendo che avremmo pronta un’arma di distruzione di massa. Ogni sei mesi gli Stati Uniti dicono che siamo a un passo. In realtà l’Iran non ha mai voluto produrre questa arma. Anzi, la guida suprema ne ha vietato l’uso con una fatwa. Tuttavia il Paese è sotto sanzioni internazionali. Sapete quante donne o neonati muoiono ogni giorno per mancanza di medicine? Inoltre gli slogan sui diritti umani sono un mezzo per screditare l’Iran».

La questione dei diritti violati ha una vasta eco. E provoca manifestazioni. Poi ci sono le proteste per l’oppressione delle donne.

«Nella Costituzione vengono sanciti tutti i diritti umani che sono legati alla legge coranica. Perché nella nostra visione essi hanno un’origine religiosa. Nel rispetto della legge sono assicurati i diritti, anche quelli delle donne. Poi ciò che viene mostrato dai media all’estero è molto diverso».

I giovani si allontanano dalla fede. Tema che interroga anche l’Iran?

«I giovani in tutto il mondo vivono una crisi spirituale. Ciò deriva da molti fattori, fra cui la tecnologia e la modernità. Ne ho parlato anche con il Papa. Va presentata la verità ai giovani perché la religione è via per la vita. E il nostro governo è molto impegnato nell’ambito educativo».

L’Iran sostiene la Russia che ha scatenato la guerra in Ucraina.

«Abbiamo sempre espresso giudizi negativi di fronte a un Paese che ne attacca un altro. Lo ha fatto anche la nostra guida suprema. Ci accusano perché abbiamo buoni rapporti con la Russia. Allora che cosa dovremmo dire dei comportamenti di Trump versi gli Stati confinanti come il Canada? La religione invita sempre alla pace. Tutti i profeti sono venuti per condannare le violenze. Una religione può mai giustificare l’uccisione di una madre o di un bambino inerme? Ciò mi fa affermare che quanto accade in Palestina non è colpa del popolo ebraico, ma del governo Netanyahu che sta facendo il contrario di ciò che dice l’ebraismo. Quest’ultima considerazione, però, prescinde dal fatto che la Repubblica islamica non riconosce lo Stato di Israele. La vita va tutelata in ogni caso, indipendentemente dal credo».

Una parte dell’Europa ha paura del “pianeta” musulmano. Crescono i partiti anti-migranti e anti-islamici.

«L’islamofobia è frutto di visioni errate. Si riduce l’islam a piccoli gruppi violenti che interpretano il Corano senza alcuna ragionevolezza. La nostra religione ha una spiccata dimensione misericordiosa. Non è un caso che questi gruppi vengano cacciati dai veri musulmani. E ai giovani va trasmessa la fede autentica».

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