Cura, dono, fiducia: i tre punti fermi del Papa per un'«alleanza dell'umano»

Il Papa chiede di individuare «azioni e motivazioni concrete» per «un’economia che non uccide ma intensifica e allarga la partecipazione alla vita». Un discorso per capire la "sua" dottrina
September 15, 2025
Cura, dono, fiducia: i tre punti fermi del Papa per un'«alleanza dell'umano»
Foto Siciliani/Stefano Carofei | Il panel in Campidoglio sull’informazione, uno dei 15 tavoli del World Meeting on Human Fraternity i cui partecipanti sono stati ricevuti dal Papa / Siciliani
«Abbiamo bisogno di una estesa “alleanza dell’umano”, fondata non sul potere, ma sulla cura; non sul profitto, ma sul dono; non sul sospetto, ma sulla fiducia. La cura, il dono, la fiducia non sono virtù per il tempo libero: sono pilastri di un’economia che non uccide, ma intensifica e allarga la partecipazione alla vita». È un messaggio forte e chiaro quello che Leone XIV ha affidato il 12 settembre ai partecipanti al World Meeting on Human Fraternity e, tramite loro, a quanti hanno a cuore la promozione della pace, dell’unità e della fraternità fra i popoli, a qualsiasi cultura e religione appartengano. Ecco: «La fraternità è il nome più vero della prossimità. Essa significa ritrovare il volto dell’altro – spiega il Papa –. E nel volto del povero, del rifugiato, anche dell’avversario, riconoscere il Mistero: per chi crede, l’immagine stessa di Dio».
«Il cammino dei forti». Vengono da molti Paesi diversi, i partecipanti alla terza edizione del World Meeting on Human Fraternity, ricevuti ieri mattina in udienza nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico. Nel programma dell’evento – in corso fra ieri e oggi a Roma, organizzato da Basilica di San Pietro, Fondazione Fratelli tutti, Associazione Be Human e Fondazione Saint Peter for Humanity – quindici tavoli tematici con personalità internazionali in dialogo tra loro. Fra queste il cardinale Mauro Gambetti, arciprete della Basilica di San Pietro, vicario generale della Città del Vaticano e presidente della Fabbrica di San Pietro; Graça Machel Mandela, attivista e politica, cofondatrice di The Elders; e Maria Ressa, Premio Nobel per la Pace 2021. A unire voci tanto diverse, fra le quali alcuni Nobel, il «forte e coraggioso “no” alla guerra» e il «“sì” alla pace e alla fraternità», in un tempo in cui «il pianeta è segnato da conflitti e divisioni», afferma Leone XIV. Che attinge al magistero del predecessore: «Come papa Francesco ci ha insegnato, la guerra non è la via giusta per uscire dai conflitti. “Sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo” – prosegue citando l’esortazione apostolica Evangelii gaudium – è il cammino più sapiente, il cammino dei forti». La presenza dei partecipanti al Meeting «testimonia tale sapienza, che unisce le culture e le religioni, quella forza silenziosa che ci fa riconoscere fratelli e sorelle, nonostante tutte le nostre differenze».
«Dov’è tuo fratello?». Il primo rapporto fraterno, quello fra Caino e Abele, «fu subito drammaticamente conflittuale», si legge nella Bibbia. «Tuttavia, quel primo omicidio non deve indurre a concludere: “è sempre andata così”. Per quanto antica, per quanto diffusa, la violenza di Caino non si può tollerare come “normale” », afferma papa Prevost. «Al contrario, la norma risuona nella domanda divina rivolta al colpevole: “Dov’è tuo fratello?” ( Gen 4,9)». Ebbene: «È in questa domanda la nostra vocazione, la regola, il canone della giustizia. Dio non si vendica di Abele con Caino, ma gli pone una domanda che accompagna tutto il cammino della storia».
Nelle ferite del presente. Quella stessa domanda, «oggi più che mai, va fatta nostra, come principio di riconciliazione. Interiorizzata, risuonerà così: “Fratello, sorella, dove sei?” – riprende incalzante il Papa, richiamando una volta di più le tragedie e le ferite del nostro tempo –. Dove sei nel business delle guerre che spezzano le vite dei giovani costretti alle armi, colpiscono i civili, bambini, donne e anziani indifesi, devastano città, campagne e interi ecosistemi, lasciando dietro di sé solo macerie e dolore? Fratello, sorella, dove sei tra i migranti disprezzati, imprigionati e respinti, tra quelli che cercano salvezza e speranza e trovano muri e indifferenza? Dove sei, fratello, quando i poveri vengono incolpati della loro povertà, dimenticati e scartati, in un mondo che stima più il profitto delle persone? Fratello, sorella, dove sei in una vita iperconnessa ma in cui la solitudine corrode i legami sociali e ci rende estranei anche a noi stessi?».
La Terra è per tutti. «La risposta non può essere il silenzio», scandisce il Pontefice. E una risposta sono i partecipanti al Meeting con la loro presenza, il loro impegno, il loro coraggio, sottolinea Leone XIV. «La risposta è la scelta di un’altra direzione di vita, di crescita, di sviluppo». La risposta è «riconoscere che l’altro è un fratello, una sorella, significa liberarci dalla finzione di crederci figli unici e anche dalla logica dei soci, che stanno insieme solo per interesse». Sì, «non è soltanto l’interesse a farci vivere insieme. Le grandi tradizioni spirituali e anche la maturazione del pensiero critico ci fanno andare oltre i legami di sangue o etnici, oltre quelle fratellanze che riconoscono solo chi è simile e negano chi è diverso». Fra queste tradizioni, il Papa addita quella che ha nella Bibbia la sua matrice. «Come ci ha fatto scoprire l’esegesi scientifica, sono i testi più recenti e più maturi a narrare una fraternità che supera i confini etnici del popolo di Dio e che si fonda nella comune umanità. Lo testimoniano i racconti di creazione e le genealogie: una sola è l’origine dei diversi popoli – anche dei nemici – e la Terra, coi suoi beni, è per tutti, non per alcuni».
Ritrovare il volto dell’altro. Leone XIV torna a Francesco. «Nel cuore dell’enciclica Fratelli tutti, leggiamo: “C’è un riconoscimento basilare, essenziale, da compiere per camminare verso l’amicizia sociale e la fraternità universale: rendersi conto di quanto vale un essere umano, quanto vale una persona, sempre e in qualunque circostanza”» Ebbene: «La fraternità è il nome più vero della prossimità», insiste il Papa, invitando a «ritrovare il volto dell’altro» e in esso, «l’immagine di Dio». Anche quando l’altro ha il volto del povero, del rifugiato. O del nemico. Ancor più in questi tempi che vedono trattare come nemici i poveri e i rifugiati.
No all’economia che uccide. La conclusione del discorso è per esortare a «individuare percorsi, locali e internazionali, che sviluppino nuove forme di carità sociale, di alleanze tra saperi e di solidarietà tra le generazioni». Attenzione: «Siano percorsi popolari, che includano anche i poveri, non come destinatari di aiuto, ma come soggetti di discernimento e di parola – suggerisce il Pontefice –. Vi incoraggio a proseguire in questo lavoro di semina silenziosa », dalla quale «può nascere un processo partecipativo sull’umano e sulla fraternità, che non si limiti a elencare i diritti, ma includa anche azioni e motivazioni concrete che ci rendono diversi nella vita di tutti i giorni». C’è bisogno di una «estesa “alleanza dell’umano”» che abbia il fondamento nella cura, nel dono e nella fiducia per farne «i pilastri di un’economia che non uccide, ma intensifica e allarga la partecipazione alla vita». «Continuate a far crescere la spiritualità della fraternità attraverso la cultura, i rapporti di lavoro, l’azione diplomatica», è l’invito finale del Papa. E «portate sempre nel cuore » il «comandamento nuovo» di Gesù affidato al Vangelo di Giovanni: «Amatevi gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri».

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