giovedì 10 ottobre 2019
Parla senza mezzi termini di “ecocidio”, di “peccati ecologici” a danno della Creazione il vescovo brasiliano Erwin Kräutler nel briefing sul Sinodo per l’Amazzonia
Amazzonia, quelli ecologici sono peccati gravi. «Ruolo alle donne»
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«Come si può pensare che questo golpe all’ecosistema, che ha violentato la vita delle persone che lì vivono, per costruire una centrale idroelettrica, di cui non abbiamo alcun bisogno, possa essere spacciata per sviluppo ed energia pulita?». Si alza chiara e forte la voce di Erwin Kräutler, vescovo prelato emerito di Xingu, quando parla della tragedia che colpito la sua diocesi: quella della diga di Belo Monte sul fiume Xingu, la seconda più grande centrale idroelettrica del Brasile e la quarta più grande nel mondo per capacità installata, che ha trasformato per sempre e distrutto l’ambiente e le popolazioni indigene e fluviali che vi abitavano.

Parla senza mezzi termini di “ecocidio”, di “peccati ecologici” a danno della Creazione il vescovo brasiliano nel briefing di ieri sul Sinodo per l’Amazzonia. «Sì, si è parlato di questi peccati» riferisce il prefetto del Dicastero della comunicazione, Paolo Ruffini riferendo i temi affrontati nel corso della quarta Congregazione generale del Sinodo. «Peccati gravi perché offendono Dio e l’uomo» ha affermato il prefetto riferendo quanto emerso dall’assemblea sinodale: «Che la Chiesa faccia sentire la propria voce in difesa dei popoli indigeni vessati dell’Amazzonia e allo stesso tempo faccia comprendere l’importanza dei cosiddetti peccati ecologici, tra cui l’ecocidio».

Dai padri sinodali è stata infatti auspicata «una conversione ecologica che faccia percepire la gravità del peccato contro l’ambiente come peccato contro Dio, contro il prossimo e le future generazioni». Da qui la proposta di approfondire e divulgare una letteratura teologica che includa, assieme ai peccati tradizionalmente noti, i “peccati ecologici”. I padri sinodali tra gli altri temi hanno quindi affrontato il tema della salute integrale dell’Amazzonia, facendo memoria delle idolatrie colonialiste passate e presenti, di un modello di sviluppo capitalista che sta distruggendo la regione, e di uno sviluppo ecosostenibile, di come la tecnologia può essere una possibilità per nuovi modelli di sviluppo, perché questo interessa tutti «per superare una cultura della irresponsabilità e non vivere da padroni ma da ospiti nel rispetto della nostra Casa comune» – ha riferito Ruffini –. Il noto scienziato brasiliano, Nobel per la Pace 2007, Carlos Alfonso Nobre, da parte sua nel corso del briefing ha ribadito come l’Amazzonia abbia «un ruolo determinante per il futuro della sostenibilità del nostro pianeta, ma purtroppo siamo molto vicini ad un collasso». Un dato, ha aggiunto, sul quale ormai la comunità scientifica concorda. «Il ciclo di scomposizione della foresta, destinata a diventare una savana, è irreversibile – ha proseguito Nobre –. Ora siamo al 20% della deforestazione, cioè vicini al punto di non ritorno, con tassi di disboscamento e di incendi che aumentano, come abbiamo visto anche di recente».

Di fronte a questo quadro della scienza, per Nobre «la tecnologia, se non diventa tecnocrazia, può essere di grande aiuto. Dobbiamo mettere in atto conoscenze secondo un nuovo modello di economia sostenibile decentrata che possa aiutare le popolazioni locali. È il nostro contributo scientifico al Sinodo», ha affermato mostrando il documento ad hoc distribuito nell’assemblea. Il Nobel ha definito il negazionismo scientifico «una grave minaccia, ma non viene però dalla maggioranza della popolazione del mondo, che rispetta la voce della scienza. Si tratta di una quota molto piccola, non della popolazione ma dei rappresentanti di quegli interessi economici che hanno dominato in questi anni». Riguardo alla presenza della Chiesa il vescovo Kräutler ha detto di avere incontrato il Papa prima della stesura della Laudato si’, e di avergli posto tre punti: le minacce all’Amazzonia, le sue possibilità di distruzione; le condizioni delle popolazioni indigene; la questione dell’Eucaristia, cioè il fatto che ci siano migliaia e migliaia di comunità in Amazzonia che non hanno l’Eucaristia, se non una, due o tre volte l’anno. «È un popolo escluso dal contesto della Chiesa cattolica. Giovanni Paolo II diceva che non esiste la Chiesa se non vicino a un altare. Questo popolo non ha un altare: noi vogliamo che abbia non solo il tavolo della Parola, ma anche il tavolo dell’Eucaristia. Quali possibilità ci sono di arrivare al sacerdozio? Fino ad oggi solo per un uomo celibe». «I due terzi delle comunità amazzoniche che sono senza sacerdoti sono dirette e coordinate da donne – ha evidenziato poi il presule –. Si parla tanto di valorizzazione della donna, ma cosa vuol dire? Hanno bisogno di riconoscimenti concreti».

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