Trentini è prigioniero in Venezuela. C'è una comunità che digiuna per lui

La famiglia chiede l'immediata liberazione e ha iniziato uno sciopero della fame a staffetta. La mamma: Alberto, resisti. La Chiesa locale: preghiamo intensamente perché venga scarcerato
March 4, 2025
Trentini è prigioniero in Venezuela. C'è una comunità che digiuna per lui
Ansa | Alberto Trentini
Mercoledì delle Ceneri. Primo giorno di digiuno anche per i genitori e gli amici di Alberto Trentini. Che ne chiedono l’immediata liberazione. E il ritorno a casa, al Lido di Venezia. È il cooperante veneziano arrestato in Venezuela il 15 novembre scorso di cui non si hanno notizie da oltre 100 giorni. Più di 77.500 italiani (ma non solo, anche tanti stranieri) hanno firmato per la sua scarcerazione, e da oggi la famiglia di Alberto e gli amici danno il via ad un digiuno a staffetta, con adesione online. Firme che arrivano da tutto il mondo, perché è una vita che Alberto dona in cooperazione.«Il mio pensiero fisso, la mia preghiera costante è che Alberto esca dall’isolamento e abbia la possibilità di telefonarci – ha detto la mamma, Armanda Trentini, in questi giorni –. Se potessi sentirlo, gli direi che lo pensiamo costantemente, di resistere, di non mollare mai e di avere fiducia nel nostro impegno a riportarlo a casa».
L’Italia sta facendo ogni sforzo per liberarlo e rimpatriarlo, ha assicurato ieri il sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano. «La situazione è estremamente complessa e di difficile risoluzione – ha ammesso l’esponente di governo –. Abbiamo attivato tutti i canali diplomatici dell’intelligence e confermo ai genitori che stiamo investendo ogni sforzo per rendere possibile il rientro». Non una parola in più, per non compromettere la delicata trattativa.
Trentini ha 45 anni. Opera per la Ong Humanity & Inclusion impegnata nell’assistenza umanitaria alle persone con disabilità. In Venezuela da neppure un mese, a metà novembre veniva fermato mentre si recava dalla capitale Caracas a Guasdualito, nel sudovest del Venezuela, per portare aiuti, in qualità di capomissione della sua organizzazione, ad alcune comunità di disabili sparsi in villaggi diversi. Insieme a lui è stato fermato anche l’autista della Ong che lo accompagnava. Al posto di blocco c’erano agenti del servizio immigrazione che avrebbero provveduto immediatamente a consegnare Trentini alla Direzione generale del controspionaggio militare di Nicolas Maduro. Da quel momento, l’uomo si trova in carcere e di lui non si hanno più notizie. Alberto ha problemi di salute e non dispone delle medicine che gli servirebbero. Non avrebbe ancora avuto la possibilità d’incontrare il personale dell’ambasciata italiana che pure ha chiesto di visitarlo.«Digiuneremo a turno per 24 ore fin quando Alberto non potrà tornare a casa», ha annunciato Alessandra Ballerini, l’avvocato di famiglia. Don Renato Mazzula è il parroco di Sant’Antonio da Padova del Lido di Venezia. «I genitori di Alberto abitano qui davanti alla chiesa – ci dice –. La mamma viene quasi ogni giorno a Messa. Tutta la comunità condivide il loro dolore. E sostiene anche quest’iniziativa così pregnante del digiuno, in sintonia con la Quaresima. Questo è in qualche modo il segno di una comunità che crede profondamente nei gesti semplici. La solidarietà è fatta di gesti semplici e credo che Alberto questo lo avesse capito bene. Preghiamo intensamente perché Alberto torni presto a casa».
La vicinanza del patriarca monsignor Francesco Moraglia c’è tutta. E fin dai primi giorni in cui si è venuti a conoscenza del dramma. «Il digiuno è un gesto eloquente e di grande valore perché tocca il sostentamento del corpo e, quindi, la vita – afferma il patriarca –. In un tempo nel quale prevale la logica della forza che si manifesta in forme e segni di violenza a differenti livelli – dagli atti di guerra alla violenza che emerge nella vita delle nostre città – il digiuno è una forte testimonianza offerta in modo pacifico; è atto di testimonianza e sostegno verso chi subisce violenze fisiche o psicologiche». Moraglia ricorda che «per il cristiano il digiuno quaresimale, che inizia il mercoledì delle Ceneri, assume il significato di solidarietà con Gesù penitente che digiuna nel deserto e dona la vita per la salvezza del mondo».
Si diceva delle decine di migliaia di firme raccolte. È la campagna “Alberto Wall od Hope”: su una piattaforma online di può pubblicare un selfie con un cartello che ritrae l’immagine di Alberto e la scritta «Alberto Trentini libero». E a seguire la sottoscrizione. È sceso in campo anche il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. «Ci siamo interessati presso la Farnesina, sappiamo che stanno seguendo la vicenda, penso che sia una vicenda delicatissima anche sul fronte dei rapporti con quel Paese – ha affermato –. Siamo tutti in apprensione per il nostro concittadino, dalla Farnesina arrivano notizie che con l’ambasciatore in loco e la diplomazia stanno lavorando».
Il lavoro delle istituzioni è fondamentale perché si arrivi a una soluzione positiva, e in questo la pressione dei cittadini può aiutare non poco, è la convinzione del presidente Zaia. Ed è ovviamente la stessa degli amici di Alberto, numerosi dei quali, insieme ai familiari, saranno oggi anche in chiesa, per il Mercoledì delle Ceneri.

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