Tremonti: «Esenzione fiscale a chi lavora per l'interesse pubblico»
L’idea di fondo è che la società civile può svolgere oggi una nuova forma di azione pubblica e lo Stato deve fare di tutto per favorire questo processo. Come è stato in passato

A Giulio Tremonti non dispiacciono le scelte rivoluzionarie. Come quelle che hanno segnato la sua storia di politico (più volte ministro) e giurista, dall’8 al 5 per mille. Ora , davanti ai nuovi e grandi mutamenti che agitano la società italiana in questo frangente della storia, il deputato di Fratelli d’Italia rilancia dal suo Cadore (dove sta trascorrendo le ferie) la sua ultima proposta, già presentata alla Camera il 24 giugno scorso, che potenzialmente può scrivere una pagina nuova. La dizione della pdl è già chiara di per sé dal frontespizio: “Esenzione da ogni imposta e tassa presente e futura per le liberalità in favore degli enti che svolgono attività di pubblico interesse e per i relativi rendimenti e profitti”. Basta complicazioni burocratiche e lungaggini, tutto molto semplice e lineare.
Professor Tremonti, perché questa proposta oggi, da dove nasce?
Perché il mondo che c’era quando nacque lo Stato sociale è molto diverso dal mondo di ora e servono idee nuove. Ho visto i vostri articoli sull’Italia del 2050 e la linea di sviluppo che li anima incrocia quella di questa proposta, che nasce dal gruppo di FdI con 19 firmatari, ma sarà oggetto di un’iniziativa più ampia, aperta agli altri gruppi. C’è una nuova Italia alle porte, che va anticipata precorrendo i tempi, per quanto possibile. L’idea di fondo è che la società civile può svolgere oggi una nuova forma di azione pubblica e lo Stato deve fare di tutto per favorire questo processo. Come è stato in passato.
A cosa si riferisce?
Nella mia esperienza mi sono occupato di questi fenomeni già due volte. La prima fu quasi 40 anni fa, ai tempi dell’8xmille che introdusse un prin cipio rivoluzionario nella struttura finanziaria del Paese: per la prima volta si diede ai cittadini, con un voto del Parlamento, la scelta su una voce del bilancio dello Stato. Fu un primissimo caso di democrazia diretta, diremmo oggi.
Perché il mondo che c’era quando nacque lo Stato sociale è molto diverso dal mondo di ora e servono idee nuove. Ho visto i vostri articoli sull’Italia del 2050 e la linea di sviluppo che li anima incrocia quella di questa proposta, che nasce dal gruppo di FdI con 19 firmatari, ma sarà oggetto di un’iniziativa più ampia, aperta agli altri gruppi. C’è una nuova Italia alle porte, che va anticipata precorrendo i tempi, per quanto possibile. L’idea di fondo è che la società civile può svolgere oggi una nuova forma di azione pubblica e lo Stato deve fare di tutto per favorire questo processo. Come è stato in passato.
A cosa si riferisce?
Nella mia esperienza mi sono occupato di questi fenomeni già due volte. La prima fu quasi 40 anni fa, ai tempi dell’8xmille che introdusse un prin cipio rivoluzionario nella struttura finanziaria del Paese: per la prima volta si diede ai cittadini, con un voto del Parlamento, la scelta su una voce del bilancio dello Stato. Fu un primissimo caso di democrazia diretta, diremmo oggi.
La seconda fu per il 5xmille?
Esatto. Il 9 novembre del 2004 - a quell’epoca era fuori dal governo Berlusconi - uscì sul Corriere della sera un mio articolo titolato “Volontariato e nuovo welfare, un 8 per mille per il futuro”. Mesi dopo, rientrato nell’esecutivo, quello spunto diventò la struttura iniziale di un nuovo strumento, ridotto dall’8 al 5xmille solo per esigenze di bilancio, ma aperto pure alla ricerca scientifica e alla cultura.
Esatto. Il 9 novembre del 2004 - a quell’epoca era fuori dal governo Berlusconi - uscì sul Corriere della sera un mio articolo titolato “Volontariato e nuovo welfare, un 8 per mille per il futuro”. Mesi dopo, rientrato nell’esecutivo, quello spunto diventò la struttura iniziale di un nuovo strumento, ridotto dall’8 al 5xmille solo per esigenze di bilancio, ma aperto pure alla ricerca scientifica e alla cultura.
Fu un’altra rivoluzione, a suo modo?
Sì. Il punto è che fino allora si pensava che tutto il sociale dovesse essere pubblico, senza riconoscere il ruolo fondamentale dei soggetti privati. Su quelle basi si è innestata poi tutta la normativa sul Terzo settore, sulla quale vorrei fare una precisazione.
Sì. Il punto è che fino allora si pensava che tutto il sociale dovesse essere pubblico, senza riconoscere il ruolo fondamentale dei soggetti privati. Su quelle basi si è innestata poi tutta la normativa sul Terzo settore, sulla quale vorrei fare una precisazione.
Prego...
È una normativa estremamente importante, ma anche estremamente complicata. Come dice la parola stessa “legge”, la legge si deve poter leggere da parte dei cittadini. Se invece devi andare da un esperto per poterla capire, è meno legge di quel che dovrebbe essere.
Torniamo all’oggi. Perché questa terza azione?
Nella società stanno agendo profonde trasformazioni: l’avverso andamento della demografia, congiunto con gli effetti negativi prodotti dalle mutazioni interne alle strutture sociali e familiari, ne stanno erodendo le basi. Siamo davanti a fenomeni che hanno una dimensione storica e c’è un tempo che scorre, uno che si ferma e un tempo che accelera, vedendo la crisi di alcuni elementi, ma anche nuove opportunità per altri. Uno degli intenti di questa pdl è di intercettare la cosiddetta “grande eredità” che - non solo in Italia - sta per essere lasciata dai cosiddetti “baby boomers” degli anni Sessanta e Settanta incrociandola con un segmento, quello della crescente disponibilità verso l’impegno civile che si sta manifestando in alcune parti della società. In Germania, a esempio, si stima che ci sia già quasi un milione di anziani senza eredi, ma con patrimoni di una certa entità.
È una normativa estremamente importante, ma anche estremamente complicata. Come dice la parola stessa “legge”, la legge si deve poter leggere da parte dei cittadini. Se invece devi andare da un esperto per poterla capire, è meno legge di quel che dovrebbe essere.
Torniamo all’oggi. Perché questa terza azione?
Nella società stanno agendo profonde trasformazioni: l’avverso andamento della demografia, congiunto con gli effetti negativi prodotti dalle mutazioni interne alle strutture sociali e familiari, ne stanno erodendo le basi. Siamo davanti a fenomeni che hanno una dimensione storica e c’è un tempo che scorre, uno che si ferma e un tempo che accelera, vedendo la crisi di alcuni elementi, ma anche nuove opportunità per altri. Uno degli intenti di questa pdl è di intercettare la cosiddetta “grande eredità” che - non solo in Italia - sta per essere lasciata dai cosiddetti “baby boomers” degli anni Sessanta e Settanta incrociandola con un segmento, quello della crescente disponibilità verso l’impegno civile che si sta manifestando in alcune parti della società. In Germania, a esempio, si stima che ci sia già quasi un milione di anziani senza eredi, ma con patrimoni di una certa entità.
Quali caratteristiche ha la vostra proposta?
Innanzitutto l’assoluta semplificazione del quadro normativo su tutti i flussi finanziari - beni immobili e mobili, pacchetti azionari, partecipazioni societarie, ecc. - che vengono dai privati in favore di enti civili o religiosi che hanno finalità sociali e di pubblica utilità. È un tema che incrocia pure l’art. 586 del codice civile, sul trasferimento allo Stato dei beni che derivano da eredità vacanti, ma che oggi vede lo Stato stesso non preparato a gestire tutto ciò. Serve chiarezza. Noi diciamo: nessuna imposta, nessuna tassa su questi beni, per sempre e anche sui rendimenti da essi prodotti.
Innanzitutto l’assoluta semplificazione del quadro normativo su tutti i flussi finanziari - beni immobili e mobili, pacchetti azionari, partecipazioni societarie, ecc. - che vengono dai privati in favore di enti civili o religiosi che hanno finalità sociali e di pubblica utilità. È un tema che incrocia pure l’art. 586 del codice civile, sul trasferimento allo Stato dei beni che derivano da eredità vacanti, ma che oggi vede lo Stato stesso non preparato a gestire tutto ciò. Serve chiarezza. Noi diciamo: nessuna imposta, nessuna tassa su questi beni, per sempre e anche sui rendimenti da essi prodotti.
Su questi temi la sinistra invece latita?
Temo di sì.
Temo di sì.
È una proposta per cui si è ispirato a esempi che arrivano dall’estero?
Il quadro è complesso. Certo, nel mondo anglosassone esistono già meccanismi di questo tipo, ma sono frutto della cultura protestante. In Italia c’è un’altra cultura: ai tempi dell’8xmille, per sostituire la congrua una delle ipotesi fu quella di una nuova disciplina delle donazioni, ma poi venne scartata perché da noi in genere si dona a titolo privato, riservato. È all’estero che la donazione caritatevole è invece ragione di orgoglio pubblico. Aggiungo che la legislazione Imu introdotta dal governo Monti ha avuto effetti sciagurati: il valore degli immobili di lusso, per esempio a Milano, è salito, ma altrove l’Imu li ha deprezzati e non di rado capita che i figli rifiutano una successione non troppo allettante proprio perché si troverebbero poi in difficoltà nel pagare l’imposta. Quegli immobili, però, possono servire alla società, se la società si organizza con un quadro adeguato, anche legislativo appunto.
Il quadro è complesso. Certo, nel mondo anglosassone esistono già meccanismi di questo tipo, ma sono frutto della cultura protestante. In Italia c’è un’altra cultura: ai tempi dell’8xmille, per sostituire la congrua una delle ipotesi fu quella di una nuova disciplina delle donazioni, ma poi venne scartata perché da noi in genere si dona a titolo privato, riservato. È all’estero che la donazione caritatevole è invece ragione di orgoglio pubblico. Aggiungo che la legislazione Imu introdotta dal governo Monti ha avuto effetti sciagurati: il valore degli immobili di lusso, per esempio a Milano, è salito, ma altrove l’Imu li ha deprezzati e non di rado capita che i figli rifiutano una successione non troppo allettante proprio perché si troverebbero poi in difficoltà nel pagare l’imposta. Quegli immobili, però, possono servire alla società, se la società si organizza con un quadro adeguato, anche legislativo appunto.
Questa proposta non farebbe perdere risorse al bilancio pubblico?
Il problema non è la copertura, che nel testo ipotizziamo in 500 milioni l’anno a valre sul Fondo per gli interventi strutturali di politica economica. La pdl si autocopre soprattutto con il valore sociale che innescherebbe, dando vita a legami sociali e morali rafforzati per il bene comune. Davanti alla società che cambia, in cui sempre meno persone potranno garantirsi un welfare privato, occorre avere lo sguardo lungo.
Il problema non è la copertura, che nel testo ipotizziamo in 500 milioni l’anno a valre sul Fondo per gli interventi strutturali di politica economica. La pdl si autocopre soprattutto con il valore sociale che innescherebbe, dando vita a legami sociali e morali rafforzati per il bene comune. Davanti alla società che cambia, in cui sempre meno persone potranno garantirsi un welfare privato, occorre avere lo sguardo lungo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA






