Taranto è più che mai divisa sull'Ilva. E il sindaco s'è dimesso
di Marina Luzzi
Passo indietro del primo cittadino dopo la contestazione degli ambientalisti. Giovedì incontro al Mit sul piano di decarbonizzazione, trovata l'intesa per l'installazione di 3 forni elettrici.

L’incontro al Mimit sull’accordo di programma per il piano di decarbonizzazione di ex Ilva, previsto per giovedì 31 luglio, si farà. E sarebbe stata trovata l’intesa per la parte che fa riferimento all’installazione a Taranto di tre forni elettrici. Tutto rimandato ad agosto invece per il polo DRI che produce preridotto di ferro, investimento da 1 miliardo di euro dai fondi di Coesione e per la presenza in città di una nave rigassificatrice che dovrebbe alimentarlo, i due punti su cui da subito erano parsi distanti governo ed enti locali. È quanto sarebbe emerso nell’incontro in videocall di oggi, martedì, tra il ministro delle Imprese Adolfo Urso, il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano e i rappresentanti delle associazioni di impresa.
Confermata anche la riunione di venerdì mattina a Palazzo Chigi tra governo e sindacati. Si sceglie il da farsi anche senza il sindaco di Taranto Piero Bitetti che, nella tarda serata di lunedì, a meno di due mesi dalla sua elezione, ha rassegnato le dimissioni per “inagibilità politica”, dopo essere stato oggetto di cori e proteste da parte di una frangia di ambientalisti in sit-in sotto Palazzo di Città. Lunedì pomeriggio, in oltre due ore di incontro, Bitetti aveva ascoltato la voce di una cinquantina di realtà associative quasi tutte favorevoli alla chiusura o allo stop dell’attuale attività produttiva a carbone, in favore di una diversificazione ambientale ed economica. I toni con alcuni si erano fatti accesi, soprattutto quando per motivi familiari aveva comunicato di dover andare via e che l’incontro sarebbe proseguito stamane. “Abbiate rispetto delle nostre lacune, studiamo da mesi. Giorno e notte non faccio che pensare all’Ilva” aveva detto a chi lo criticava. Nei giorni scorsi era stato in fabbrica, ritirando un documento programmatico firmato dai sindacati e al contempo ospite di Confindustria per sentire le ragioni delle imprese. Il volto tiratissimo da giorni, l’impressione è che le forti pressioni su una questione che continua ad essere dolorosa e fortemente divisiva per la città, abbiano contribuito alla scelta di fare un passo indietro. Ora ha poco più di due settimane di tempo per ripensarci. Fonti vicine al sindaco dicono che sulla scelta di dimettersi abbiano pesato anche altri fattori: la distanza da Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, di cui era espressione e che negli ultimi giorni aveva rimarcato la necessità di firmare e subito, senza ulteriori tentennamenti e le divisioni interne ai Dem. Pare che cinque consiglieri comunali non abbiano condiviso la proposta trasmessa ieri dal Comune, su input del sindaco, al Mimit relativamente al gas e agli impianti da attivare. Una proposta che ribadiva il no del Comune all’approdo della nave di rigassificazione, considerando sufficiente per questa prima fase i 2 miliardi di metri cubi di gas l’anno che arrivano nello stabilimento attraverso la rete esistente.
Nell’idea da presentare al ministro Urso anche un solo impianto di DRI e un impianto per la cattura e lo stoccaggio della CO2. Per i cinque il no all’accordo doveva avvenire senza se e senza ma, per garantire un cambio di passo considerato epocale. Domani, 30 luglio, in municipio ci sarebbe dovuto essere un consiglio comunale monotematico per deliberare una posizione da portare il giorno successivo al tavolo dell’accordo ma è stato annullato, ufficialmente per ragioni di sicurezza.
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