«Sparavano a bimbi e ragazze»: il racconto choc sui “turisti cecchini” a Sarajevo

La procura di Milano indaga sui viaggi dell'orrore in Bosnia. Ecco la deposizione integrale resa nel 2007 da un pompiere americano al Tribunale dell'Aja che conferma i dubbi degli inquirenti: «Erano anche a Mostar»
November 12, 2025
«Sparavano a bimbi e ragazze»: il racconto choc sui “turisti cecchini” a Sarajevo
Due ragazzi tra le rovine di Sarajevo
Ritrovarsi a Trieste, prendere un aereo e volare a Sarajevo per sparare a donne e bambini, pagando le milizie serbe appostate sulle colline. Come un incubo orribile, dopo 30 anni, riemerge la storia dei “cecchini turisti”, fra cui “molti italiani”, che durante la guerra nell’ex Jugoslavia partivano per la loro caccia disumana. Vecchi ricordi e voci in queste ore si rincorrono: a riaprire il vaso di Pandora è stato un esposto presentato alla procura di Milano dallo scrittore giornalista Ezio Gavazzeni. Partito da un documentario del 2022, “Sarajevo Safari”, di Miran Zupanic, ha iniziato a scavare. E ha raccolto testimonianze importanti, comprese quelle di un ex ufficiale bosniaco ("Il Sismi fu informato e bloccò quei viaggi") e dell’ex sindaca della città, Benjamina Karic, che dopo il documentario presentò denuncia. Il pm Alessandro Gobbis, che conduce l’inchiesta affidata al Ros (l'ipotesi di reato è omicidio plurimo aggravato da motivi abietti e crudeltà, finora il fascicolo è senza indagati), sentirà Gavazzeni nei prossimi giorni. E poi potrebbe ascoltare anche l'ex sindaca, che si è già detta disponibile a raccontare la sua versione.
Intanto è già partita la richiesta per acquisire un documento importante, che si era perso nelle pieghe del tempo: la testimonianza resa nel 2007 da un pompiere americano davanti al Tribunale dell’Aja per i crimini nell’ex Jugoslavia. L’uomo, John Jordan, partito volontario per prestare soccorso agli abitanti fi Sarajevo, raccontò di essersi trovato sotto il fuoco dei cecchini e di averne visti alcuni che erano stranieri. Jordan fu il primo a parlare esplicitamente di “turisti cecchini”. Ora la sua testimonianza, che Avvenire ha trovato in forma integrale, potrebbe rivelarsi decisiva nell’indirizzare le indagini. Ecco il drammatico interrogatorio cui fu sottoposto in aula.
Domanda dell’avvocatessa Isailovic: Nella sua dichiarazione lei parla di “turisti tiratori”. Subito dopo, parla di “borgomastri” che pagavano per andare a Sarajevo a sparare alle persone dal lato serbo. Signor Jordan, ricorda di aver detto questo nella sua dichiarazione, nell’agosto dello scorso anno?
Risposta: Sì, signora.
Domanda: Può dirci da dove provenivano, all’epoca, queste informazioni?
Risposta: Avevo assistito, in più di un’occasione, alla presenza di persone che non mi sembravano del posto, per il modo in cui erano vestite, per le armi che portavano e per il modo in cui venivano “gestite”, cioè guidate dai locali. Ho visto questo a Sarajevo in diverse occasioni. Alcuni dei miei uomini lo avevano visto anche nella zona di Mostar. Il termine “borgomastri” è un’espressione gergale che si riferisce al fatto che la Croazia era alleata e amichevole, per esempio con la Germania — è da lì che provenivano quei “turisti”, da quel lato. Dalle nostre parti era difficile portare un turista a Sarajevo per sparare in salita, quindi i turisti sparavano in discesa.
Domanda: Capisco che lei abbia stabilito una distinzione visiva tra i locali e gli stranieri a Sarajevo. È ciò che si deduce dalla sua dichiarazione. È corretto? Ha effettivamente fatto questa distinzione?
Risposta: Si può dedurre dalla mia dichiarazione che io sono un osservatore addestrato e in grado di riconoscere quando una persona — chiaramente non familiare con un’area — viene letteralmente condotta per mano da persone che invece la conoscono bene. Da qui nasce il termine “turista tiratore”: non era del quartiere, non portava armi tipiche del quartiere.
Domanda: Esatto. Lei ha visto queste persone “al lavoro”?
Risposta: Io non ho mai visto uno di questi “turisti tiratori” sparare. Li ho solo visti spostarsi, accompagnati, attorno a posizioni di cecchini note. Non li ho mai visti sparare effettivamente. Ma era chiaramente evidente che la persona condotta da uomini che conoscevano il terreno ne era del tutto estranea, e il suo abbigliamento e le armi che portava mi portavano a credere che si trattasse di “turisti tiratori”. È un’espressione che ho sentito per la prima volta a Beirut, dove avevamo osservato lo stesso fenomeno lungo la “linea verde”.
Domanda: Sì, esattamente. Come erano vestiti questi “turisti tiratori”?
Risposta: Indossavano abiti misti, civili e militari, ma ciò che li distingueva era soprattutto l’arma. Chiunque può andare in un negozio di surplus militare e vestirsi come un soldato di qualsiasi esercito. Ma i locali avevano armi specifiche; quando vedevi qualcuno con un’arma che sembrava più adatta alla caccia al cinghiale nella Foresta Nera che al combattimento urbano nei Balcani, e quando si capiva che era impacciato nel muoversi tra le macerie, era evidente: se cammina come un’anatra, parla come un’anatra, è un’anatra.
Domanda: Solo un’ultima domanda. Dove ha visto queste persone muoversi con le armi? In quale quartiere di Sarajevo?
Risposta: In alcune occasioni ho visto individui con quel profilo mentre visitavo i pompieri serbi a Grbavica, e in un paio di altre occasioni li ho visti in varie zone del territorio BSA (Armata Serbo-Bosniaca), da diverse postazioni di osservazione che occupavo per controllare i miei pompieri.
Domanda: Restiamo sullo stesso argomento. Passiamo ora al paragrafo 42.
Giudice Robinson: E ora deve avviarsi alla conclusione del suo controinterrogatorio, signora Isailovic. Le abbiamo concesso più tempo del previsto.
Sig.ra Isailovic: Grazie, Vostro Onore. Le pongo subito l’ultima domanda. Signor Jordan, ha avuto modo di rivedere la sua dichiarazione? Tra le altre cose, lei parla di “bersagli” e dice che, se una famiglia camminava per strada, veniva colpito sempre il più giovane; e che, in un gruppo di ragazze, sembrava che la più attraente fosse quella che veniva colpita. La mia domanda è: secondo lei, quali criteri di selezione avevano questi tiratori? Perché sceglievano la ragazza più attraente?
Risposta: Solo Dio lo sa, signora. Per quanto riguarda l’uccisione di bambini, nel corso degli anni siamo intervenuti in numerose scene in cui un membro della famiglia, mentre svolgeva le proprie attività, veniva colpito. Molto spesso era il più giovane. Una cosa che si insegna a un cecchino militare è che l’uccisione non è necessariamente il fine ultimo: la distruzione lo è. Se uccidi un uomo, è finita. Se lo ferisci, quattro persone devono portarlo via. Quando prendi di mira civili, in particolare famiglie — musulmane o meno — sparare a un bambino ha l’effetto di devastare l’intera famiglia. Nelle famiglie musulmane più devote, alcune delle quali vivevano a Sarajevo, anche se un proiettile veniva da chissà dove e uccideva tuo figlio, l’effetto era quello di distruggere la famiglia. Uno degli insulti peggiori che si possano dire a Sarajevo è: “Non sei un uomo”. Se qualcuno uccide tuo figlio, anche da 800 metri di distanza con un fucile, e tu non hai potuto difendere la tua famiglia, non sei un uomo. Quello sparo solo ha distrutto quella famiglia. Tutti ne restavano completamente devastati.
Domanda: Grazie, signor Jordan. Ma ricorda un episodio specifico in cui qualcuno abbia sparato a una folla e sia stata colpita proprio la ragazza più attraente?
Risposta: Sì, in più di un’occasione ricordo episodi di questo tipo. Non saprei come descrivere due anni passati a vedere continuamente queste cose. Non posso ricordare tutte le date o i dettagli. Era semplicemente la vita quotidiana a Sarajevo per due anni e mezzo.
Giudice Robinson: Grazie.

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