Perché l’Europa non può restare immobile nel disordine mondiale
Dalla morte di David Sassoli al monito sempre valido di Mario Draghi, passando per Merz, Metsola e Tajani: in un libro di Donato Bendicenti si ripercorre il viaggio recente di un continente al biv

L’Europa che, come l’Araba fenice, ha saputo rinascere facendo del Covid l’occasione del suo rilancio solidale, non poteva immaginare di andare incontro a una stagione, se possibile, ancor più complicata con lo scoppio, in prossimità dei suoi confini, dell’interminabile guerra in Ucraina, l’esplosione del conflitto mediorientale e l’avvento dei dazi americani. È un continente al bivio quello raccontato da Donato Bendicenti con Al centro della tempesta. L’Europa tra ordine mondiale e disordine globale (Rai libri, pagine 256, euro 19,00).
Quasi un reportage dal fronte dell’autore, responsabile dell’ufficio di corrispondenza della Rai a Bruxelles. Un racconto, il suo, che inizia rievocando due squilli del cellulare in piena notte. Entrambe le volte erano le due del mattino, e a quell’ora non sono mai buone notizie: l’11 gennaio 2022 si trattava della morte prematura di un grande presidente del Parlamento europeo, l’italiano David Sassoli. L’altro squillo, più recente, per l’attentato a Donald Trump, in Pennsylvania, quando in libro era già in gestazione, con l’obiettivo mettere la campagna elettorale europea al centro di un anno, il 2024, descritto come «il più importante election year di sempre. Oltre 4 miliardi di elettori chiamati alle urne in decine di nazioni: tra queste India, Russia, Regno Unito, Francia, Indonesia, Pakistan», oltre agli Usa, naturalmente, e allo stesso Parlamento europeo.
«In un momento delicato nello scenario mondiale, l’unico modo per sentirsi rassicurati è sapersi parte della grande casa comune che si chiama Europa», scrive Antonio Tajani nella prefazione. «L’Unione Europea è solida perché ha le sue fondamenta nei valori comuni che ci contraddistinguono, ispirati alle nostre radici cristiane e umanistiche: libertà, democrazia, uguaglianza, Stato di diritto, dignità della persona», sostiene Tajani, cogliendo lo spirito del volume di Bendicenti.
In un’epoca di grandi trasformazioni e mutamenti scomposti nella geopolitica mondiale, Strasburgo sceglie la continuità, con l’affidamento di un secondo mandato a Ursula von der Leyen alla guida della Commissione, dopo che, 48 ore prima, Roberta Metsola era stata rieletta Presidente del Parlamento europeo.
Proprio Tajani viene descritto, nel 2019, come l’amico consolatore, in un vecchio ristorante di Strasburgo, del grande sconfitto per la corsa alla guida della Commissione, un Manfred Weber barbuto e visibilmente sofferente, che poi però, da presidente del Partito popolare europeo, cinque anni dopo, sarà il vero regista della complicata riconferma di Von der Leyen, a fronte di un Parlamento europeo che aveva cambiato di molto la sua geografia elettorale.
Il libro è la descrizione del Vecchio Continente, il «più grande mercato unico al mondo, cuore della civiltà occidentale, culla della democrazia, dello Stato di diritto, della Rivoluzione industriale, del metodo scientifico», che fatica a ricollocarsi in un quadro che vede vacillare l’alleanza tradizionale con gli Usa, e trasformarsi la complicata gestione dei confini con l’ex impero sovietico in aperta ostilità, mentre nuovi attori si impongono sulla scena, a partire dalla Cina. L’ordine mondiale a guida statunitense lascia il posto a un «disordine globale» con Trump e Xi Jinping in lotta per la nuova leadership, avendo il comune interesse a marginalizzare l’economia europea. Vacilla il diritto internazionale persino come disciplina giuridica riconosciuta, e a farne le spese è più di tutti il progetto europeo nato proprio fidando su di esso e su una progressiva cessione di sovranità delle grandi economie mondiali, al servizio di un’idea di pace e pacifica convivenza, che sembra venir meno.
Cambia anche l’Europa, con l’affermarsi alla guida della “locomotiva tedesca” del cancelliere Friedrich Merz, «ex rivale, sconfitto, di Angela Merkel, che incarna l’ala conservatrice della Cdu: la componente meno bendisposta nei confronti di eventuali compromessi con i socialisti», mentre resta sulle scena Emmanuel Macron che però «sembra avere ormai esaurito la propria spinta propulsiva, se non dal punto di vista politico, almeno da quello elettorale».
Prima del «doloroso distacco» che ogni fine di un libro comporta, Bendicenti trova modo di inserire «il capitolo che non c’era» e di cui avrebbe fatto volentieri a meno, ossia l’orrore del 7 ottobre ad opera di Hamas, con la terribile e interminabile coda del trattenimento degli ostaggi e della catastrofe umanitaria di Gaza.
Torna in auge «il nefasto criterio espresso dalle parole “mors tua, vita mea”, sempre foriero di tragedie», e va in crisi l’Europa, «il più gigantesco progetto di prevenzione dei conflitti mai tentato: settanta anni di successo nati dal superamento del dissidio franco-tedesco».
I sacrifici e le scelte che l’Unione comporta trovano sempre nuove divisioni e distinguo, che la indeboliscono anche di fronte all’ultima sfida, i dazi di Trump. Ma vale ancora il monito di Mario Draghi, prima di lasciare: «Non possiamo dire di no a tutto, altrimenti bisogna essere coerenti, e ammettere di non essere in grado di mantenere i valori fondamentali per cui questa Unione Europea è stata creata. Quindi quando mi chiedete cosa è meglio fare ora, dico che non ne ho idea, ma fate qualcosa!».
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