sabato 14 marzo 2020
Per strada in 8mila. La denuncia del direttore don Benoni. Negli ostelli sono 450 ma non si possono rispettare le distanze. Problemi anche per i volontari che portano i pasti in giro per la città.
Persone senza fissa dimora a Roma

Persone senza fissa dimora a Roma - Ansa

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"Se dovessi seguire tutte le regole dell'emergenza coronavirus, dovrei mettere fuori più della metà dei 450 senza dimora che ospitiamo nei nostri centri, scaricando così il problema sulla collettività. Se li tengo tutti dentro, violo le norme. Mi dicano cosa devo fare. Ma soprattutto trovino delle soluzioni". È il forte e preoccupato appello del direttore della Caritas diocesana di Roma, don Benoni Ambarus.

Non l'unico. "Non c'è chiarezza sui volontari che girano per la città per raggiungere, portando pasti e altri aiuti, le persone che non trovano un tetto. A Roma sono più di 8mila i senza dimora e gran parte sono per strada, soprattutto nelle aree delle stazioni". Italiani e stranieri. Con gli immigrati, sottolinea il sacerdote, "che si percepiscono di serie B anche in questa emergenza, anche per le cure". E menomale che l'ambulatorio della Caritas è aperto come sempre, e anzi sta funzionando molto come centro di informazione sull'emergenza. Ovviamente tutto volontariato. Tutti lo sanno, eppure, denuncia don Ben, "il decreto ha bypassato il mondo del volontariato e della solidarietà. Le Forze dell'ordine sono consapevoli, ma non c'è chiarezza, così accade che una pattuglia ci impedisce di distribuire i pasti la sera alla stazione Ostiense e un'altra, invece, in una zona diversa ci aiuta a tenere in fila e distanti le persone". Ma se si blocca la distribuzione dei volontari in giro per la città, avverte il direttore, "ci sarà un afflusso maggiore nelle mense, con i relativi problemi per garantire le distanze".

E allora, è l'appello di don Ben, "bisogna che sia chiarito se il mondo del volontariato deve operare o fermarsi. Se devono operare serve per loro una liberatoria. Per ora i volontari fanno un'autocertificazione. Ma basta? Se si devono fermare qualcuno però li dovrà sostituire. Chi?". Don Ben è molto chiaro. E, provocatoriamente, lancia l'hashtag #iovorreistareacasa.

Ma tanti hanno solo la strada, ora terribilmente vuota. "Le persone che abitano la strada la mattina vanno al bar dove magari gli regalano un cornetto e poi al forno per un pezzetto di pizza. Ma ora è tutto chiuso. Anche i bagni dei bar. E dove andranno? Sono persone che sopravvivono con un po' di elemosina. Ma ora chi gliela in una città vuota? Rimane solo il volontariato, ma - ripete ancora - ci dicano come dobbiamo comportarci". Così come per i quattro ostelli, a Termini, Ostia, Ponte Casilino e Santa Giacinta. "Ci hanno detto di tenerli dentro h24. Ma questi non sono carceri, non li possiamo fermare. E poi gli spazi non rispettano le norme dell'emergenza. I letti sono a castello e quindi le distanze sono minime. Dovremmo liberare un po' di spazio e per questo ho chiesto alla sindaca una deroga anche per cercare e attrezzare altri luoghi".

La Chiesa diocesana ha già messo a disposizione alcune strutture, manca solo il "via libera" delle istituzioni. Per ora sono stati bloccati nuovi ingressi, rispetto agli utenti già registrati, ma evidentemente non basta. E se poi ci fosse un caso di contagio dove far restare tutti gli altri ospiti in quarantena? Anche perche a Roma, finora, non ci sono strutture per affrontare questa emergenza tra i senza dimora. Ma i volontari non mollano. E don Ben lo ricorda. "Ci sono alcuni di loro che per prudenza non dormono più con la famiglia o, addirittura, non tornano a casa".

Un segnale positivo è venuto dal Consiglio comunale di Roma che nella serata di venerdì ha approvato all'unanimità due ordini del giorno, presentati dal Pd, che impegnano la sindaca Raggi e la Giunta ad agire proprio sui due fronti denunciati dalla Caritas. Il primo impegna "a disporre sin da subito tutte le misure adeguate e necessarie all’assistenza ed alla presa in carico delle persone senza dimora presenti nel territorio della città di Roma, anche nel superiore interesse della tutela della salute dei medesimi e della collettività". In particolare "la distribuzione del materiale sanitario per le persone senza dimora ed i volontari che prestano servizi per le strade al fine di limitare l’eventuale diffusione del contagio; la sanificazione delle strade; il raggiungimento dei luoghi in cui si svolgono le attività di assistenza in deroga alle limitazioni sugli spostamenti previste dai DPCM del 4 marzo 2020 e del 8 marzo 2020".

E ancora "la promozione di una campagna informativa presso i centri principali di accoglienza, al fine di diffondere ulteriormente le istruzioni emanate dal Ministero della Salute sul tema della prevenzione, traducendole anche nelle lingue straniere di maggior utilizzo; l’avviamento di un programma di screening per la febbre, al fine di valutare periodicamente l’eventuale presenza di una sintomatologia legata al coronavirus; la promozione di un’azione locale di monitoraggio "itinerante", per verificare le condizioni di salute di chi vive ai margini delle nostre città, in strada, camper e strutture abitative di fortuna". Infine "l'individuazione delle strutture idonee per accogliere coloro che tra i senza dimora presentano i sintomi o risultano positivi al tampone e vi possano trascorrere la quarantena".

Il secondo impegna "a disporre sin da subito tutte le misure adeguate perché possano proseguire le attività di distribuzione dei pasti verso i senza dimora e le persone fragili nella città di Roma, e perché sia autorizzato il raggiungimento dei luoghi in cui si svolgono i servizi in deroga alle limitazioni sugli spostamenti". E ancora "prevedere misure che tutelino le condizioni di salute dei volontari che si occupano della distribuzione dei pasti verso i senza dimora e le persone fragili nella città di Roma garantendo inoltre la dotazione del materiale utile come le mascherine, i guanti sterili ed i detergenti idonei". Ora tocca a Sindaca e Giunta

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