giovedì 7 aprile 2022
Nella relazione semestrale al Parlamento, la foto dell'evoluzione della criminalità organizzata. In calo omicidi, ma crescono operazioni sospette nell'economia. 'Ndrangheta leader del narcobusiness.
La Dia: mafie sempre più infiltrate nell'economia
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Sparare il meno possibile, per non fare scruscio, ma riciclare sempre di più il denaro accumulato coi traffici. La vecchia dottrina dell'inabissamento mafioso, professata da boss come Bernardo Provenzano, è ancora in auge fra i nuovi padrini. Lo confermano i dati contenuti nella corposa relazione semestrale consegnata dalla Direzione investigativa antimafia al Parlamento. Le analisi degli esperti della Dia, basate su informazioni e rapporti relativi alla prima metà del 2021, fotografano una realtà italiana in cui il numero di omicidi e azioni cruente e di comportamenti capaci di destare allarme sociale diminuisce, ma di converso cresce "la tendenza dei sodalizi mafiosi a una progressiva occupazione del mercato legale".

Meno omicidi mafiosi, ma mani sugli appalti

La relazione registra un calo degli omicidi di stampo mafioso: da 9 del I semestre 2020 a 2 nel primo semestre del 2021. Scende anche il numero delle associazioni di tipo mafioso individuate: da 77 a 57. Cresce invece, come detto, la propensione a inquinare l'economia legale, valutata attraverso l'indicatore del costante incremento delle segnalazioni di operazioni sospette: 49.104 nel I semestre 2019, 54.228 nel I semestre 2020 e 68.534 nel semestre 2021, nonché del numero di interdittive antimafia cresciute da 279 a 384 e infine a 455. Un dato che. annotano gli analisti della Dia, è indicativo della sempre maggiore attenzione posta sulle possibili infiltrazione nelle procedure di gara ed appalti, ma che rivela al tempo stesso come, "nonostante negli ultimi due anni si sia verificato un inevitabile rallentamento delle attività imprenditoriali a causa della pandemia, appare sempre maggiore l'interesse delle organizzazioni criminali per l'accaparramento di commesse ed opere pubbliche".

Pandemia, corruzione e lavaggio dei capitali sporchi

Lo scenario disegnato nella relazione indica che "l'immediata disponibilità dei capitali illecitamente acquisiti dalle mafie potrebbe incidere, mediante le attività di riciclaggio, sulla capacità dei sodalizi di inquinare l'economia e di infiltrare la pubblica amministrazione per intercettare le risorse pubbliche immesse nel ciclo produttivo". Peraltro, mentre la pandemia prosegue, "le organizzazioni criminali si stanno muovendo secondo una strategia tesa a consolidare il controllo del territorio. Quest'ultimo fattore è ritenuto, infatti, elemento fondamentale per la loro stessa sopravvivenza e condizione imprescindibile per qualsiasi strategia criminale di accumulo di ricchezza". Ancora, usando la leva della corruzione, i sodalizi mafiosi "continuerebbero a consolidare una rete di relazioni utilitaristiche" per "infiltrare le amministrazioni locali" e agevolare "le assegnazioni di lavori e forniture di servizi, garantendosi in definitiva sia il controllo del territorio, sia l'ampliamento del consenso sociale". Ciò grazie al compiacente aiuto di professionisti e pubblici funzionari infedeli della cosiddetta "area grigia". Come avvenuto in passato, "la distribuzione di posti di lavoro unita alla gestione di contratti e forniture permette infine di fidelizzare un significativo numero di persone ingigantendone il legame originato dal bisogno in particolare in quei territori che maggiormente soffrono la crisi". Per contrastare l'infiltrazione nell'economia, nel primo semestre del 2021 sono stati confiscati a soggetti mafiosi o prestanome beni illecitamente accumulati per 129 milioni e 307mila euro e sequestrati altri (ville, terreni, conti correnti, vetture) per un valore di 93 milioni 771mila euro. Oltre alle regioni a tradizionale presenza mafiosa, ce ne sono altre dove le infiltrazioni si sono radicate: "È evidente che la Valle d'Aosta rientri fra le Regioni elette dalle mafie quali aree in cui orientare le proprie mire espansionistiche per ampliare gli investimenti e inserirsi in mercati ove reinvestire i capitali illeciti".

Pagamenti in Bitcoin

Le consorterie criminali paiono interessate "alle più moderne tecnologie e in particolare a tutti gli strumenti che permettono un rapido e invisibile passaggio di denaro". I mafiosi nostrani fanno ricorso "a pagamenti effettuati con criptovalute quali i Bitcoin e, più recentemente, i Monero che non consentono il tracciamento e sfuggono al monitoraggio bancario”. E la relazione cita, come "nuove minacce in tema di riciclaggio" anche le procedure dei cosiddetti Nft, "non fungible token", che "potrebbero essere volte a nascondere la provenienza illecita dei capitali utilizzati per le transazioni".

'Ndrangheta, la "silente" narcoregina e le crepe nel muro d'omertà

Le cosche calabresi restano ai vertici del traffico internazionale di cocaina, ma al contempo mantengono il tipico low profile che connota la 'ndrangheta, "silente ma più che mai viva nella sua vocazione affaristico-imprenditoriale", ma tentata dal voler cercare "una ulteriore espansione dei propri affari illeciti anche attraverso possibili mutamenti degli equilibri criminali con sodalizi di diversa matrice". La Dia ribadisce "la capacità delle consorterie criminali calabresi di relazionarsi con quell'area grigia di professionisti e dipendenti pubblici infedeli che costituiscono il volano per l'aggiudicazione indebita di appalti pubblici". Non solo: "la diffusa corruttela interverrebbe sulle dinamiche relazionali con gli enti locali sino a poterne condizionare le scelte ed inquinare le competizioni elettorali". Tuttavia, c'è un dato che lascia sperare: rispetto a una mafia in cui, per via dei legami familiari, i pentiti erano sempre stati pochissimi, la relazione registra "una significativa inversione di tendenza" dovuta al "quasi inedito fenomeno delle collaborazioni" con la giustizia, non solo all'interno dei sodalizi ma anche nei contesti sociali dove l'assoggettamento e l'omertà sono fattori fortemente radicati sul territorio.

La camorra viaggia sui social

La camorra si fonda su "stabili equilibri criminali", consolidati nel tempo, in cui sono ammessi gruppi criminali minori, ma in coabitazione con i principali grandi cartelli. Si tratta di un vero e proprio "'sistema', basato su stratificati e complessi livelli decisionali: una struttura criminale consolidata sul territorio e dotata di un direttorio per la gestione e il coordinamento dei gruppi subordinati. In questo contesto, gli omicidi "apparirebbero collegati a dinamiche di epurazione interna finalizzate alla prevenzione di qualunque tentativo di alterazione degli assetti già definiti". Non solo. Nel linguaggio comunicativo della mafia di origine campana, non compaiono più soltanto altarini e murales. Anzi, "è sempre più frequente l'uso dei social network per condividere messaggi testuali e frammenti audiovisivi espliciti di ispirazione camorristici". Una evidenza che fa diventare pià "forte" il "rischio che l'identità mafiosa possa prendere il sopravvento anche attraverso la credibilità e l'autorevolezza del profilo social che esalta e diffonde la reputazione criminale del soggetto con lo status di uomo di camorra". Spesso l'esistenza di uno stretto legame tra gruppi in un'unica alleanza viene sempre dimostrato dai post sui social: attraverso fotografie e post gli affiliati alle organizzazioni criminali ostentano infatti l'appartenenza al gruppo e commentano le azioni di fuoco. Così, "l'esaltazione del potere criminale del proprio gruppo unita alla pratica diffusa dell'ostentazione ricorrente fornirebbero un chiaro quadro della perversa sottocultura mafiosa con cui la camorra tenta di imporre la propria affermazione sul territorio". Una "dimensione socio-culturale" nella quale si inseriscono "fenomeni di violenza urbana a opera di bande che soprattutto nel territorio partenopeo tentano di inserirsi nelle logiche della spartizione delle piazze di spaccio e delle estorsioni". Inoltre, è stato rilevato un numero di rapine nei confronti di rider, aggrediti nei diversi quartieri napoletani. Nel capoluogo partenopeo, come evidenziato in più occasioni dal procuratore capo Giovanni Melillo, "gli equilibri criminali costituiscono sempre espressione di un più ampio progetto riconducibile a due sole organizzazioni criminali: l'Alleanza di Secondigliano e il clan Mazzarella". In tutta la regione, infine, "il coinvolgimento di minori in eventi criminosi starebbe registrando una significativa evoluzione per numero e tipologia di eventi delittuosi, di cui gli stessi minori risultano non solo vittime ma talvolta protagonisti per motivi derivanti dalla loro condizione sia di tossicodipendenza, sia di affiliazione a famiglie di camorra".

Le alleanze di cosa nostra e i nigeriani a Palermo

In Sicilia restano in piedi alleanze fra i clan di cosa nostra, "finalizzate al raggiungimento di specifici obiettivi criminali con altre organizzazioni dai contorni più fluidi, meno gerarchizzate, ma ugualmente aggressive". La coesistenza di diverse matrici mafiose, "sia autoctone che allogene, si fa convivenza laddove sullo stesso territorio si giunge ad accordi utilitaristici in uno o più settori di cointeressenza confermando ulteriormente la tendenza, già emersa in passato, a rinunciare alla violenza e ai conflitti cruenti in favore di una predilezione per gli affari". Una novità è rappresentata dai rapporti con le mafie nigeriane, soprattutto a Palermo, dove i sodalizi centrafricani sembrano aver acquisito un vantaggio competitivo nel settore degli stupefacenti. "I cults nigeriani sono in grado di governare l’offerta e la domanda, i flussi di sostanze stupefacenti e i cospicui proventi derivanti da un mercato che si conferma tuttora fiorente nonostante la pandemia". La droga resta la principale forma di arricchimento, ma la pressione estorsiva non sembra essersi attenuata. Un'indole parassitaria tipica, quella di Cosa nostra, ma accentuata anche da "una contingenza economico-finanziaria fortemente condizionata dalla crisi conseguente alla diffusione della pandemia da Covid-19". Infine cosa nostra, e in generale le mafie, riescono "a realizzare un controllo diffuso e capillare sul territorio di competenza nel mercato legale dei giochi e scommesse online".

La "quarta mafia" del Foggiano

In Puglia destano particolare attenzione il territorio di Bari, il basso Salento e la provincia di Foggia, dove operano le tre storiche organizzazioni della società foggiana, della mafia garganica e della delinquenza cerignolana. A Foggia "la pervicace capacità di permeare il tessuto economico è alla base dello spirito di rinnovamento della criminalità organizzata che si orienta verso un modello più evoluto di ‘mafia degli affari’ attraverso la costante ricerca di un equilibrio tra tradizione e modernità”. Secondo quanto affermato dallo stesso procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, “Foggia è la componente significativa e importante della Quarta Mafia e quindi rappresenta oggi uno dei primi obiettivi di contrasto alle organizzazioni criminali di matrice mafiosa". Si tratta di clan che si infiltrano nelle attività economiche e non sparano soltanto, che usano "violenza per sottomettere la popolazione, per far soggiacere le imprese" e condizionare le pubbliche amministrazioni.

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