venerdì 11 febbraio 2011
Buona sanità, la mamma era in coma. La bambina sta bene ed è già stata trasferita nel reparto di neonatologia. La donna, 40 anni, soffre di idrocefalea per una forma tumorale al cervello.  Anche per lei la prognosi è positiva.
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Due vite salvate in una volta sola. Una madre in coma ha dato alla luce la sua bambina ed è riuscita ad uscire dalla condizione in cui era caduta solo poche ore prima del parto. È successo ieri mattina all’Istituto neurologico Besta di Milano, grazie al coordinamento e alla tempestività con cui hanno lavorato insieme le due équipe, quella dell’ospedale neurologico milanese e della Mangiagalli, sempre di Milano, la clinica in cui avvengono il maggior numero di parti nel capoluogo lombardo.La storia: una donna di 40 anni, con un serio problema al cervello, strascico di una malattia tumorale avuta nel 2003 rimane incinta otto mesi e mezzo fa. La mamma, che vive in Campania, nel Salernitano, è seguita al Besta dall’équipe del professor Carlo Lazzaro Sòlero fin dal periodo di malattia. La gravidanza procede bene, è necessario solo cambiare il catetere che aiuta a eliminare il liquido dalla testa (la donna soffre di idrocefalia), perché nella pancia – dove solitamente in questi casi viene collocato – data la crescita del bambino per la gravidanza, non può più stare. Viene spostato nel cuore nell’ottobre del 2010 e lì rimane e funziona bene fino a 3 giorni fa. La giovane madre non sta bene, non si sente lucida e decide di andare a fare un controllo Milano. Qui, attraverso una risonanza magnetica i medici comprendono che non funziona più il catetere e tengono la situazione sotto controllo. Fino a quando due notti fa la donna peggiora ed entra in coma.Nel giro di poche ore viene organizzata una “collaborazione trasversale” con la clinica Mangiagalli, che manda al Besta un suo team: un ginecologo, due ostetriche, un infermiera e un neonatologo. I medici attrezzano una sala operatoria, la trasformano per il parto: «Non abbiamo esitato un attimo a intervenire e ci siamo organizzati in breve tempo, perché a preoccupazione che avevamo – spiega Agostino Angelo Mangia, il ginecologo che ha fatto nascere la piccola – è che durante il parto la pressione del sangue della mamma diminuisse e mettesse a rischio la vita di entrambe». Così infatti accade e per questo l’équipe decide di procedere con un cesareo. Sofia (la chiamiamo con un nome di fantasia) nasce alla 37 esima settimana di gestazione, sta bene e non ha bisogno nemmeno di stare in incubatrice. Viene trasferita alla Mangiagalli perché i medici possano continuare a seguirla ed ora riposa al “nido”, con tutti gli altri bambini.«Al momento del parto – riprendono il racconto Sòlero e Mangia – è scoppiato un boato fragoroso dentro il reparto, di gioia e felicità». Il Besta è infatti la seconda volta dopo 37 anni che vede la nascita di un bambino all’interno della struttura. Così dopo che Sofia è venuta alla luce, la neomamma è rimasta in sala operatoria: le hanno cambiato il catetere e già in serata ha ripreso conoscenza e ha chiesto di vedere la piccola. Ma, per il momento dovrà accontentarsi delle fotografie che ha scattato l’orgoglioso papà. «Ora entrambe, mamma e figlia – continua il neurochirurgo Sòlero – potranno condurre una vita normale». E di certo questa storia, che è un vero e proprio inno alla vita, «è anche un esempio di buona collaborazione tra due ospedali» come afferma il neodirettore del Besta Carlo Borsani.
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