giovedì 22 settembre 2016
In Italia i bambini di 8 anni in sovrappeso sono circa il 36%: quasi 4 su 10. Gli esperti riuniti all'Auxologico di Milano: un problema che coinvolge sempre più spesso anche gli immigrati.
Obesità, bimbi sempre più a rischio
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Sempre più numerosi, e sempre più a rischio. Anche perché, di fatto, quello dei bambini e degli adolescenti in sovrappeso è un problema che nessun Paese è ancora riuscito a risolvere. Al punto che l’obesità infantile, secondo quanto denunciato dalla rivista scientifica The Lancet proprio in queste ore, è il principale ostacolo al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Una piaga, nei suoi effetti, paragonabile soltanto a quella del consumo di alcol.

In Italia, secondo il recente studio “OKkio alla Salute” del Ministero della Salute, eseguito dall’Istituto Superiore di Sanità, i bambini obesi di 8 anni sono circa il 12%, quelli in sovrappeso circa il 25%, con un tasso cumulativo intorno al 36%. Numeri impressionanti, che registrano una maggior prevalenza nei maschi rispetto alle femmine e nelle aree meridionali rispetto a quelle settentrionali (con punte del 50% di sovrappeso e obesità in Campania). E che rilanciano l’esigenza di interventi immediati.

L’argomento è stato al centro di un incontro internazionale all’Auxologico di Milano, cui hanno partecipato decine di specialisti e in cui sono stati presentati i dati preliminari di un altro studio allarmante sul fenomeno condotto su un campione di 2.300 bimbi tra Italia, Norvegia e Germania: si chiama "Coming" (Childhood and adolescent Obesity and Metabolic syndrome in Italy, Norway and Germany), è coordinato dal professo Alessandro Sartorio dell’Auxologico, e ha evidenziato una maggiore prevalenza di sindrome metabolica e fattori di rischio cardiovascolari nei bambini/adolescenti obesi tedeschi rispetto agli italiani e ai norvegesi, condizionata in gran parte dalle differenti abitudini alimentari.   Non bisogna poi dimenticare le conseguenze negative dell’obesità per la stessa salute infantile. La prevalenza di steatosi epatica (il cosiddetto “fegato grasso”) nei ragazzi gravemente obesi è del 40% e quella della sindrome metabolica del 25%: situazioni entrambe reversibili affrontando per tempo il problema in modo corretto. Se, ovviamente, lo sviluppo di efficaci strategie nazionali per la prevenzione, la cura e la riabilitazione di questa malattia sociale divenissero prioritarie.  

«Altro aspetto importante è quello dell’obesità (e delle malattie correlate) nei sempre più frequenti bambini immigrati nel nostro Paese  - spiega Alessandro Sartorio -, esposti improvvisamente ad un ambiente ad elevato rischio obesiogeno. In questi casi è necessario un inquadramento corretto dei loro parametri di crescita, che tenga conto della loro provenienza geografica e delle caratteristiche genetiche della popolazione di provenienza».     Le ricette per aggredire il problema? La presa in carico del bambino e dell’adolescente, la creazione di una fitta rete specialistica, ambulatoriale e ospedaliera, sul territorio, la stretta collaborazione con i pediatri di famiglia. Secondo gli esperti poi, accanto al problema della numerosità, non deve essere sottovalutato l’aspetto - sino ad ora poco considerato - rappresentato dai bambini cosiddetti “super-obesi”, i più difficili da curare e i più esposti a patologie gravi. «È importante – conclude Alessandro Sartorio - che i genitori riconoscano per tempo il problema obesità nel proprio figlio, rivolgendosi al più presto a Centri con comprovata esperienza nella cura e riabilitazione di questa malattia. Contrariamente, infatti, all’adulto obeso, che convive da tanti anni con l’eccesso ponderale, nei bambini e negli adolescenti obesi le possibilità di cura efficace e di ritorno alla normalità sono decisamente più elevate».

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