sabato 14 novembre 2020
Nei giorni del convegno nazionale del Movimento per la Vita, protagonisti i giovani che animano un servizio di ascolto e di incontro con ragazze alle prese con i dubbi su una gravidanza
Noi volontari su chat e smartphone preveniamo aborti e accogliamo vite
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«Gravidanza? Non sai cosa fare? Possiamo parlarne insieme!». Nell’oceano del Web quella di Sos Vita è un’isola di serenità. Sullo sfondo c’è il volto di una giovane donna sorridente e, in fondo a destra, basta un clic per iniziare a chattare con un operatore disponibile ad ascoltare: «Potrai rivolgerti a noi e parlare in totale riservatezza delle difficoltà che stai incontrando, sicura d’essere compresa e sostenuta».

Sos Vita Web, nato nel 2015 accanto al numero verde telefonico di Sos Vita Verde, è in continua crescita, specie nell’ultimo anno, quando la pandemia ha reso ancora più crudeli le solitudini e – soprattutto per i più giovani – Internet sembra a volte l’unica compagnia fedele. «Si avverte soprattutto tanta solitudine.

Alle donne che si rivolgono a noi cerco di far capire che non sono mai sole, che sono importanti, che valgono molto. In quel momento stanno parlando con me e, se sono incinte, hanno una nuova vita con sé. Quindi, in quel momento, siamo almeno in tre». Maggie ha 33 anni, è un’educatrice di asilo nido e vive vicino a Firenze. Si è avvicinata al Movimento per la Vita (MpV) attraverso un gruppo universitario, e da qualche tempo, dopo un serio periodo di formazione, ha iniziato a dare il suo contribuito con la chat.

Nei giorni del 40° Convegno nazionale (online) del MpV, dei Centri aiuto alla Vita e delle Case di accoglienza, che si conclude oggi con il forum europeo di «Uno di noi», sono esperienze come la sua che mostrano la creatività di questo specialissimo popolo di volontari. «È importante far capire quanto sia importante questo strumento peculiare – spiega Maggie –. Ora più che mai sento che questo servizio di volontariato sia una risposta urgente alla situazione attuale».

Da marzo a ottobre almeno 350 persone hanno parlato a un volontario attraverso la chat, chiedendo aiuto, sostegno o semplicemente ascolto. Matteo ha 29 anni, si occupa di controllo qualità in una multinazionale e ha iniziato il suo percorso già alcuni anni fa, dopo un convegno: «Volevo approfondire il tema del concepito, e così sono diventato volontario. Ascoltiamo tutti i giorni storie difficili, a volte di povertà e disagi familiari. Non ci sostituiamo alle figure professionali, ma, senza preconcetti, cerchiamo di essere una bussola in un momento in cui non è facile scegliere». Matteo, che coordina il gruppo Web, non è l’unico uomo tra i volontari: «Credo sia essenziale anche la presenza maschile, ma se mi chiedono di parlare con una donna chiedo a una volontaria. Non è così raro, poi, che siano coppie di fidanzati a rivolgersi a noi».

Obiettivo della chat è anche poter passare dal virtuale al reale, per dare sostegno concreto a chi ha bisogno. «Il Web porta a comunicare in modo più diretto: con la chat si entra subito nel vivo», spiega Emanuela, 40 anni, sposata e mamma. Originaria del Perù, è stata adottata in Italia: «La mia mamma biologica mi ha dato la vita, affidandomi alle suore. Anche quando le donne non se la sentono di essere mamme, la vita non va interrotta. L’aborto non è mai una vera scelta di libertà». Oggi Emanuela è la travel manager di un’importante azienda. Gli impegni lavorativi e familiari sono moltissimi, ma non intende sospendere con Sos Vita: «C’è un enorme bisogno. La società non supporta le donne, e la solitudine non aiuta mai a scegliere per il meglio. Si rivolgono a noi anche ragazzine di 13-14 anni, parlano in chat perché non hanno vicino nessuno con cui confidarsi».

Tra i volontari c’è anche suor Giulia, della Congregazione delle suore Passioniste di San Paolo della Croce. Già prima di entrare in convento era molto attiva online, cercando di intercettare sui forum mamme in difficoltà che chiedevano aiuto sul Web. «All’inizio non dico di essere una suora, proprio perché non si sentano in alcun modo a disagio, ma anche se fossi atea oggi farei ugualmente questo servizio.

Il valore della vita è universale, non c’è bisogno di credere in Dio per capire che lì c’è un bambino: basta guardare un’ecografia. Le persone che cercano aiuto online sono titubanti, ma se dall’altra parte qualcuno li fa sentire accolte si aprono a una relazione personale. Si rivolgono a noi anche donne che sono passate dall’aborto per raccontarci la propria sofferenza».

Suor Giulia, con lo smartphone o il pc, risponde a tutti: «Come suora questo mi aiuta ancora di più a vivere una fecondità diversa da quella naturale. La vita religiosa comporta già una dimensione di maternità spirituale con chi incontriamo. Contribuendo alla nascita di bambini, anche se non sono miei figli, mi sento davvero madre».

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