mercoledì 26 febbraio 2020
Gli uomini “a disposizione” del clan degli Alvaro: coinvolto il senatore di Forza Italia, Marco Siclari. Tra i fermati anche Domenico Creazzo, primo dei votati di FdI alle ultime elezioni regionali
Un frame, tratto da un filmato reso disponibile dalla polizia, sull’operazione eseguita ieri a Reggio Calabria

Un frame, tratto da un filmato reso disponibile dalla polizia, sull’operazione eseguita ieri a Reggio Calabria - Ansa

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Attentati alla Polizia, ricatti elettorali e processi aggiustati. Se non fossero contenuti nell’ordinanza firmata dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria, Tommasina Cotroneo, gli episodi minuziosamente raccolti dalla polizia giudiziaria coordinata dai pm Gaetano Paci e Giulia Pantano, sembrerebbero perfetti per una serie-tv. Invece i protagonisti, ben 65, finiti in manette nella vasta operazione antimafia “Eyphemos” sono in carne ed ossa: dal piccolo Comune di Sant’Eufemia, nel cuore dell’Aspromonte, gestivano un reticolo criminale con propaggini in Lombardia, Marche, Umbria e in Australia.

I politici coinvolti

Nomi altisonanti, come quello di Domenico Creazzo, primo degli eletti in Fratelli d’Italia alla tornata elettorale di un mese fa per le regionali in Calabria. Non l’unico politico “pizzicato”: si attende la pronuncia della Giunta per le immunità del Senato per la richiesta di arresto avanzata dai pm per Marco Siclari, parlamentare di Forza Italia, il cui fratello – sindaco di Villa San Giovanni, sempre nel reggino – è stato arrestato un mese fa dalla Dda calabrese, guidata dal Procuratore capo, Giovanni Bombardieri. Sarebbero uomini “a disposizione” del potentissimo clan degli Alvaro, una sorta di cartello criminale temutissimo all’interno della ’ndrangheta a tal punto che uno dei fermati, Francesco “cannedda” Cannizzaro, partecipò al famigerato summit di Montalto nel 1969 quando nacque la Santa, la commissione unitaria che gestisce tutte le ’ndrine. La figura di Domenico Creazzo è centrale nell’inchiesta: seppure sia indagato per voto di scambio, il sindaco di Sant’Eufemia avrebbe agevolato la cosca a più riprese. In primis, asservendo la Pubblica amministrazione agli appetiti economici dei clan, ma poi tentando di aggiustare un processo a carico di due affiliati con pressioni sul giudice designato in Corte d’Appello. E ancora: prebende ad amici e affiliati durante il suo mandato da vicepresidente facente funzioni del Parco dell’Aspromonte, nonché l’assunzione di un congiunto del super boss Cosimo Alvaro proprio nella struttura dell’Ente nazionale. Fatti registrati fino a poche settimane fa, come l’accordo elettorale che lo lega all’ex governatore Giuseppe Scopelliti durante la recente campagna per le regionali. Non uno sposalizio politico, ma una sorta di sottomissione di Scopelliti e dei suoi – stante a quanto riferito dagli inquirenti – per via di un ricatto operato dallo stesso Creazzo: «Aveva le carte per rovinarli a tutti, ma non ha fatto niente», diceva il fratello del politico-finanziare pronto a tutto per entrare in Consiglio regionale.

Voti in cambio di favori

Altrettanto spregiudicato sembrerebbe l’atteggiamento di Marco Siclari, campione di preferenze in Aspromonte, durante le ultime politiche. I voti ottenuti sarebbero alla base di una contropartita: l’assunzione di una congiunta degli Alvaro alle Poste. Clientele e appalti. Ma anche tanta violenza. Quella di Sant’Eufemia è una ’ndrangheta arcaica, ricca di simbologia e riti di affiliazione. Le due figure centrali sono Cosimo Idà, vicesindaco di Sant’Eufemia, detto “u diavulu”, formalmente affiliato al clan Alvaro e Domenico Laurendi, imprenditore factotum e collegamento con la politica. Ma anch’esso in realtà uomo della cosca. Al pari del presidente del Consiglio comunale, Angelo Alati, che ha anche un’alta carica nella ’ndrina locale: è il mastro di giornata. Volevano scindersi dalla famiglia originaria per creare una loro locale. Armieri delle ’ndrine aspromontane furono interpellati dal clan Gallico di Palmi per dare una lezione allo Stato: la casa confiscata ai Gallico era diventata il commissariato di Polizia. Un affronto che i clan dovevano ripagare con un attentato dinamitardo. Ipotesi sventata dal maxi-blitz degli uomini coordinati dal Questore, Maurizio Vallone.

«Evitare condanne preventive»

Non si sono fatte attendere le reazioni del mondo politico dopo l’arresto di Creazzo (dato in pole position per il ruolo di Presidente del Consiglio regionale) e la richiesta di arresto per Siclari, molto vicino ad Antonio Tajani. La governatrice della Calabria, Jole Santelli ha dichiarato: «Sono garantista e credo che occorra estrema prudenza ed evitare condanne preventive». Seppur Giorgia Meloni non sia sia pronunciata, da Fratelli d’Italia fanno sapere di essere prossimi all’espulsione di Creazzo. Dura la condanna dal Governo giallorsso: «Da mesi ormai - afferma Carlo Sibilia, sottosegretario all’Interno - andiamo ripetendo che quello delle infiltrazioni mafiose nelle liste del centrodestra è diventato un problema che Meloni e Salvini devono affrontare».

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