venerdì 26 aprile 2019
Accolto il ricorso di un pakistano. Per i giudici la sentenza di non accoglimento della richiesta era stata presa senza verificare realmente i rischi per la vita del richiedente nel suo Paese
Il palazzo della Cassazione (Ansa)

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Prima di rifiutare a un migrante la richiesta di asilo il giudice deve verificare se realmente il rimpatrio mette a rischio la sua vita. Insomma basta con la stretta sulle richieste di asilo motivata, dai giudici di merito, sulla base di generiche "fonti internazionali" che attesterebbero l'assenza di conflitti nei paesi di provenienza dei migranti che chiedono di rimanere in Italia anche per non rischiare la vita. Lo chiede la Cassazione che esorta i magistrati a evitare "formule stereotipate" e a "specificare sulla scorta di quali fonti" abbiano acquisito "informazioni aggiornate sul Paese di origine" dei richiedenti asilo.

Nello specifico la sentenza, che andrà considerata per le future sentenze, ha accolto il ricorso di un pakistano. Tra l'altro non si può dire che il Pakistan sia un Paese tranquillo. Certo non ci sono guerre dichiarate, ma l'intolleranza etnica, politica e religiosa è forte. Scontri sono in atto ai confini con l'India e l'Afghanistan. Occorre poi ricordare la presenza di gruppi fondamentalisti e terroristi e seri problemi sul fronte della democrazia e dei diritti umani.

Sulla base di questi principi, quindi, la Suprema Corte ha dichiarato "fondato" il reclamo di Alì S., pakistano, al quale la Commissione prefettizia di Lecce e poi il Tribunale della stessa città, nel 2017, avevano negato di rimanere nel nostro Paese con la protezione internazionale.

Alì, tramite il suo avvocato avvocato Nicola Lonoce, ha fatto presente che la decisione era stata presa "in base a generiche informazioni sulla situazione interna del Pakistan, senza considerazione completa delle prove disponibili" e senza che il giudice avesse usato il suo potere di indagine. Il reclamo ha fatto centro e e la Cassazione ha sottolineato che il giudice "è tenuto a un dovere di cooperazione che gli impone di accertare la situazione reale del Paese di provenienza mediante l'esercizio di poteri-doveri di indagine e di
acquisizione documentale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate", e non di "formule generiche" come il richiamo a non specificate "fonti internazionali". Il caso sarà riesaminato a Lecce.

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