venerdì 20 ottobre 2023
Sono solo quattro ormai i sopravvissuti al bombardamento americano del 1944 sulla scuola milanese in cui rimasero uccisi gli alunni delle elementari e i loro insegnanti
Il messaggio dei bambini di oggi per i 184 bambini uccisi

Il messaggio dei bambini di oggi per i 184 bambini uccisi - L.B.

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Se a Milano 79 anni fa il 20 ottobre avesse piovuto come oggi, molti dei 184 bambini uccisi nella loro scuola elementare “Francesco Crispi” sarebbero ancora vivi. Ma quel giorno del 1944 il cielo era così terso che da Foggia la mattina presto 35 cacciabombardieri americani si poterono alzare in volo per andare a bombardare Milano.

Alle 11.24 grappoli di 350 bombe oscurarono il cielo, dirigendosi non sulla Breda o sull’Alfa Romeo cui erano destinate, bensì sul quartiere di Gorla e Precotto: un lieve errore aveva portato fuori rotta gli aerei e prima di tornare a Foggia bisognava scaricare quel peso, ovunque andasse a cadere. Suonarono gli allarmi. Maestri e bidelli cercarono di portare in salvo centinaia di bambini nei rifugi sotto la scuola, ma una delle bombe infilò la tromba delle scale affollate di grembiulini neri: l’edificio esplose, il rifugio sprofondò, alunni, maestre e bidelli precipitarono, e al posto della scuola restò un cratere, dagli anni ‘50 divenuto una piazza alla memoria dei Piccoli Martiri di Gorla, con la cripta che conserva i resti dei 184 piccolini morti insieme al personale scolastico, e sopra il gigantesco monumento di una madre velata che mostra il figlio morto e una scritta cubitale, “Ecco la guerra”.

Il monumento ai Martiri di Gorla

Il monumento ai Martiri di Gorla - L.B.

Così erano solo in quattro questa mattina, alla celebrazione per i Piccoli Martiri di Gorla, i sopravvissuti di allora: sopravvissuti alla strage e al tempo. Ma circondati da una folla che dopo 79 anni non accenna a diminuire, come ha notato con stupore il cardinale Francesco Coccopalmerio, officiando la Messa non in piazza, a causa del maltempo, ma nella vicina chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù: “Questa è l’occasione in cui il predicatore non sa cosa dire e dovrebbe tacere – ha esordito –, la vera predica siete voi, non mi sarei mai aspettato una chiesa così piena”.

È vero, Milano, e Gorla in particolare, non ha mai dimenticato una tragedia che fu collettiva e che ancora oggi sanguina nelle ferite di chi ricorda bene (uno a uno negli anni sono morti i padri e le madri dei piccoli martiri, ma restano i fratelli, e quei quattro sopravvissuti, “nessuno di noi è mai più potuto scendere in una cantina”, mormora una di loro). Impossibile non pensare ad altri bambini, in questi giorni rapiti, uccisi dalle bombe, straziati dai comportamenti degli adulti. “Volevo fare un discorso di pace – continua il cardinale – ma qui diventerebbe retorica, non funzionerebbe, in questi tempi tutti parlano di pace e poi vogliono la guerra. Mi ha invece impressionato leggere le parole scritte dai bambini…”.

La Messa per i Piccoli Martiri e il murale degli alunni

La Messa per i Piccoli Martiri e il murale degli alunni - L.B.

E’ il messaggio che i nuovi alunni delle scuole “Crispi” e “Martiri di Gorla”, anche loro a Messa, hanno scritto su un cartellone che colore l’altare, “I nostri 184 amici li abbiamo immaginati in un paese bellissimo…”. “Se vogliamo fare un atto di vero omaggio pensiamoli vivi in Paradiso, perché la vera ingiustizia sarebbe pensare che sono morti definitivamente”, conclude Coccopalmerio.

Poi è la volta delle autorità di Comune e Regione, infine a nome del governo interviene la sottosegretaria all’Istruzione Paola Frassinetti: “Anche coloro che vincono le guerre devono chiedere scusa e riconoscere i propri errori. Io mi impegno perché il 20 ottobre diventi una Giornata nazionale per le vittime civili di tutte le scuole, c’è già una proposta di legge”, ha annunciato.

Ma sono state le parole sentite, sincere, vibranti, del vicepresidente nazionale dell’Associazione Vittime della Guerra, Michele Corcio, a infiammare la folla: “Ho avuto il privilegio di scendere in solitaria nella cripta, e i 184 sguardi nonostante la mia cecità mi hanno penetrato in profondo. Con le mie dita ho letto il nome inciso di Franco, 6 anni, e non ho potuto continuare… Lì, dove c’era la tromba delle scale, si sentono ancora le voci concitate degli scolaretti che, sollecitati dai loro maestri, si apprestavano a raggiungere la salvezza. Una corsa spezzata. Risalire quelle scale non è un andare via, ma l’assunzione di un dovere, la necessità che si smetta di ripetere questi atti in ogni parte del mondo. Le foto dei 184 piccoli di Gorla ci dicono che i bambini sono bambini ovunque nascano, al di qua e al di là di un confine, ed è delittuoso e criminale stroncare la loro infanzia. Ricordarli significa rinforzare il nostro impegno perché siano rispettati i trattati internazionali!”.

Una lunga processione, aperta dai numerosi bambini di Gorla di oggi (di varie etnie), ha poi raggiunto il monumento in piazza, dove è suonato il Silenzio e sono state deposte corone di fiori. “Ormai sono alta come voi”, ha sorriso Graziella Ghisalberti, 86 anni, 7 il giorno della strage, rivolta agli alunni, “avevo la vostra età, mi sono salvata perché sono scappata verso casa anziché nel rifugio. Quel giorno stavamo imparando le maiuscole, ricordo che stavo compilando una pagina di lettere D, poi è suonato l’allarme…”.

Graziella Ghisalberti, una dei pochi sopravvissuti, con il professore di storia americano

Graziella Ghisalberti, una dei pochi sopravvissuti, con il professore di storia americano - L.B.

Per tutta la vita si è spesa per la memoria di chi non ce l’ha fatta. A braccetto per sostenerla c’è un professore di storia americano, Robert Bloomhuff. Da 9 anni non è mai mancato alla commemorazione: “Insegno storia eppure mai in alcun libro di testo né americano né italiano avevo letto di questa tragedia. Da quando ho saputo, vengo privatamente a rappresentare le scuse degli Stati Uniti”.

Ogni anno scrive alla Casa Bianca chiedendo di poter leggere due righe a nome dei vari presidenti che si sono succeduti, ma non ha mai avuto risposta. D’altra parte “Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia”, ha affermato in chiesa il Vangelo di Matteo, perché il paese bellissimo disegnato dai bambini sull’altare apparterrà a loro.


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