venerdì 23 agosto 2019
L'arcivescovo Lorefice all'equipaggio della Mare Jonio: «Scriviamo pagine belle di vita, di incontri, di amicizia, di solidarietà, scritte con cuori rimasti umani, ispirati dall’umanità bella di Gesù»
La nave di Mediterranea torna in mare, verso la Libia. I messaggi dei vescovi
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Nessuno avrebbe potuto prevedere che la ripartenza sarebbe avvenuta con il governo al capolinea, spaccato anche sul tema dei "porti chiusi", mentre dalla Libia si continua a scappare e morire e a Lampedusa si continua ad arrivare. Gli ultimi proprio ieri, un barchino con un imprecisato numero di persone è entrato autonomamente nell’isola a poche bracciate dalla Mare Jonio, il vascello umanitario italiano diretto verso le vie di fuga da Tripoli.

«Dopo due mesi di sequestro, torna incredibilmente in acqua la nave dei centri sociali», scrive sui social Matteo Salvini mostrandosi sorpreso. La nave, come invece il ministro sa, è stata dissequestrata dalla procura di Agrigento, che indaga proprio sui presunti abusi commessi dal Viminale, e al momento della partenza non ha ricevuto alcuna limitazione dalle autorità. Mare Jonio, il rimorchiatore adattato a interventi di assistenza, è stato dissequestrato a inizio agosto. In navigazione congiunta c’è anche la barca a vela "Matteo S.", dei volontari di "Lifeline", l’Ong tedesca che collabora a questa missione e che in mare ha anche la "Sebastián K.". Due imbarcazioni ribattezzate evocando Salvini e Kurtz, la coppia di leader europei tra i più ostili ai salvataggi in mare. Con loro anche un’altra barca a vela ma con bandiera polacca, a completare e ribaltare la rappresentanza dell’Asse di Visegrad, il controverso patto sovranista delle "frontiere chiuse" nell’Ue.

L’urgenza dei soccorsi è confermata dall’ultimo allarme dell’Organizzazione mondiale dei migranti: è salito a 859 il numero di persone morte nel Mediterraneo dall’inizio del 2019. A bordo della Jonio sono arrivati a sorpresa i messaggi di vescovi che incoraggiano la missione. «Sentitemi uno di voi, con voi», ha scritto Corrado Lorefice che ha trasmesso il suo pensiero attraverso il capo missione Luca Casarini. «Mentre siamo sommersi da questo mare di indifferenza e di aggressività – si legge nel testo dell’arcivescovo di Palermo –, di odio e di livore, di individualismo e di arroganza, scriviamo pagine belle di vita, di incontri, di amicizia, di solidarietà, di amore, scritte con cuori rimasti umani, ispirati dall’umanità bella di Gesù». Perciò Lorefice dice «grazie per quello che siete, per il vostro coraggio, perché amate!». Nel suo ruolo di pastore Lorefice suggerisce di leggere durante la missione alcuni passi del Vangelo di Giovanni. E così sta avvenendo: «Come ho fatto io, così fate anche voi».

L’equipaggio, giunto alla settima missione, ha incrociato la Ocean Viking, poco prima che ottenesse lo sbarco a Malta. Durante la navigazione notturna anche il vescovo di Cefalù ha voluto esprimere vicinanza e amicizia: «L’umile e vero devoto popolo siciliano ha inventato il titolo mariano di Porto Salvo per invocare l’aiuto della Vergine Madre Maria verso tutti i naviganti. A lei – è l’invocazione di Giuseppe Marciante – rivolgo la nostra preghiera perché il cuore dei credenti italiani sia un porto aperto e sicuro per tutti i naufraghi».

Alle «carissime amiche e amici della nave Mare Jonio», si è rivolto il presidente di Pax Christi. «Salvare vite – ha scritto il vescovo Giovanni Ricchiuti – è un valore in sé, grande, indiscutibile. Grazie per il vostro impegno a tenere accesa la speranza in un mondo più umano. Abbiamo bisogno di gesti che indichino la rotta della pace e dell’ umanità». Non si può guardare a Mediterranea «e alle persone che potrete salvare senza pensare ad altre navi cariche invece di "cose" che arricchiscono noi Occidente opulento: Coltan, oro, diamanti, petrolio. E come non pensare – insiste Ricchiuti – alle navi cariche di armi che, lo speriamo, la smettano di rifornire di bombe, spesso Made in Italy, diversi Paesi in guerra».

Anche don Luigi Ciotti ha voluto inviare una abbraccio all’equipaggio: «Grazie ai membri della "Mare Jonio" per il loro ritorno in mare. Un gesto – scrive il fondatore di Libera – che afferma una verità oggi troppo spesso dimenticata o calpestata: le leggi devono garantire la giustizia, non il potere». Alle «vite sballottate dalle onde», va la preghiera del sacerdote che indica nei soccorritori «la parte migliore del nostro Paese e di un’Europa fedele alla sua tradizione umanistica, culla di civiltà e di progresso».

Per dirla con monsignor Domenico Mogavero, «voi tornate in frontiera per soccorrere quanti – ha scritto in una lettera il vescovo di Mazara del Vallo – cercano di raggiungere approdi di speranza, che li ripaghino di persecuzioni, ingiustizie, violenze e stati di vita indegni della condizione umana». A tutti loro «date anche a mio nome il benvenuto». Espressioni che hanno suscitato forti emozioni, dopo mesi di lavoro, tentativi di discredito, accuse rivelatesi infondate. «Su quella nave ci siamo tutti – ha detto da Modena don Mattia Ferrari, cappellano della Mare Jonio –, c’è tutta la società civile che continua a credere che ogni persona», merita di non essere «abbandonata alla morte in mare o alle torture in Libia».





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