sabato 5 ottobre 2013
​​Da Atella a Caivano sindaci, parroci e tantissima gente in strada per dire no alla stretta mortale dei rifiuti tossici gestiti dalla criminalità che seminano la morte. La conclusione al santuario della Madonna di Campiglione. In testa al corteo il vescovo Spinillo: offendere la natura. è peccato mortale.
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Non si è mai visto in questa terra un movimento così, ma non dobbiamo sprecarlo. Dobbiamo portare speranza, dobbiamo ridare dignità alla vita. Ma dobbiamo anche dire con forza che chi continua a inquinare è in peccato mortale contro Dio e contro gli uomini». Con queste chiare parole il vescovo di Aversa, Angelo Spinillo chiude la "Marcia per la vita", promossa dalla diocesi. Un vero fiume di gente da Orta di Atella a Caivano, 50mila persone, il popolo della "terra dei fuochi". Niente simboli, niente bandiere, solo tanti striscioni che urlano il dolore ma anche la speranza. In testa una croce ma con un cristo risorto. Subito dietro tanti parroci col loro vescovo e poi le gigantografie dei bambini morti di tumore, morti di roghi e di veleni. «Perché la loro morte non sia inutile», si legge. Dolore e speranza, rappresentati anche dai colori dominanti nelle magliette, il nero e il bianco. Bianco come centinaia di palloncini che alla fine, davanti al santuario della Madonna di Campiglione a Caivano, si alzano verso il cielo. E il cielo ritorna anche nella parole di monsignor Spinillo. Ricorda che «cinquanta anni fa un Papa, Giovanni XXIII, in un famoso discorso parlò della luna e del nuovo cammino di un popolo capace di annunciare la pace. Questa sera – aggiunge il vescovo – la luna non c’è ma anche noi siamo un movimento nuovo della storia». E allora, conclude citando nuovamente "Papa Giovanni" e quel suo discorso, «tornate a casa con la speranza e date una carezza ai vostri bambini. Auguro a tutti di portare questa speranza nuova che dipende da noi, per i nostri bambini. Portate a casa questo grande desiderio di vivere». Scende la benedizione sui 50mila, seguita da un lungo applauso. Tutti ancora increduli di una giornata così intensa. Fin dalle 15 il grande piazzale del campo sportivo di Orta di Atella si riempie di tante persone. «Più gente che gruppi organizzati. È questo che cerchiamo: la gente, la gente…», commenta don Maurizio Patriciello, il parroco di San Paolo Apostolo a Caivano, voce del "popolo avvelenato". Attorno si dispiegano tanti cartelloni e striscioni. «L’indifferenza è vigliaccheria», «Tu che ci hai avvelenato, vergogna!», «La terra dei fuochi vuole risorgere, insieme si può», «Morire? Io non ci sto», «Restituiteci il nostro diritto alla vita». Già, la vita, in primo luogo. Così nel corteo ci sono anche alcuni medici e infermieri in camice bianco. Ci sono anche alcuni sindaci con la fascia tricolore. Qualcuno storce il naso. «Va bene che ci siano – dice ancora don Maurizio – ma facciano i sindaci, io faccio il prete. Io denuncio, loro trovino soluzioni». Parla don Paolo Gaudino, vicario della Forania Atellana. «Non possiamo, non dobbiamo rinunciare a vivere nella nostra terra. Ma abbiamo permesso per troppo tempo e a troppi sciacalli di avvelenarci. Ora non permetteremo più che ne approfittino». «Siamo in tanti per celebrare la vita – dice anche don Peppino Esposito, responsabile dell’ufficio diocesano per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso – ma soprattutto siamo tante voci diverse e la diversità è una ricchezza che sa diventare una sola voce per gridare contro chi offende questa terra». Tante voci, un unica voce, che lungo il cammino si ingrossa. Fino all’impensabile cifra di 50mila. Dai balconi applausi e striscioni. Fino alle ultime parole del vescovo. Un bimbo malato sul passeggino stringe anche lui il suo cartello: «Io voglio vivere». Lui e questa terra ne hanno davvero diritto.​​
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