sabato 9 ottobre 2021
Domenica 10 ottobre associazioni, movimenti e volontariato riprendono il cammino seguendo per 24 chilometri le orme del filosofo Aldo Capitini. Quest'anno in nome della "cura"
60 anni dopo, ancora in Marcia per la pace e la fratellanza

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Cura è il nuovo nome della pace. Nell’era della pandemia da Covid, è questo lo slogan scelto dal mondo di associazioni, movimenti e volontariato che riprende il cammino – finalmente in presenza – per rinnovare l’impegno a “prendersi cura” di disuguaglianze, povertà, clima, guerre dimenticate. Lo fa domenica 10 ottobre, da Perugia ad Assisi, seguendo per 24 chilometri le orme di Aldo Capitini. Era il 1961, giusto 60 anni, quando il filosofo organizzò la prima Marcia per la pace e la fratellanza, insieme a tante donne e uomini di buona volontà. Proprio come oggi.

Partenza dai Giardini del Frontone alle 9 per questa 24 esima edizione. Arrivo sei ore dopo, alle 15, su alla Rocca della città di San Francesco. Prima dell’ultima salita, tappa al Sacro Convento di Assisi, dove i francescani saluteranno il fiume arcobaleno con i messaggi inviati da papa Francesco e dai presidenti della Repubblica Sergio Mattarella e del Parlamento europeo David Sassoli.
Marcia in presenza, dunque, dopo quella simbolica della catena umana del 2020. Ha ancora senso la Marcia per la pace? Alla vigilia, all’incontro a Palazzo dei Priori a Perugia, il coordinatore Flavio Lotti è convinto che ce ne sia «un estremo bisogno. Il mondo – dice – non fa abbastanza contro il cambiamento climatico, contro la pandemia, se solo il 3% degli africani sono vaccinati: le varianti nascono lì dove non abbiamo voluto portare i vaccini. Contro il nostro interesse».

E poi i drammi «delle dodici guerre silenziate, più che dimenticate – sostiene Flavio Lotti – se non fosse per alcuni giornalisti coraggiosi, come i Nobel per la pace. La cura, l’I care, dunque, è il contrario dell’indifferenza. No alla competizione selvaggia, all’individualismo cieco. È il messaggio che papa Francesco ha dato per la Giornata mondiale per la pace del 1° gennaio».

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Don Luigi Ciotti lo ribadisce con forza: «Il senso della Marcia è costruire insieme la pace. Ma io auguro a tutti un conflitto, interiore, contro ogni pigrizia, delega, indifferenza, rassegnazione. Troppi vogliono vivere in pace, noi dobbiamo vivere per la pace. Auguro un conflitto contro la corruzione, le mafie, le ingiustizie». Don Ciotti denuncia «i 12 paesi dell’Ue che chiedono di alzare muri. La sicurezza non viene dai muri, ma dai diritti per tutti. Una vergogna nella culla della civiltà. La stessa Ue che ha già dato miliardi all’Egitto che non ci ridà Zaki e non parla su Regeni. E a un altro dittatore in Turchia, per trattenere i migranti».

Don Ciotti punta il dito contro «la grande emorragia di umanità nel nostro Paese, l’inerzia omicida di chi non ferma le stragi in mare, nuovo olocausto. Muri per fermare chi è costretto a fuggire, abbattuti invece per le merci e le armi». Il fondatore di Libera ricorda che «la libertà è un diritto che Dio ci ha donato. È la massima espressione della dignità che dobbiamo impegnare per dare libertà a chi non ce l’ha. Siamo piccoli e fragili, ma uniti possiamo fare grandi passi».

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La viceministra degli Esteri Marina Sereni ricorda di essere stata tante volte tra i marciatori «anche se ora sono, pro-tempore, membro del governo». Sottolinea la speranza data dai 400 giovani alla Conferenza di Milano sul clima in vista della Cop26 a Glasgow. E indica quali sono «le radici delle guerre che dobbiamo tagliare. Più che la cattiverie umane, sono radici fatte dalla povertà, dall’ignoranza, dal riscaldamento globale, dalle disuguaglianze sociali». Tanta strada da fare, molto più di questi 24 chilometri. Ma comunque una prima tappa indispensabile.

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