mercoledì 1 luglio 2020
Il segretario nazionale della Lega invia ad Avvenire un lettera al presidente della Repubblica: la scuola è incubatrice di identità. solidarietà e vera integrazione. La politica non sia indifferente
Mattarella e Salvini

Mattarella e Salvini - Ufficio stampa del Quirinale / Ansa

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Signor Presidente della Repubblica,
mi rivolgo a lei grazie ad “Avvenire” per un appello che ritengo urgente. La scuola in Italia corre un grave pericolo. In primis la scuola statale che ancora attende proposte concrete e certe sul suo futuro, sia dal punto di vista delle regole, sia per quanto riguarda la vera e propria emergenza legata alle strutture, spesso obsolete e inadeguate. Non possiamo permetterci di arrivare alle scadenze di settembre con le poche (e a tratti confuse) idee che finora hanno caratterizzato il dibattito nella maggioranza di Governo, mentre i nostri vicini di casa francesi stanno chiudendo l’anno scolastico proprio in questi giorni. Parigi ha imposto l’obbligo di frequenza, a eccezione dei licei, con un protocollo sanitario alleggerito.

Anche per questo, presidente Mattarella, mi permetto di rivolgermi a lei, già ministro della Pubblica Istruzione e che ora rappresenta la più alta espressione delle nostre istituzioni. Le chiedo di valutare se esistano margini per accelerare una scelta politica in tempi brevi da parte della maggioranza. Non entro nel merito delle misure da adottare, perché è giusto che l’iniziativa competa al Governo, più semplicemente sottolineo l’urgenza delle sofferenze che quotidianamente mi vengono testimoniate dai cittadini che incontro. Madri, padri, insegnanti, studenti, personale ausiliario sono sempre più preoccupati per il vuoto insostituibile lasciato nei processi di coesione e di crescita di un Paese. Qualcosa di più di un luogo di trasmissione della conoscenza, la scuola è soprattutto incubatrice di identità culturale e nazionale, senso di appartenenza, solidarietà, vera integrazione di tutti oltre ogni steccato sociale e culturale. Permette una maturazione sia umana che professionale degli studenti finalizzata alla loro emancipazione come cittadini consapevoli di se stessi e del mondo.

L’ultima rilevazione Eurostat del 2017 ha reso pubblico il dato drammatico di un’Italia retrocessa a penultima in Europa, davanti soltanto alla Romania nella lista dei Paesi con maggior numero di laureati. Ma la stessa crisi percorre i risultati della scuola primaria e secondaria.

Non possiamo infatti dimenticare che l’Italia spende complessivamente meno del 4% del Pil per scuole e università. Tutto questo nonostante i dati rivelino con chiarezza come l’investimento in conoscenza e formazione dei nostri ragazzi abbia una diretta ricaduta sullo sviluppo economico e industriale del Paese.

Al di là dei numeri e delle cifre sulla scarsità degli investimenti, occorre denunciare con forza quanto la nostra scuola sia minacciata dall’indifferenza della politica per il suo ruolo e i suoi processi interni. Non possiamo continuare a delegare alla buona volontà e alla competenza dei nostri presidi e dei nostri docenti (a cui recentemente ha rivolto un pensiero affettuoso anche papa Francesco) lo sviluppo e il miglioramento di una scuola sempre più affaticata e che riemerge confusa e smarrita dopo l’emergenza del coronavirus.
È proprio nei tempi di crisi che si rivela il ruolo irrinunciabile della scuola, vero pilastro della identità e dello sviluppo dell’Italia.
Questo ruolo formativo ed educativo, di garanzia del diritto allo studio, viene svolto anche grazie al concorso della scuola paritaria. Non va vista soltanto nell’ottica del contributo che dà al nostro sistema nazionale d’istruzione, ma anche come espressione della vitalità e della pluralità culturale del nostro Paese e della libertà delle famiglie di potere indirizzare l’educazione dei propri figli secondo i principi culturali e religiosi che le ispirano e che sono il retaggio ineludibile di tutta la nostra storia.

Questa libertà è sancita solennemente dalla Costituzione nell’articolo 33, che ricorda altresì come «la legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare a esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali». È davvero sconcertante vedere come oggi la crisi conseguente a una gestione dissennata dell’emergenza coronavirus abbia colpito proprio uno dei punti di forza del nostro sistema.

Dalla scuola cattolica è venuto l’impulso all’emancipazione e allo sviluppo in epoca di gravissima crisi sociale ed economica del nostro Paese. Come non pensare al ruolo svolto da san Giovanni Bosco nell’Ottocento, secolo travagliato di rivoluzioni industriali e di lotta per i diritti sociali, contro lo sfruttamento e l’assenza di sicurezza sul lavoro. Quel sacerdote formatosi in una Torino piena di contraddizioni ebbe l’idea profetica di far passare per la formazione e la professionalizzazione dei ragazzi la via che li portasse ad una piena maturazione, non solo come buoni cristiani.

Aggiungo, signor Presidente, che gli spazi in disuso offerti dalle scuole paritarie offrono un’opzione concreta e subito disponibile per accogliere almeno in parte un milione di alunni: parlo delle ragazze e dei ragazzi che non potranno rimanere nei loro istituti per via delle aule troppo piccole e dei parametri sul distanziamento fisico imposti dal Comitato tecnico-scientifico.

Come leader dell’opposizione ho il dovere di essere costruttivo. E quindi colgo l’occasione anche per segnalare che, proprio grazie alle proposte della Lega, il finanziamento per le scuole paritarie (inizialmente di 150 milioni) è arrivato a 300 milioni. Una buona notizia: è un investimento sul futuro dei nostri figli, che va accompagnato da altri impegni di spesa e soprattutto da altre buone idee e soluzioni per i troppi precari.

Confido, Presidente, che la maggioranza e il Governo rivedano posizioni e atteggiamento fin qui tenuti.

Matteo Salvini, Segretario nazionale della Lega

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