giovedì 4 gennaio 2018
Era il 2010 quando la studentessa siciliana rimase colpita da un pallottola vagante, da allora vive su una sedia a rotelle tra dolore e disperazione. La sua rinascita raccontata in un libro
L'incontro di Laura con papa Francesco il 10 settembre 2016

L'incontro di Laura con papa Francesco il 10 settembre 2016

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I sogni spezzati dal piombo. Ma Laura si è ripresa la vita

"Adesso mi ritrovo su una sedia a rotelle e la mia vita non è più la stessa. A chi mi chiede se valga la pena vivere in queste condizioni rispondo: ognuno di noi ha un percorso da seguire e credo che nulla accada per caso. Io per quanto posso, guardo in faccia la sofferenza e nonostante essa sembri essersi cucita addosso a me, ogni mattina quando mi sveglio mi ritrovo una letizia nel cuore". La vita di Laura Salafia non è più la stessa dal primo luglio del 2010, quando una pallottola vagante, mentre usciva dall’università dopo un trenta e lode nell’esame di lingua spagnola, le si è conficcata nel collo lesionandole il midollo. Quella mattina Catania era meravigliosa: "il cielo era azzurro e limpido", il sole baciava il giardino dei novizi del Monastero dei Benedettini, il cuore antico dell’ateneo, nell’aria c’era il "profumo dell’estate", infuocata come la lava dell’Etna. Laura avrebbe dovuto godersi la città. Leggera. Ma il destino quel giorno le si è messo di traverso, come in un film. Quella luce abbagliante è diventata di colpo buio. Tutti i sogni, zavorre. Al suo risveglio, Laura – studentessa lavoratrice di 34 anni, originaria di Sortino (Sr) – si troverà improvvisamente davanti a un bivio enorme e ingiusto: lasciarsi abbattere dalla disperazione oppure reagire, guardare il mondo con occhi diversi e giocarsela lo stesso fino in fondo la vita. Lei ha scelto la strada più difficile.

La nuova vita di Laura si può leggere in un “diario pubblico” affidato alle colonne del quotidiano “La Sicilia”, che l’ha adottata, tenendo sempre alta l’attenzione sul caso e affidandole una rubrica per divulgare il suo "ardente desiderio di vivere". Testi ora raccolti in un toccante libro pubblicato da Domenico Sanfilippo Editore, “Una forza di vita” (pagine 96, euro 8,00 con il giornale; per info abbonamenti@lasicilia.it). Il volume è stato presentato ieri pomeriggio nel salone dell’Unità spinale dell’Ospedale “Cannizzaro”, un’eccellenza assoluta della sanità siciliana che per Laura è stata una casa per i lunghi mesi di riabilitazione dopo l’esperienza di Montecatone (Imola).
Ieri qui c’era aria di festa, in questo capodanno, carico di speranze e desideri. Perché la serenità di Laura è una "medicina", per tutti. Lei parla piano, a fatica, ma nei suoi occhi ci sono infinite poesie. È qui con i suoi compagni di viaggio, la sua "grande famiglia": c’è la mamma Enza che con il papà Nino sono stati "sostegno silenzioso e fiducioso" e a cui Laura vuole "cancellare la malinconia dagli occhi". C’è l’editore Domenico Ciancio, ci sono i dirigenti del polo sanitario, i medici, gli infermieri, i volontari che hanno seguito Laura, i degenti come lo è stata lei. Amici. Tanti. Ci sono tutte le persone che hanno saputo, giorno dopo giorno, trasformare questa brutta pagina in una favola. Non è presente, ma è unita in preghiera, suor Maria Cecilia La Mela, claustrale benedettina, che ha instaurato un profondo legame con Laura, definita nella postfazione "fata di luce".

Non è tutto luce, ovviamente. La favola ha momenti scuri. "Nel buio della notte ogni dolore fisico e dell’anima sembra non poter mai guarire – scrive Laura –. Ci si sente soli, abbandonati, disperati. Anche io in questi momenti chiedo al Signore che mi porti via. Ripenso ai miei progetti e mi sembra di sprofondare in un baratro. E piango. Le ore passano. Si comincia a sentire il rumore di qualche auto; aprono le saracinesche dei bar. La vita riprende i suoi ritmi. Tutto si acquieta. Ce l’ho fatta. Al buio della notte segue la luce di un nuovo giorno, che sembra darti un’altra possibilità di risalire da quell’abisso".
Guardando e ascoltando Laura immagini i sogni che aveva da bambina, quando correva per le strade di Sortino. Quando giocava con spensieratezza sul sagrato sella Chiesa Madre o imparava a scrivere fra i banchi delle scuole elementari. Immagini le prove dell’adolescenza, la voglia di crescere e di realizzarsi. Fino all’incontro fatale con una pallottola che la costringe su una sedia a rotelle. "La storia di Laura, come quella di tanti altri malati nelle sue condizioni, ci indica che le persone hanno bisogno anzitutto di un aiuto per vivere. Un aiuto non solo materiale, ma del significato per cui vale la pena combattere la battaglia per la vita", scrive nella prefazione Giuseppe Di Fazio, giornalista e presidente del comitato scientifico della Fondazione Domenico Sanfilippo, uno di famiglia ormai per Laura. In tempi di crisi, "la storia di Laura diventa una testimonianza per ricostruire nella società la passione per la vita". Perché la vita, quando "cadi ti aspetta", per usare un verso di Fiorella Mannoia. Laura ha scelto di "tenersela stretta". "Ho sempre fame di vivere e questa fame non è mai venuta meno – scrive Laura -. Sono convinta che il Signore mi abbia fatto un grande regalo: la capacità di non arrendermi mai. Me lo ha ricordato papa Francesco, quando abbracciandomi, mi ha detto: 'Non mollare, porta con fede la tua croce'".
Anche ieri Catania era meravigliosa. Con un sole caldo e accecante. Quello che il primo luglio del 2010 baciava Laura e i suoi sogni. Che continuano. Nonostante tutto. (Giuseppe Matarazzo)


L'ergastolano che prega: ho ritrovato la fede grazie a Laura

È una storia di sangue, di fede e di amicizia. Di sconfitte apparenti e riscatti a lungo desiderati e alfine ottenuti. Di incontri imprevisti e imprevedibili che intrecciano storie lontane. Un misterioso destino ha trasformato Laura Salafia, una giovane duramente provata dalla vita, in testimone di un’inesausta voglia di ripartire anche quando si è dolorosamente caduti.
Era un bel giorno, quel primo luglio 2010. Laura, studentessa lavoratrice, aveva superato brillantemente l’esame di spagnolo e in compagnia di alcune amiche era appena uscita dal monastero dei Benedettini di Catania, sede dei corsi di laurea umanistici. Si scatena improvvisa una sparatoria tra balordi, un proiettile vagante la colpisce provocando una grave lesione al midollo. Segue un lungo calvario fatto di delicati interventi chirurgici, dolorose terapie, un lentissimo recupero che tuttavia la costringe per il resto dei suoi giorni su una carrozzella. Ma non le toglie il desiderio di vivere, sperare, lottare. E la pone al centro di una trama di rapporti segnati da una irriducibile positività.
Accade così che un ergastolano pluriomicida rinchiuso in carcere a Milano, dopo avere letto sul giornale il tragico episodio di cui Laura è rimasta vittima, comincia un rapporto epistolare con lei. In una lettera le scrive: «Ho chiesto al Signore di darmi un segnale di perdono e saprò che mi ha perdonato nel momento in cui tu guarirai». Laura risponde: «Non c’è solo la guarigione fisica, ma anche la guarigione dell’anima e io l’ho raggiunta. Quindi puoi sentirti perdonato, perché io sono guarita». Il carcerato scrive alle suore di clausura del monastero di San Benedetto a Catania chiedendo di pregare per la sua guarigione. E Cecilia, monaca di quel convento, dopo aver ottenuto un permesso dalla superiora, va a trovare Laura in ospedale e da quell’incontro nasce un’amicizia che arricchisce l’umanità di entrambe. La stanza dell’Unità spinale del Cannizzaro di Catania, dove la donna viene curata un anno prima di andare ad abitare in un appartamento attrezzato nelin centro città, diventa crocevia di incontri con persone sconosciute ma desiderose di conoscerla, di rompere la sua solitudine, di offrirle amicizia. Sono il segno con cui il Mistero abbraccia il suo dolore e le fa intravedere le ragioni per continuare ad alimentare la speranza, anche dentro la situazione di totale dipendenza e di precarietà in cui è costretta a vivere. «Per quanto posso, guardo in faccia la sofferenza - scrive - e nonostante essa sembri essersi cucita addosso a me, ogni mattina quando mi sveglio mi ritrovo una letizia nel cuore. Sono circondata da persone che mi vogliono bene, non mi sento tradita dalla vita. Sono convinta che il Signore mi abbia fatto un grande regalo: la capacità di non arrendermi mai davanti alle difficoltà».
Dell’intensa trama di rapporti che si è venuta creando attorno alla sua persona fa parte anche un gruppo di bambini di un quartiere popolare di Catania, seguiti dai volontari dell’associazione Cappuccini, e in forza di questa amicizia è maturata l’idea di un viaggio a Roma, dove il 10 settembre 2016 ha realizzato il sogno di incontrare Papa Francesco, che le ha detto: «Non mollare, sii forte, e porta con fede la tua croce».
Laura non ha mollato, la fede ritrovata in circostanze così dolorose e la compagnia di tanti, inattesi amici che si sono stretti attorno a lei, l’hanno resa - forse al di là delle sue stesse aspettative - testimone di una passione per l’esistenza che ha lasciato un segno indelebile in coloro che in questi anni l’hanno conosciuta. E così, misteriosamente, dal male sono nati tanti frutti di bene. (Giorgio Paolucci)

Che cosa è accaduto a Laura Salafia?

Il primo luglio del 2010 in piazza Dante a Catania, Laura Salafia, 34 anni, studentessa-lavoratrice, dopo aver sostenuto un esame di spagnolo nella Facoltà di Lettere, viene colpita da una pallottola vagante, in una sparatoria per un regolamento di conti. Originaria di Sortino, nel Siracusano, si accascia al suolo con una lesione al midollo. A sparare è Andrea Rizzotti, un ex impiegato comunale, “armato” di vecchi rancori e gelosie nei confronti di Maurizio Gravino, di 40 anni, vero obiettivo, che resterà ferito. Il 27 ottobre 2011 Rizzotti è condannato a 18 anni di reclusione, pena che in appello sarà ridotta a sedici anni e mezzo. Il 15 luglio 2011, Laura, inizialmente curata al Garibaldi di Catania, verrà trasferita al centro di rianimazione di Montecatone (Imola), dove resterà per 17 mesi, con papà Nino e la mamma Enza sempre accanto. Il 5 dicembre 2011 con un volo speciale, il rientro a Catania e il ricovero all’Unità Spinale dell’Azienda ospedaliera “Cannizzaro” di Catania, da poco inaugurata e autentico fiore all’occhiello della sanità non solo siciliana. Il 23 dicembre 2011 inizia una collaborazione con il quotidiano “La Sicilia” dove racconta la sua lenta “rinascita”. Il 17 luglio 2013 Laura lascia l’ospedale per stabilirsi in una casa attrezzata nel centro di Catania. Da qui ricomincia una nuova vita, da tetraplegica. Laura torna a studiare, sostiene altri esami, si concede passeggiate in carrozzella, va al cinema e a teatro. Il 10 settembre 2016, l’incontro e l’abbraccio in piazza San Pietro con papa Francesco. (G.Mat.)

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