domenica 15 novembre 2020
Pronta la bozza per le cure a casa che sarà condivisa con i camici bianchi. Anelli (Fnomceo): cruciale il confronto con indicazioni più precise. Undici morti da settembre
L'allarme sui medici di base: «Servono protocolli di sicurezza»

Ansa

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Troppi medici morti, serve più sicurezza: è l’appello dell’Ordine. Sono in tutto 190 i camici bianchi che hanno perso la vita dall’inizio dell’epidemia, gli ultimi due in ordine cronologico due giorni fa. Si tratta perlopiù di medici di medicina generale: la prima linea sul territorio ancora troppo poco 'protetta'.

«È urgente mettere a punto dei protocolli ad hoc per garantire la sicurezza dei medici di medicina generale e metterli nelle condizioni di poter svolgere il proprio compito, anche a domicilio dei pazienti, in modo sicuro» chiede il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli. «Da fine settembre – spiega – sono morti per Covid 11 medici, di cui 7 sono medici di famiglia o pediatri. Questo è un segnale che qualcosa nel sistema organizzativo non sta funzionando ».

«Chiediamo – aggiunge Anelli - che il ministero della Salute e il Consiglio superiore di sanità diano delle indicazioni operative e predispongano dei protocolli organizzativi per garantire la sicurezza dei medici di base che, va ricordato, devono gestire non solo pazienti Covid ma anche tantissimi malati cronici e pazienti anziani per i quali sono necessarie visite a domicilio programmate». Fondamentale, chiarisce, «sarebbe innanzitutto potenziare le Unità assistenziali Usca, nate proprio per effettuare in sicurezza le visite a casa dei pazienti Covid e di cui fanno parte anche i medici di base».

Fnomceo spiega che non si tratta solo di «disporre dei dispositivi di protezione personale, ma anche – conclude Anelli – di pensare a dei percorsi sicuri in cui non si creino commistioni tra situazioni 'pulite' di pazienti no-Covid e situazioni 'sporche' di pazienti con Sars-Cov2». E proprio da Milano, la città più colpita dalla pandemia in questo momento, arriva l’allarme politico dell’opposizione: mancano medici di base e Usca. «In città mancano 56 medici di medicina generale, in provincia 160 e il reclutamento attivato dalla Regione a marzo e riproposto a luglio e a ottobre è fallito – hanno spiegato i rappresentanti del Pd in una conferenza stampa –. Alla carenza di medici si aggiunge quella delle Usca, le unità speciali di continuità territoriale introdotte per la cura a domicilio del Covid-19, che a metà ottobre, a fronte delle 65 necessarie, risultavano attive solo per 16 unità e sette di queste erano inattive dall’estate».

Nelle Marche, invece, sono già operative 33 Usca, in servizio anche presso le Rsa. Intanto è pronta la bozza per le cure a casa. Si tratta della cosiddetta 'Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SarsCov2', alla cui stesura ha contribuito il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli che ha annunciato di volerla prima condividere con i medici di medicina generale. «È importante che sia stato messo a punto l’atteso documento di linee guida ufficiale per la gestione dei pazienti Covid a domicilio, ma ora è cruciale che ci sia un ampio confronto con le organizzazioni mediche ed i medici di medicina generale poiché, se l’impianto scientifico generale è condivisibile, le linee guida vanno poi dotate di indicazioni più precise e meno generiche, rendendole più rispondenti alle molteplici realtà che il medico si trova ad affrontare» sottolinea sempre il presidente della Fnomceo.

Le linee guida per la cura a casa, spiega Anelli, «devono infatti tener conto della specificità particolare dei medici di famiglia, che è quella di occuparsi del trattamento di pazienti che in moltissimi casi sono dei malati cronici, con 2 o più patologie. Solo in Italia sono circa 26 milioni». Un esempio concreto riguarda la situazione dei soggetti per cui è necessario l’utilizzo dei farmaci antinfiammatori: «Ne è previsto un ampio impiego poiché proprio i dolori muscolari sono una manifestazione spesso pesante dell’infezione da Covid; tuttavia – afferma Anelli – va considerato che in vari casi questi farmaci non possono essere utilizzati perché creano interferenze con altri medicinali assunti appunto dai malati cronici. Dunque, si dovrebbe ad esempio prevedere anche l’impiego di altre tipologie di farmaci contro il dolore». In altre parole, «vanno date indicazioni più precise che rispecchiano le diverse tipologie di pazienti e ciò può derivare solo da un ampio confronto con i medici».

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